Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 24
Responsabilità e competenze: cosa vuol dire essere Autonomi – Di Mauro Marcantoni
Un’Autonomia speciale, un unicum nel quadro legislativo dello Stato italiano.
Lo Statuto del 1972 aveva garantito alle Province di Trento e di Bolzano un massiccio trasferimento di competenze legislative dalla Regione e dallo Stato. Perciò, esse vennero denominate «autonome», al fine di distinguerle dalle altre province italiane.
Dal 1973 e fino al 1988, vennero poste le basi per l’effettiva attivazione delle competenze autonomistiche, attraverso l’approvazione delle relative norme di attuazione.
I primi decreti riguardarono il trasferimento alle Province autonome dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione, la disciplina relativa all’esercizio del diritto di voto per le elezioni regionali e comunali e l’istituzione del Tribunale regionale di Giustizia amministrativa.
A questi interventi normativi di valenza generale, ne seguirono altri più specifici.
Così, per il settore dell’ambiente e del territorio, si stabilì che fossero trasferite alle due Province autonome le funzioni statali e/o regionali in materia di agricoltura e foreste, urbanistica e opere pubbliche, produzione e distribuzione dell’energia idroelettrica, protezione civile.
Nel campo della cultura e delle risorse umane, il trasferimento riguardò, invece, le funzioni concernenti la tutela e la conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, lo sviluppo della cooperazione, le attività sportive e, soprattutto, l’istruzione di ogni ordine e grado (compresa l’assistenza scolastica – anche universitaria – e l’edilizia scolastica).
Le norme regolarono poi analoghi trasferimenti di competenze nel campo della tutela sanitaria e sociale che determinarono, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, la soppressione delle Mutue e la costituzione del Servizio sanitario provinciale e delle relative Unità sanitarie locali, e nel campo dello sviluppo economico e dei servizi.
Non solo, nel 1976 furono emanate le norme di attuazione su due questioni da sempre considerate cruciali dalla SVP: bilinguismo e proporzionale etnica.
Questo secondo principio, in base al quale venivano stabilite delle quote, ovvero dei parametri da utilizzare rigorosamente nelle assunzioni e nella ripartizione di cariche e uffici, contributi, case popolari, avrebbe dovuto risarcire i torti subiti in passato dal gruppo di lingua tedesca: in realtà, la sua rigida applicazione ebbe come effetto quello di perpetuare e accentuare le ragioni di conflittualità.
Gli appelli degli esponenti del gruppo di lingua italiana che chiedevano un’equilibrata e graduale applicazione della norma, si scontrarono, infatti, con la posizione irremovibile della SVP: per il partito sudtirolese la proporzionale doveva essere applicata da subito nella sua interezza.
Altrettanta preoccupazione destava, inoltre, all’interno del gruppo italiano, la questione del bilinguismo: dal 1977, per accedere ai pubblici impieghi, diventava vincolante possedere il cosiddetto «patentino» di bilinguismo, attestante la conoscenza delle due lingue, italiano e tedesco. In una società bilingue, fondata sulla parificazione tra lingua italiana e lingua tedesca, si trattava chiaramente di un passaggio obbligato e tuttavia carico di conseguenze, soprattutto per gli italiani residenti in provincia di Bolzano.
A livello politico, la volontà di portare a termine il Calendario operativo era destinata in ogni caso a prevalere sui motivi di contrasto. Un eventuale fallimento degli accordi avrebbe, del resto, avuto riflessi imprevedibili sia a livello internazionale, nei rapporti con l’Austria, che a livello interno.
Il secondo Statuto, istituendo due Province autonome titolari di gran parte delle competenze e relegando ad un ruolo marginale la Regione, aveva avviato due processi paralleli che hanno visto Trentino e Alto Adige concentrati sulla costruzione delle rispettive specificità istituzionali e programmatiche, confinando i loro rapporti nello spazio necessario delle negoziazioni con lo Stato.
Mauro Marcantoni
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