Centenario della Marcia su Roma e il Trentino – Di G. de Mozzi
Nascono i Fasci italiani di Combattimento. Fondati a Milano, si estendono in Trentino
In questa seconda puntata sulla Marcia su Roma si parla della fondazione del Fasci Italiani di Combattimento. Mussolini li ha fondati a Milano, ma si sono propagati subito un po’ in tutta l’Italia settentrionale. Riportiamo la nascita e l’evoluzione dei Fasci in Trentino. Incredibile lo Statuto che si erano dati e che rimase lettera morta. |
Con il senno di poi, cioè nel 1926, Mussolini definì così i Fasci di combattimento:
«Chiamai questa organizzazione Fasci Italiani di Combattimento. In questa parola dura e metallica c’era tutto il programma del fascismo, così come io lo sognavo, così come io lo volevo, così come io l’ho fatto.»
In realtà tutto nacque come timida risposta alle scorribande rosse che stavano spadroneggiando a Milano, mettendo insieme le prime bande fasciste che erano sorte spontaneamente.
L’incipit viene fatto risalire al 18 febbraio 1919, a risposta di quanto stava accadendo a Milano, dove migliaia di persone di tutte le età, cantando Bandiera Rossa, marciarono minacciosamente per Milano invocando iniziative bolsceviche.
Per far fronte a queste manifestazioni, che dilagavano sempre di più indisturbate, il successivo 23 marzo Mussolini organizzò a Milano una modesta adunata di 145 persone (pochissime dunque: se ne apettavano 10 volte tanto) accomunate dall’intento di mettere un freno alle spinte rivoluzionarie comuniste. Aveva preso in affitto prima un teatro e poi, vedendo la scarsità di partecipanti, gli bastò la sala di un’associazione di commercianti sita in piazza del Santo Sepolcro.
In quella adunata del 23 marzo parteciparono anche Toscanini, Marinetti e Nenni. Il primo, già sostenitore di D’Annunzio, più tardi dovette perfino lasciare l’Italia per fuggire al Fascismo; il secondo lasciò la politica alla sconfitta elettorale che seguì; il terzo lasciò il movimento non appena non ne condivise più le finalità.
Tra quei 145 c’erano almeno tre trentini, Luigi Razza, che vedremo più avanti, Gino Battisti, figlio del martire, e Gianantonio Manci. Questi due erano reduci dall'avventura di Fiume e Manci passò dall'altra parte, e pagò con un tragico suicidio la sua onestà.
Pochissime le adesioni dunque. E Mussolini, che non aveva alle spalle ancora alcuno sponsor antirivoluzionario, chiamò così la nuova associazione, elaborando il nome che aveva dato nel 1915 al movimento fondato da lui come «Fascio di azione rivoluzionaria».
I «Fasci Italiani di Combattimento» furono dapprincipio solo un fenomeno milanese, con 31 circoli e 870 soci, e lo stesso Mussolini pensava che il fenomeno non fosse esportabile al resto del paese, se non nelle città più grandi.
Il movimento, invece, prese piede con estrema vitalità. A Milano in un anno passarono dagli 870 fondatori del 1919 ai 20.600 del 1920, poi ai 249.000 del 1921.
Il 25 marzo nascono i Fasci di Torino e di Genova; il 26 quelli di Treviso, Verona e Bergamo; il 27 quello di Firenze; il 28 quello di Padova; il 30 quello di Napoli. E poi via via quelli delle altre città.
Poi i Fasci sorsero anche nei centri rurali. E questo grazie a molti personaggi che vedevano nel movimento di Mussolini un freno alle scorribande rosse.
Lo statuto dei Fasci di combattimento A leggere oggi lo statuto dei Fasci di combattimento, c’è da restare basiti. Vediamo i principali punti indicati. 1. Problema politico. A) Suffragio universale a scrutinio di lista regionale, con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne. B) Il minimo di età per gli elettori abbassato ai 18 anni, quello per i deputati abbassato ai 25 anni. C) L’abolizione del Senato. D) La convocazione di una Assemblea nazionale per la durata di 3 anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di Costituzione dello Stato. E) La formazione di consigli nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni ecc. eletti dalle collettività professionali e di mestiere, con poteri legislativi e col diritto di eleggere un Commissario generale con poteri di ministro. 2. Problema sociale. A) Promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata lavorativa di otto ore. B) I minimi di paga. C) La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria. D) Omissis. E) Omissis. F) Modifica della legge sulla assicurazione sull’invalidità e vecchiaia, abbassando il limite di età dai 65 anni ai 55. 3. Problema militare (Omissis) 4. Problema finanziario. A) Forte importa straordinaria sul capitale a carattere progressivo, come sorta di espropriazione parziale di tutte le ricchezze. B) Il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le men se vescovili. C) Sequestro dell’85% dei profitti di guerra. |
Come sappiamo, gran parte di questi programmi non venne attuata. Anzi, non solo il voto non fu mai concesso alle donne, ma pian piano non fu tolto anche agli uomini.
In buona sostanza, però, come disse lo stesso Mussolini poco prima della Marcia su Roma, «Il nostro programma è semplicissimo: vogliamo governare l’Italia».
I Fasci di combattimento nacquero anche in Trentino Alto Adige
Il primo Fascio della Venezia tridentina è quello costituito a Rovereto verso la fine di aprile del 1919. Ma ebbe brevissima durata. Definitivamente fu ricostituito solo il 17 marzo 1921.
A Trento si costituì la sera del 29 luglio 1919, nella sala di lettura della «Legione Tridentina», alla Filarmonica. Animatore: il tenente Luigi Razza (redattore capo del quotidiano «La Libertà») che aveva rappresentato Trento all’adunata di San Sepolcro. (Detto Fascio, però, improntato a principi repubblicani e massonici, non venne riconosciuto).
L’11 agosto uscì il primo numero del settimanale fascista «L’Italia alpina». (Cesserà il 6 dicembre 1919)
Il 5 settembre 1919 sorse un Fascio a Borgo; seguito da quelli di Pergine Valsugana, Tione di Trento e Pomarolo.
Il 9 settembre, in Via Roma a Trento, i fascisti trentini si scontrarono per la prima volta con i sovversivi.
Trasferitosi Razza a Roma (era rimasto senza lavoro e privo di mezzi causa l’acquisto della «libertà» da parte democratica) e privato così il Fascismo trentino del suo massimo esponente, alla fine del 1919 restarono fedeli all’Idea solo gli studenti dell’«Unione».
Fino al 10 ottobre 1920 (proclamazione dell’annessione all’Italia), si hanno pochi fatti da registrare, salvo qualche sciopero, dimostrazioni, sparatorie («pochi feriti, un morto»).
Il Fascio era risorto nel dicembre 1919. A riguardo, stralciamo dalla lettera di Tommaso Caruso diretta al signor Ernesto Farina in data 7 marzo 1929:
«La prima riunione per la fondazione del Fascio e il suo primo Direttorio, regolarmente costituito, è avvenuta in via San Pietro, 29, nei locali della ex Camera del Lavoro, in data 10 dicembre 1920.
«A detta riunione presero parte i fascisti non ancora iscritti, ma che nel mese di novembre, e più precisamente il giorno 7 dello stesso mese, erano intervenuti a una riunione fatta nei locali dell’Hotel Bristol.
«I fascisti presenti e militanti che vantino giustamente un’anzianità che decorre dal 1920 (e cioè dal 1° dicembre di quell’anno), sono i seguenti:»
(L’elenco che segue riporta quanto appare dal materiale di cui siamo in possesso.)
Arezzo Francesco – Bareggia Pietro – Caruso Tomaso – Cestari Vittorio – Colò Luigi – Colò Carlo – Cuppellon Filippo – Dell’Oro Carlo – Delucca Domenico – Disertori Vittorio – Faiferri Augusto – Farina Plinio – Farina Ernesto – Prezzato Serafino – Gervasonji Tullio – Giostra Ettore – Lucchetti Giacomo – Manganelli Ugo – Micheletti Gistavo – Mori Luciano – Pedrotti Gino – Perugini Alfredo – Puccetti Corrado – Scappini Mario – Starace Achille – Uboldi Emanuele – Valobra Ferruccio – Vizio Giuseppe – Buzzi Andrea – Cruppi Gino – Sani Gino – Cortelletti Vittorio – Santamaria Angelo – Treves – Faes – Biondani Giordano – Galòvan Giuseppe – Evangelisti – Grossoli – Garbari Augusto.
Si iscrissero subito decine di altri trentini e la sede fu messa loro a disposizione nella stanza N. 9 dell’Albergo Centrale, mentre il quartier generale si insediò al Caffè Europa (Via Manci, dove oggi c’è la Despar).
Il 1° maggio uscì il primo numero del giornale fascista «Il Gagliardetto fascista».
Nel frattempo erano giunte adesioni da Bolzano (fascio costituito il 1° febbraio 1921), da Tione di Trento (6 marzo 1921), Rovereto (17 marzo), Malé (5 maggio), Borgo (7 maggio), Merano (20 settembre), Fortezza (12 giugno), Miola di Piné (31 luglio), Ponte Arche, Mori, Vadena, Mezzolombardo.
Il 19 marzo sorse a Trento la prima Avanguardia studentesca, divisa in due squadre d’azione: la «Pierino Delpiano» e la «Giovanni Berta» (martire fascista…).
Il 19 giugno si radunarono a Trento centinaia di squadristi per la cerimonia di consegna dei gagliardetti al Fascio del Capoluogo e per l’occasione Mussolini inviò un telegramma di incitamento:
«Consideratemi presente a vostra superba adunata. Voi avete il sacro compito assegnatovi dai grandi martiri trentini. Il tricolore vi proteggerà dalle vette del Brennero».
Il 20 settembre Luigi Razza aveva fatto ritorno a Trento per riaprire il «Popolo trentino», primo quotidiano fascista di Trento. E così il 2 dicembre uscì per l’ultima volta il «Gagliardetto fascista».
Sorsero anche i primi sindacati fascisti.
Sempre secondo il materiale in nostro possesso, nel corso del 1921 si ebbero alcune «spedizioni punitive» a Egna, Salorno, Mori, Riva, Peschiera, Bolzano e Mezzolombardo.
E l’ultima azione «fuorilegge» (come la definirono gli stessi fascisti) dello squadrismo trentino avvenne nei giorni 1 e 2 novembre 1927. Quella azione fu condotta contro il SAIT, che i fascisti consideravano una «organizzazione tentacolare fra le più vaste d’Italia, con 300 famiglie cooperative in ogni borgo, prima rocca dell’antifascismo trentino». Tanto di cappello dunque al SAIT, che è ben sopravvissuto al fascismo ed è tuttora un baluardo della cooperazione trentina.
Dopo l’attacco al SAIT, un nucleo di squadristi occupò la redazione del quotidiano «Nuovo Trentino» [come si vede, quel nome fu usato più volte in passato- NdR], «antitaliano e antifascista», un altro gruppo invase le leghe dei contadini, un altro ancora irruppe nella Banca Cattolica «per cercare documenti antifascisti».
Guido de Mozzi – [email protected]
(La terza puntata domani col titolo «Le elezioni politiche del 1919 e del 1921, con i fatti di sangue che le accompagnarono»)
Le puntate precedenti a questo link.
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