Lettere al direttore – Claudio Riccadonna
Un messaggio a chi ha ancora la fortuna di avere il padre o la madre, soprattutto in età avanzata
Da anni non sento il più telefono squillare tra le 19 e le 19.30.
Una sorta di chiamata piacevolmente seriale, quella di una madre famiglia-votata, la cui voce rassicurante era in grado di lenire o di addolcire qualsiasi amarezza del vivere quotidiano.
Ogni tanto la "risento" attraverso un messaggio vocalico registrato su una vecchia segreteria telefonica, capace di risvegliare forti emozioni, ricordi di una vita intera, concentrati sull'immagine di una persona pronta a rinunciare a tutto disposta a qualsiasi sacrificio, senza tanti «moderni grilli per la testa».
Pertanto, nonostante l'inesorabile trascorrere degli anni non riesco a fare a meno di riavvolgere il nastro.
È più forte di me, perché il suo amore, mai autoreferenziale, talvolta vissuto come scontato nonché, forse, con «inconsapevole ingratitudine» in età giovanile, è risultato così pervasivo, da aver sentito poi la necessità indifferibile di ricambiarlo in età matura e di condividere ogni istante della sua «distruttiva» malattia.
E ricordare anche tra sofferenze davvero provanti, che il suo ultimo pensiero fosse sempre rivolto ai figli e ai nipoti.
È proprio vero che il suo nome (madre) «invocano ancora l'uomo naturo e il vecchio, con la tenerezza di fanciulli» (De Amicis).
D'altra parte il venir meno di un genitore rappresenta sempre a qualsiasi età una perdita incolmabile.
Pertanto chi ha ancora la fortuna di avere il padre o la madre, soprattutto in età avanzata, li cerchi in ogni istante e ne apprezzi-valorizzi costantemente la presenza, in particolare «abbracciandone» fragilità e debolezze senili, mostrando loro, anche con parole di tenerezza e messaggi d'affetto, gratitudine e riconoscenza.
Anche i più giovani, per quanto talvolta sospinti da un sentimento di onnipotenza e che vivano la presenza dei genitori come assodata, «prevedibile» e sicura, facciano memoria di questi consigli...
Claudio Riccadonna
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