La famiglia non è in crisi, grazie ai suoi forti legami di sangue
A Palazzo Trentini l'incontro coi demografi Maria Castiglioni e Gianpiero Dalla Zuanna
Se, come affermano i due demografi Maria Castiglioni e Gianpiero Dalla Zuanna, autori del libro «La famiglia è in crisi. Falso!» (Laterza, 2017), in Italia la famiglia gode di ottima salute è perché è sempre stata unita, nel senso che forti sono i legami di sangue tra nonni-genitori-figli, legami che sono stati spesso visti come un segno di arretratezza ma che in realtà funzionano come «ammortizzatori sociali» frenando i processi di frammentazione e generando, con l'eccezionale ricchezza degli scambi interni alle famiglie italiane, la qualità della vita del nostro paese, contribuendo al benessere economico nonché alla coesione sociale.
La tesi dei due autori, intervenuti all'ultima giornata del Festival della Famiglia con un dibattito attorno alle dinamiche della natalità-denatalità nel nostro Paese ospitato nella Sala dell'Aurora a Palazzo Trentini, è supportata dagli studi e dalle ricerche che dimostrano come, ad esempio a Padova ma con esiti non molti diversi nel resto del Paese, il 70 per cento dei genitori con figli 0-12 anni risiedano in un raggio di appena un chilometro dai nonni. Gli stessi figli, quando si sposano, vanno ad abitare per oltre il 55 per cento vicino ai propri genitori, una tendenza questa che si è mantenuta piuttosto stabile nell'ultimo secolo.
Anche la legislazione italiana riflette in qualche modo questa situazione, prevedendo ad esempio il dovere di mantenimento anche a carico dei nonni (solo in Italia e Germania è previsto), con imposte di successione molto più basse rispetto a Germania, Francia e Regno Unito.
I legami di sangue modellano anche l'assistenza agli anziani, laddove l'Italia è il Paese europeo con il minor numero di anziani collocati in casa di riposo.
Ma legami familiari forti non significa automaticamente maggiore natalità; in questo il nostro Paese si trova in buona compagnia assieme a Spagna, Portogallo, Grecia, Corea del Sud, Giappone e le grandi città della Cina, dove i figli «sono considerati come proprietà dei genitori, anziché un bene collettivo».
Così, ad esempio, Castiglioni e Dalla Zuanna - che hanno discusso delle proprie ricerche con Alberto Zanutto dell'Università di Trento e la giornalista Linda Pisani - spiegano l'alto livello della spesa per il welfare in Francia con il fatto che nel Paese transalpino il figlio è visto proprio come una proprietà collettiva, un «bene comune».
I due ricercatori hanno elogiato la propensione della Provincia autonoma di Trento a promuovere politiche familiari attive anche per stimolare la natalità.
«È uno dei pochi territori a farlo – hanno detto – e tali politiche devono essere continuative, malgrado i cambi politici.»
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