Intervista al capitano Enrico Giurelli, comandante della S. Giorgio
È la nave che ha riportato in Italia i connazionali dal porto di Misurata
Abbiamo telefonato al capitano
Enrico Giurelli, comandante della nave della Marina Militare San
Giorgio che ha recuperato i connazionali italiani ed europei in
attesa di essere rimpatriati dalla città di Misurata.
E stato molto cortese e la sua telefonata merita che sia
riportata.
Comandante, è vero che il mare era forza sette, battuto dal
maestrale?
«Affermativo. Il vento da nordovest flagellava
la costa con raffiche che superavano i 100 km/ora.»
La sua nave è dotata di mezzi da sbarco e di elicotteri. Perché
ha preferito usare i mezzi da sbarco?
«Perché con gli
elicotteri avremmo impiegato un'intera giornata. Già con i mezzi da
sbarco è stata lunga, dalle 15 alle 20.»
Ma con un mare così, come avete fatto?
«Siamo entrati
in porto. Era impossibile entrare in quello civile, ma in quello
commerciale sì. Abbiamo attraccato lì e abbiamo iniziato a fare la
spola con la stazione marittima.»
Come mai 5 ore, se i mezzi da sbarco possono contenere fino a
100 persone?
«Le cose sono andate per le lunghe, perché non
era una situazione normale. Alcuni erano sul motlo, ma altri li
abbiamo aspettati, alcuni li siamo andati a cercare…»
Come ha allertato le difese?
«A monte c'era un ottimo
lavoro dei vertici del governo e dei ministeri Esteri e Difesa.
Siamo entrati in porto dopo che erano stati concordati i
particolari con le forze di occupazione. Noi abbiamo sempre tenuto
in massima allerta tutti i dispositivi, elicotteri compresi, ma non
è stato necessario.»
Ho conosciuto la forte emozione che si prova quando si è
«salvati» dai propri militari. Come si sono comportati i
profughi?
«Erano molto provati. E con il mare che li
aspettava, abbiamo cercato di metterli a loro agio.»
Diciassette ore di attraversata?
«Esatto, meno di 15
nodi. Col mare che c'era sarebbe stato troppo pesante per gente
stanca e aveva bisogno di rifocillarsi.»
Un'ultima domanda. Tre i suoi passeggeri c'era un trentino che
si chiama Gianpietro Bertoldi?
Il comandante dà un'occhiata all'elenco.
«No, non è stato tra i nostri ospiti.»
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Oggi abbiamo ricevuto notizia che anche il cacciatorpediniere della
Marina Militare Francesco Mimbelli, «dopo aver ultimato le
operazioni di imbarco di 298 persone - per la maggior parte
lavoratori stranieri impiegati da una società italiana - ha
lasciato il porto di Al Burayqah (Libia) per dirigersi verso
Catania, dove ne è previsto l'arrivo nella mattinata di
domani».
L'operazione di sgombero del personale civile è stata resa
possibile grazie al determinante supporto della Autorità Militare
locale, che ha creato una cornice di controllo all'interno del
porto e permesso le relative azioni di imbarco del personale civile
in piena sicurezza.
«Navi e aerei italiani - precisa il comunicato - sono impiegati per
assicurare la prontezza operativa della Difesa alla luce della
crisi in atto nel Paese nordafricano.»
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