La storia del Festival della Montagna in 65 anni di manifesti
L’esposizione sarà ospitata a Trento, a Palazzo Roccabruna, dall’11 novembre al 6 gennaio 2018 e a Bolzano, a Palazzo Mercantile, dal 9 febbraio al 17 marzo 2018
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Venerdì 10 novembre, alle 18,30, a Palazzo Roccabruna, sarà inaugurata, in collaborazione con le Camere di Commercio di Trento e Bolzano la mostra dal titolo «I manifesti del Trento Film Festival dal 1952 al 2017».
All’evento saranno presenti, tra gli altri, i presidenti delle due Camere di Commercio, rispettivamente Giovanni Bort e l’On. Michl Ebner, i vertici del Trento Film Festival, tra cui il presidente, Roberto De Martin e la direttrice, Luana Bisesti e il curatore dell’esposizione, l’architetto Roberto Festi.
«Questa mostra – ha spiegato Roberto De Martin – racconta 65 anni di storia del festival, durante la quale grandi artisti hanno riassunto ciò che voleva esprimere ogni edizione della rassegna con grafiche e illustrazioni che costituiscono delle vere e proprie opere d’arte che, ancora oggi, continuano a rappresentare il primo atto con il quale la manifestazione si presenta al suo pubblico. In questo senso i manifesti indicano, per le edizioni di Trento e Bolzano del festival, un cammino da seguire insieme, così come si fa in montagna quando si percorrono i sentieri in compagnia di amici o dei propri pensieri, alla ricerca di quelle sensazioni che le alte quote possono regalare. E il catalogo, in tre lingue, nel quale sono stati raccolti tutti i manifesti costituisce una sorta di libro di vetta, con le firme dei grandi artisti che hanno lasciato il segno del loro passaggio e che ognuno di noi raggiunta la meta legge, aggiungendo una propria testimonianza.»
«Da decenni ormai, attraverso le pellicole del Trento Film Festival – hanno evidenziato Giovanni Bort e Michl Ebner - la montagna ci viene narrata con immagini tanto sorprendenti quanto realistiche che ci hanno regalato emozioni e hanno spesso ricondotto a un senso profondo di appartenenza e responsabilità, senza mai essere autoreferenziali, ma dando spesso voce anche al confronto con realtà internazionali, creando così un contesto completo, fortemente identitario ma anche trasversale. Abbiamo la fortuna di vivere in un angolo di Terra straordinario che custodisce paesaggi irripetibili e coltiva tradizioni affascinanti, ma per capirne l’importanza dobbiamo aprirci a una cultura che mantenga vivo in noi il legame con il nostro territorio per incrementarne lo sviluppo e crediamo che occasioni come questa che ci offre il Trento Film Festival siano preziose e illuminanti.»
La mostra, curata dall’architetto Roberto Festi, si sviluppa lungo le splendide sale di Palazzo Roccabruna, attraverso un itinerario cronologico, offrendo al visitatore la possibilità di potere ammirare i manifesti di tutte le edizioni della rassegna realizzati dai vari artisti che si sono succeduti negli anni, da Emanuele Luzzati a Ro Marcenaro, da Raymond Peynet a Flavio Faganello, da Xavier Poiret a Samivel, da Guido Scarabottolo a Sergio Toppi.
«L’esposizione, sotto certi aspetti, rappresenta anche un piccolo Bignami della nostra storia – ha evidenziato Luana Bisesti – perché ogni manifesto è una sintesi di ciò che ogni anno la rassegna voleva esprimere e raccontare, ponendosi anche come anticipatore di future tendenze, così come ha scritto Franco de Battaglia nell’introduzione del catalogo della mostra. E tutto questo il festival lo ha fatto privilegiando l’arte del disegno come forma di comunicazione, così come si faceva fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando poi la fotografia ha avuto il sopravvento nella pubblicità attraverso i manifesti. Sotto molti aspetti l’uso del disegno è diventato così un tratto distintivo del festival.»
La mostra è stata curata da Roberto Festi, architetto, autore di numerosi studi storico-artistici, molti dei quali dedicati alla grafica pubblicitaria, all’illustrazione e al fumetto, pubblicati come cataloghi di mostre.
Il curatore, profondo conoscitore dei temi legati alla cultura mitteleuropea e in particolare alle arti viennesi di inizio Novecento, si è occupato altre volte della rassegna, scrivendo per i cinquant’anni della stessa un volume proprio sui manifesti del festival.
Opere la cui esposizione permette di rivivere – così come ha spiegato nella prefazione del catalogo Franco de Battaglia – le emozioni che molti di essi provocarono al loro apparire, le visioni nuove che aprirono.
Il primo grande impatto venne dallo Studio Rumor (Ugo Busarello) nel 1958, con le montagne trasformate in lingue futuriste, di rosso e di nero, di fuochi e precipizi.
Così come si rimane letteralmente affascinati dal più recente grande «trio» che riassume quasi tutti i messaggi del Trento Film Festival: «La felicità di boschi e rocce (Bernardo Carvalho), le preghiere al vento che uniscono fedi e nazioni, rilanciando vecchi oggetti smarriti e pensieri dimenticati (Michele Tranquillini), il labirinto di oggi (Guido Scarabattolo), che la montagna può però sgarbugliare.»
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