Lettere al direttore – Giancarlo Cappelletti
Ho visitato al Mart la mostra «Il falso nell'arte. Alceo Dossena e la scultura italiana del Rinascimento» e mi ha un po' deluso
Ho visitato al Mart la mostra «Il falso nell'arte. Alceo Dossena e la scultura italiana del Rinascimento» e mi ha un po' deluso.
Inizia nel piazzale del museo con la copia in bronzo del Davide di Donatello sistemato nella fontana e i bronzi di Riace trasformati in guardiani della porta d'ingresso.
Copie orribili, specialmente i bronzi di Riace, privi di qualsiasi patina. Ti fanno sorridere pensando all'emozione provata dinnanzi agli originali.
Passiamo poi nei saloni in cui sono esposti un centinaio di marmi di Alceo Dossena, in gran parte bassorilievi. Troppi con lo stesso soggetto e molto simili e tutto questo genera un senso di noia.
Direi un bravo scultore del novecento, però lontano dai vertici di suoi artisti contemporanei, per esempio Wildt.
Ho cercato invano qualche opera che, ingannando gli esperti, era stata comperata da un museo come autentica rinascimentale.
O almeno credo poiché alcune erano proprietà di qualche museo ma sembravano fatte ieri, non avevano sicuramente la patina data da seicento anni d'età.
Come avrebbero potuto ingannare gli esperti?
Sono poi presenti anche le statue della beffa di Livorno quando scoprirono in un canale statue attribuite a Modigliani e quadri copie di opere molto famose.
In una mostra di questo genere mi sarei aspettato però anche qualche pezzo autentico rinascimentale.
Io credo che solo mostrando due opere vicine, una autografa e una fasulla, si insegni al pubblico a capire le differenze e di conseguenza apprezzare l'originale.
Mi piacerebbe vedere in un museo questi paragoni, ma non si usa. Forse perché molti critici farebbero brutta figura.
Giancarlo Cappelletti
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