Film Festival: Cultura della montagna, significati e interpretazioni
La valorizzazione della cultura della montagna nel tradizionale appuntamento con i gestori di rifugi e gli appassioonati di montagna
Nell'ambito di «Prima…a Roccabruna», il ciclo di appuntamenti che Palazzo Roccabruna dedica ai temi del TrentoFilmfestival, Accademia d’Impresa, Azienda Speciale della Camera di Commercio I.A.A. di Trento, ha rinnovato nella sede centrale, il tradizionale appuntamento con i gestori di rifugi e gli appassionati di montagna.
Si è ragionato sul tema della cultura della montagna, sui suoi significati e interpretazioni.
La valorizzazione della cultura della montagna è un tema che emerge spesso negli interventi dei gestori dei rifugi. È stata questa l’occasione per approfondire la prospettiva attraverso il confronto fra addetti ai lavori ed esperti del settore.
Si sono individuati alcuni elementi che permettono di riconoscerne la distintività. Solo attraverso la comprensione e il riconoscimento, infatti, è possibile identificare occasioni di valorizzazione della cultura della montagna.
Dopo i saluti di Natale Rigotti, Presidente di Accademia d’Impresa e di Mauro Leveghi, Direttore della stessa, sono intervenuti come relatori e testimoni come Giorgio Daidola, docente di Economia e gestione delle imprese turistiche e di Analisi di bilancio presso Università degli Studi di Trento, redattore storico della Rivista della Montagna, collaboratore delle riviste Bolina e Ski Alper.
Daidola ha portato una riflessione sull’importanza dell’incontro fra montanari consapevoli e turisti responsabili.
«Non è difficile prevedere che i rifugi e le altre strutture ricettive isolate giocheranno un ruolo strategico nel turismo del futuro, a condizione che questo imbocchi la strada per una effettiva sostenibilità.
«È necessario recuperare il rapporto fra l’ospite e l’ospitante, fra l’operatore della montagna e il turista cittadino. Una delle chiavi può essere lo sport outdoor, evitando gli sport di matrice meccanica e tecnologica.
«I rifugi possono giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo di questo tipo di turismo, nella misura in cui sono veri rifugi, ossia devono essere raggiunti a piedi, effettuando lo sport outdoor per eccellenza e per tutti: l’escursionismo nelle quattro stagioni.
«Sobrietà ed essenzialità sono le parole d’ordine, evitando di omologare il rifugio all’albergo.»
Aldo Audisio, architetto e Direttore del Museo Nazionale della Montagna «Duca degli Abruzzi» di Torino, ha parlato della cultura della montagna nel museo come manifestazione a più dimensioni.
«Tanto nel museo quanto nella montagna il pubblico è cambiato, ma i cambiamenti devono essere visti come qualcosa di positivo.
«Questo non significa puntare su nuovi tipi di rifugi, ampliare le strutture o proporre maggiori servizi a chi li frequenta, ma prediligere un rifugio slow, legato alla cultura e al cibo del luogo. Le montagne hanno sempre qualcosa di nuovo da proporre per chi le sa vivere.»
Sergio Rosi, guida alpina e Gestore del Rifugio Passo Principe, si è fatto testimone della cultura della montagna nel rifugio e nei rifugisti.
«Il rifugio è l’ultimo baluardo della civiltà urbana, è la porta sulla montagna. Fra gli anni ’90 e 2000 si è cominciato a vedere un cambiamento epocale nell’ospite: si è passati da un frequentatore con una mentalità alpina ed un linguaggio tecnico, ad un ospite desideroso di visitare un ambiente non urbano, ma che non conosceva il linguaggio della montagna.
«Da qui è nata una difficoltà di comunicazione a cui i gestori di rifugi hanno reagito in modo diverso: dal gestore che si è rintanato in cucina, al gestore che ha fatto una scelta di comodo rinunciando alla propria identità; solo il gestore che ha capito il cambiamento in corso è riuscito a vedere il nuovo ospite come motivo di crescita per la propria professionalità e le potenzialità enormi di un nuovo e unico prodotto coerente con l’etica e l’identità della montagna; su questo bisogna lavorare uniti offrendo al visitatore ciò che inconsciamente cerca.»
Ha moderato l’incontro Franco de Battaglia che riassumendo gli interventi dei relatori ha parlato di un turismo di montagna capace di non essere cannibale di se stesso, ma sostenibile, e del rifugio come di un luogo di incontro fra persone che offra un’occasione di educazione ai valori della tradizione.
Non a caso le famiglie scelgono sempre più il rifugio come posto per avvicinare i loro figli ad un’educazione in via di estinzione.
Hanno portato i loro saluti anche Claudio Bassetti Presidente della SAT; Luciano Ferrari Presidente della SOSAT, Angelo Iellici per l’Associazione gestori rifugi del Trentino e Roberto Stanchina Assessore con delega per le politiche economiche ed agricole, tributi e turismo che ha portato il saluto della città di Trento che con entusiasmo accoglie in occasione del Trento Film Festival la montagna e i suoi rappresentanti.
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