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Censis: «Cresce il numero degli italiani su internet»

Cala il consumo dei giornali cartacei, ma cala anche la tv tradizionale – La radio è la prima per credibilità, i social network sono gli ultimi

Nei giorni scorsi a Roma, presso la sede del CNEL di Villa Lublin, è stato presentato il 52° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese (2018).
Il Rapporto interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase di attesa di cambiamento e di deludente ripresa che stiamo attraversando.
Di seguito pubblichiamo i dati salienti del Rapporto, ma vogliamo sottolineare come un po’ alla volta la gente si renda conto che i social sono solo delle «bacheche virtuali» e non delle fonti attendibili di informazione.
Purtroppo ci sono ancora dei giornali online che le sparano grosse, sia per incompetenza che per interesse, ma la credibilità la si conquista giorno per giorno con impegno e serietà.

 Le diete mediatiche degli italiani nel 2018: una transmedialità matura 
Nel 2018 la televisione ha registrato una leggera flessione dei telespettatori, determinata dal calo delle sue forme di diffusione più tradizionali: la tv digitale terrestre e la tv satellitare si attestano, rispettivamente, all’89,9% e al 41,2% di utenza tra gli italiani: entrambe cedono il 2,3% di pubblico nell’ultimo anno.
Continuano a crescere la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno).
 
La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media: complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3% degli italiani.
Ma se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come l’autoradio (il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata però dall’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno).
 
Gli italiani che usano internet passano dal 75,2% al 78,4%, con una differenza positiva del 3,2% rispetto allo scorso anno e del 33,1% dal 2007.
Quelli che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (con una crescita annua del 4,2%, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione).
Gli utenti dei social network aumentano dal 67,3% al 72,5% della popolazione.
Continuano ad aumentare gli utenti di WhatsApp (il 67,5% degli italiani, l’81,6% degli under 30), mentre più della metà della popolazione fa ricorso ai due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%).
Notevole è il passo in avanti compiuto da Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani), mentre Twitter scende al 12,3%.
 
I media a stampa invece ristagnano nella crisi, a cominciare dai quotidiani, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018.
Questo calo non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno registrato un aumento dell’utenza solo dal 21,1% al 26,3%.
Invece, aggregatori di notizie online e portali web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani.

Nel campo dei periodici, restano stabili i settimanali (il 30,8% di utenza, -0,2% in un anno) e i mensili (il 26,5% di utenza, -0,3%).
Anche i lettori di libri in Italia continuano a diminuire anno dopo anno.
Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto allo scorso anno).
Né gli e-book (letti solo dall’8,5% degli italiani, -1,1% nell’ultimo anno) hanno compensato la riduzione dei lettori.
 
 Il cambio di paradigma nell’informazione 
Nella graduatoria dei media che gli italiani utilizzano per informarsi, telegiornali e Facebook sono ancora in vetta.
Ma mentre i tg rafforzano la loro funzione (la loro utenza passa dal 60,6% del 2017 al 65% del 2018), nell’ultimo anno Facebook ha subito una battuta d’arresto (-9,1% di utenza a scopi informativi).
Il calo ha coinvolto anche YouTube (-5,3%), Twitter (-3%) e la rete in generale (i motori di ricerca hanno perso il 7,8% di utenza a fini informativi).
In particolare, Facebook perde il 15,8% degli utenti a scopi informativi tra gli under 30 (dal 48,8% al 33%), i motori di ricerca passano dal 25,7% al 16,5% (-9,2%), YouTube dal 20,7% al 17,6% (-3,1%), Twitter dal 10,6% al 3,9% (-6,7%).
Numerosi sono gli utenti delle tv all news (22,6%) e dei giornali radio (20%), mentre solo il 14,8% degli italiani ha letto i quotidiani cartacei negli ultimi sette giorni per informarsi (e solo il 3,8% dei giovani).
 
 La credibilità dei media 
La radio ottiene il primato della credibilità, con il 69,7% di italiani che la considerano molto o abbastanza affidabile.
La televisione è considerata affidabile dal 69,1%. Anche la stampa viene considerata molto o abbastanza affidabile da una quota maggioritaria di italiani: il 64,3%.
Nella parte inferiore della graduatoria si collocano invece i siti web d’informazione: solo il 42,8% degli italiani li considera credibili.
Ultimi in classifica i social network, ritenuti non del tutto affidabili dal 66,4% degli italiani.
Sono gli anziani a essere i più diffidenti (78,2%), mentre il 45,8% dei giovani li considera molto o abbastanza credibili.
 
 L’uso politico dei social network 
I giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%.
Il 16,8% ritiene che siano preziosi, perché così i politici possono parlare direttamente, senza filtri, ai cittadini.
Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici.
Invece, il 23,7% crede che siano inutili, perché le notizie importanti si trovano nei giornali e in tv, il resto è gossip.
Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari.

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