Grande apertura domani del 60° TrentoFilmFestival
Alle 21, spettacolo teatrale «Lingua Imperii» della Compagnia Anagoor di Castelfranco Veneto, al Teatro Santa Chiara di Trento
Tra gli eventi di spicco del 60° Trento FilmFestival che si apre domani, 26 aprile, segnaliamo (in anteprima nazionale) lo spettacolo teatrale L.I. Lingua Imperii (sul tema delle «cacce all’uomo»), della Compagnia Anagoor di Castelfranco Veneto, presso il Teatro Santa Chiara di Trento alle ore 21.
Sullo sfondo il Caucaso, montagna delle molte lingue e terra di confine. Anagoor, membro del Progetto Fies Factory di Centrale Fies e diretta da Simone Derai, mette in scena una performance che affronta storie di cacce innominabili.
Non metafore, ma fenomeni storici veri, antiche e odiose abitudini secondo le quali, nelle forme della caccia, alcuni uomini si sono fatti predatori di altri uomini e, ancora nel XX secolo, hanno intriso il suolo d’Europa del sangue di milioni di persone.
Già nota ai cultori trentini di teatro contemporaneo per la partecipazione al Drodesera nel 2010 e nel 2011, Anagoor (nome della città fittizia del celebre racconto breve di Dino Buzzati «Le Mura della Città di Anagoor») nasce a Castelfranco Veneto nel 2000 raccogliendo, attorno alle figure di Simone Derai e Paola Dallan, la precedente esperienza di un gruppo di artisti del teatro.
Al primo nucleo si aggiungono Anna Bragagnolo, Marco Menegoni, Moreno Callegari, Eloisa Bressan e Pierantonio Bragagnolo, contribuendo alla definizione del gruppo e alla sua direzione.
La formazione dei componenti include lo studio della filologia classica, della storia dell’arte, dell’architettura, delle arti visive, della danza, della musica e un lungo apprendistato teatrale.
Oggi Anagoor è, contemporaneamente, una delle più impegnate nuove compagnie teatrali del Veneto e una riconosciuta forza promotrice della diffusione dei linguaggi performativi contemporanei.
Ricordiamo alcuni riconoscimenti ottenuti dalla compagnia
- Nel 2011 Tempesta debutta a Londra all’ICA – Institute of Contemporary Arts, all’interno dell’International Mime Festival e crea Ballo Venezia, evento straordinario appositamente creato per il Museo Fortuny, Venezia.
- Nel 2010 è tra i finalisti del Premio OFF del Teatro Stabile del Veneto.
- Nel 2009 riceve per Tempesta una Segnalazione Speciale al Premio ScenarioDal 2009 Anagoor fa parte del progetto Fies Factory.
- Nel 2008 è finalista con jeug- al Premio Extra.
- Nel 2007 Il Corriere della Sera, insieme a Regione Veneto e Fuori Biennale, nella pubblicazione Please Disturb annovera Anagoor tra le principali quattro compagnie venete di teatro contemporaneo.
OperaEstate Festival e Regione Veneto nel 2007 hanno inserito Anagoor - insieme a Pathosformel, Babilonia teatri - in Piattaforma Teatro Veneto: vetrina delle principali nuove realtà teatrali della regione.
LA POETICA
Nella propria definizione di Poetica, Anagoor sostiene di indagare in una direzione che, a partire da archetipi da cui è impossibile sottrarsi, le consenta l’invenzione di nuove drammaturgie iconografiche, in uno sforzo mitopoietico originale che è il distillato di tutto ciò che conserviamo nel nostro DNA culturale.
Quello di Anagoor è dunque un teatro in perenne tensione tra la balbuzie della barbarie e lo splendore cristallino del neoclassico.
LA CONIGLIERA
Nei primi mesi del 2008, in un’ottica di decentramento dei poli culturali attivi, Anagoor ha inaugurato, a Castelminio di Resana (TV), LA CONIGLIERA.
Situato in aperta campagna, questo spazio teatrale, nasce dal recupero di un precedente allevamento cunicolo ed è ora una culla per le arti performative contemporanee.
La Conigliera è uno spazio che offre appoggio e residenza anche ad altri artisti e gruppi: Santasangre (2008), Silvia Costa/Plumes dans la tête (2008), Snejanka Mihaylova (2009), Dewey Dell (2010), Mauro Martinuz (2008-2010), Gene Barocco (2009-2010).
IL FESTIVAL DI TEATRO CONTEMPORANEO
Dal 2003 Anagoor organizza a Castelfranco Veneto ogni estate un appuntamento dedicato alla scena contemporanea creando occasione d’incontro tra artisti nazionali ed internazionali.
Ospiti in passato: Claudia Castellucci, Sonia Brunelli, Babilonia Teatri, Pathosformel, Santasangre, Fanny & Alexander, Dewey Dell, Cristiano Carloni e Stefano Franceschetti, Muta Imago, Teatro Sotterraneo, Giuliana Musso, Teatrino Clandestino, Rodisio, Zapruder Filmakersgroup, Silvia Costa/Plumes dans la tête, Fagarazzi&Zuffellato, Giorgio Rossi, Demetrio Castellucci, Stoa, Ca’ Luogo D’arte e molti altri.
I PROGETTI REALIZZATI
Tra i progetti teatrali realizzati da Anagoor ricordiamo FORTUNY, ruotante attorno alla figura del pittore, fotografo, scenografo e costumista spagnolo che elesse Venezia (palazzo di San Gregorio) come sua casa-laboratorio (oggi Museo), vestendo la grande ballerina Isadora Duncan ma anche l’Albertine della Recherche proustiana: il progetto consta di una performance teatrale principale e di episodi site-specific concepiti per luoghi straordinari come spazi architettonici storici e museali: due di questi episodi, Avere trent’anni e Caracatastrofe, hanno avuto il proprio debutto al Festival Drodesera rispettivamente nel luglio del 2010 e del 2011; LA TEMPESTA, segnalato al Premio scenario 2009, o RIVELAZIONE (sette meditazioni intorno a Giorgione) con la compartecipazione alla drammaturgia di Laura Curino e Magnificat (sulla poesia di Alda Merini) prodotti da Anagoor per Operaestate Festival Veneto 2009.
Ma ora veniamo all’azione scenica che Anagoor presenterà domani al Film Festival, affidandoci alla riflessione degli stessi drammaturghi:
Ciò che ci sta a cuore è di operare, con una sorta di in-canto, l’attivazione dei processi del ricordo attorno ad antiche odiose abitudini secondo le quali, nelle forme della caccia, alcuni uomini si sono fatti predatori di altri uomini e, ancora nel XX secolo, hanno intriso il suolo d’Europa del sangue di milioni di persone: tanto il suo cuore civile, quanto le sue vaste e bellissime foreste, fino ai suoi estremi confini montuosi.
Sulla scena è sguinzagliato un coro di Erinni della memoria o più semplicemente lamentatori che non vogliono più essere stati cacciatori e che di fronte al riemerso ricordo delle vittime, lamentano il peso della colpa della caccia cruenta.
Il Caucaso, limite estremo dell’Europa, confine geografico naturale, montagna delle lingue e intreccio fittissimo di popoli, labirinto che traccia e insieme confonde i confini, i limiti e le distinzioni, si ergerà come epicentro della memoria e luogo mitico di questo giudizio, così come nella poesia di Eschilo.
La forma teatrale scelta per questa creazione è quella del coro tragico dove il canto e la musica, il gesto e la visione totemica si intrecciano.
Una piccola comunità di donne e uomini di diverse età tende la voce-dardo al confine tra il sussulto al cuore, il lamento e il sogno.
Fa parte del coro una cantante di origine armena depositaria di un patrimonio musicale tradizionale antichissimo e vastissimo, e della memoria viva di un popolo offeso da un genocidio non dimenticato ma spesso ancora colpevolmente ignorato.
Mentre su un grande schermo emerge il volto molteplice della vittima, su due schermi a cristalli liquidi laterali si consuma l’agone tra due ufficiali nazionalsocialisti campioni di pensieri divergenti.
L.I., Lingua Imperii, è la lingua dell’impero inteso come dominio coercitivo.
È la lingua povera, bruta ed ingannevole delle propagande fasciste.
Sono gli alfabeti e le lingue insegnate a forza.
Ma è anche il bavaglio o l’assenza di voce imposti come un dono violento dai dominatori. Infine è il linguaggio stesso della violenza.
La caccia interrotta sullo sfondo del Caucaso, montagna delle lingue
Tre dialoghi tra l’SS Hauptsturmführer Aue e il Leutnant Voss, ambientati tra la primavera del 1942 e l’autunno dello stesso anno nel corso delle operazioni di penetrazione dell’area caucasica da parte delle armate tedesche sul settore meridionale del fronte orientale, forniscono la spina dorsale attorno al quale ruota l’intero progetto teatrale.
Rifugio sicuro sin dal periodo della glaciazione dell’Eurasia, la regione del Caucaso è stata anche varco per viaggi, commerci e conquiste.
Eppure, sebbene i poteri locali e quelli degli imperi che vi si affacciavano se ne siano per secoli contesi l’influenza, il Caucaso è rimasta una sacca protetta per popoli la cui identità è legata alle circa cinquanta lingue parlate.
La persistenza di identità etniche così resistenti è sicuramente motivata dalla specificità geografica della regione capace per la sua natura montana di isolare e proteggere i singoli gruppi e insieme da un tipo di società i cui legami e i codici culturali di lealtà verso il clan e la famiglia sono tanto forti quanto, se non più forti di, quelli verso la nazione e la regione stesse.
Tentativi operati in passato specialmente da parte dell’Unione Sovietica, di assimilare e dominare i Caucasici sono stati vani.
La stessa caccia all’ebreo da parte dei nazifascisti trova nel Caucaso (come descritto con dovizia di documenti nel disturbante romanzo di Jonathan Little Le Benevole) una sonora battuta d’arresto di fronte al labirinto di etnie, sovrapposizioni e sincretismi religiosi, consonanze linguistiche.
Nel romanzo un giovane linguista tedesco, Leutnant Voss, ufficiale dell’esercito viene interpellato da una commissione militare che deve deliberare sulla presunta discendenza ebraica di alcune popolazioni montane e quindi sulla loro eventuale distruzione.
La vertiginosa lista di lingue e dialetti parlati nell’area, restituita analiticamente e scientificamente da parte del giovane linguista (decisamente poco propenso ad allinearsi con il pensiero nazionalsocialista), e il suo meticoloso racconto di secoli di separazioni e insieme incroci storici e culturali tra popoli demoliscono, di fronte all’ufficiale SS incaricato di ottenere dal linguista la chiave scientifica per distinguere gli ebrei tra le popolazioni della montagna, i deboli castelli teorici di quella che lui chiama, con grande sdegno del commissario, una filosofia veterinaria delle razze, del volk e dell’originarietà.
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