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Divagazioni intorno alla moda con Andrea Castelli

«Vara con che braghe el va 'ntorna!», ovvero: «Guarda con che braghe va in giro!» – Di Virna Pierobon

Dici Andrea Castelli e pensi a quella voce inconfondibile, sentita tante volte da bambina che faceva molto ridere grazie a quelle battute esilaranti in un dialetto che richiamava nettamente quello parlato da avi sconosciuti.
Ecco Castelli, quello che ha dipinto quel mondo, lì oltre il tuo confine irrisoriamente geografico, quelle radici che sono poi le sue, diventando l’io narrante di quel fazzoletto di terra inclusa tra le montagne che è un caleidoscopico minimondo, di vizi e altrettante virtù.
 
Un sabato pomeriggio lo chiami, non prima di aver sbirciato il suo profilo su Facebook, perché ormai ci siamo tutti e, lui, l’attore, l’artista poliedrico non può mancare di certo.
Noti così, che la foto sul diario meno scritto, meno segreto, ma più sfogliato da ognuno di noi, mostra un inconfondibile scorcio su di un pantalone di pelle di cervo finemente ricamato.
 
Con che pantaloni va in giro Andrea Castelli?
«Erano il mio sogno, la mia passione sin da bambino quei pantaloni e finalmente quest’estate li ho trovati e acquistati in un negozio specializzato, tale Götsch, a San Martino in Passiria».
 
Sì però, quella camicia da gitante in flanella a quadri, con cui catalizzi l’attenzione del pubblico sul palcoscenico di «Trentini & Trentoni», il tuo ultimo monologo, con cui sei tornato nei teatri in questa nuova stagione?
«Quella camicia a quadri è un ibrido. Fa molto coro di montagna, è un ripiego voluto su quel pantalone di pelle di cervo lungo con quella lavorazione che lo rende perfettamente identificabile e unico».
 
Allora?
«Noi trentini non abbiamo un costume, un abito tipico come in Alto Adige e quindi questo l’ho rappresentato, creando un collage tra quei pantaloni inconfondibili e bellissimi e quella camicia, che mi era necessaria per parlare di noi. Per dire che siamo metà e metà».
 
Andrea Castelli, lontano dal palcoscenico, in un giorno normale che rapporto ha con la moda?
«Inizio a vestirmi dai calzini, chiaramente d’inverno quelli più lunghi, d’estate adoro quelli da tennis, perché sono così morbidi».
 
E come compri o chi compra gli abiti che indossi?
«Generalmente è Nicoletta, mia moglie, mi compra quello che mi è necessario e sa cosa mi piace».
 
Tu da solo, mai nulla?
«Certo, ho anche un episodio nel cassetto dei ricordi da raccontare, legato a certe canottiere che mi servivano durante una tournèe a Milano e che quindi sono andato a comprarmi di persona imbattendomi in un commesso particolarmente zelante che insisteva assolutamente per farmele provare. Erano mio malgrado di un famoso stilista e per liberarmi dall’eccesso di zelo del venditore alla fine le ho comprate, spendendo molto più del previsto».
 
Tu l’attore, il monologante padrone incontrastato del palcoscenico spesso praticamente spoglio a parte te stesso, non sei un po’ vanesio o eccentrico nel tuo modo di vestire?
«Nicoletta, mi richiama spesso quando eccedo, io amerei i colori vivaci, è il mio modo di essere«terrone» dentro».
 
Forse è solo il sacro fuoco che ti arde dentro.
«Infatti, ho un rapporto molto particolare con i colori, il marrone e il grigio li abolirei completamente, ma spesso sono tenuto a indossarli. Il mio colore, quello che mi piace veramente è il giallo. Ho un paio di bermuda ormai stinte che uso per fare lavori in casa che sono la mia bandiera insieme  con un paio di scarpe altrettanto gialle».
 
Parlando di abiti eleganti lì come siamo messi?
«Con il mestiere che faccio ogni tanto mi devo vestire per bene e finanche alle scarpe di vernice. Poi ho una vera e propria curiosità per le cravatte, ne ho molte, anche se ne uso poche. Recentemente in un negozio di Bologna me ne sono addirittura comperate due in una volta».
 
Che rapporto hai con lo specchio, con la tua immagine?
«Sono molto critico».
 
E’ nota la tua capacità di cogliere, analizzare ogni dettaglio dei tuoi conterranei cosa ti colpisce negli altri?
«Per prima cosa gli occhi. Poi certo le donne perché sono quelle che si fanno più notare e mi piacciono quelle eleganti anche perchè ormai sono sempre di meno quindi si notano. Aborro invece la sciatteria. Giacché parliamo di moda, la considero una forma di esibizionismo alla rovescia, specie nelle donne».
 
Cosa trovi veramente elegante?
«Un capo legato al passato, il gilet che indossava in ogni occasione mio nonno. Era un semplice contadino ma quel gilet nelle sue varie fogge lo rendeva elegante e non mancava mai. Quel velluto, quella stoffa cucite insieme a quella fodera cangiante erano uniche».
 
Oggi come sono i trentini che vedi?
«Confusi, siamo omologati, adesso siamo una specie di brodo che non distingue più tra la città e la montagna nel quale però la persona elegante la noti subito, perché spicca, ma è sempre più difficile notarla.»
 
C’è nel tuo armadio un capo cui sei particolarmente affezionato?
«Certamente i giubbotti, sono un vero appassionato. Recentemente ero a Roma e al mercato di Porta Portese per ben 40 euro ho comprato un fantastico giubbotto da moto tutto attillato, ma anche l’Avirex fa capolino nel mio guardaroba».
 
Quando ti senti di moda?
«Essenzialmente sempre quando sono a mio agio negli abiti che indosso poi con il mestiere che faccio, devo anche stare attento perché i calzini marrone si notano...».
 
E trentini per cosa si distinguono?
«Direi che non c’è veramente più nulla che li distingue ma questo è un fenomeno generale, forse è un’esigenza anche il non voler dare troppo nell’occhio. Però devo raccontare di un mio amico di Parma, che si distingue perché si veste da trentino».
 
Esilarante! Parma è nota nel mondo per la musica, il cibo e l’attenzione per il bello che è un retaggio del dominio francese e questo come si veste?
«Con le camice pesanti, le scarpe grosse, i maglioni, poi ha tutti i capelli arruffati, sarà che ne ha tanti, ma è scarruffato davvero!».
 
Signor Andrea Castelli, se questo nostro tempo fosse così vero e divertente come lei, non passerebbe mai di  moda!
 
Le prossime date degli spettacoli di Andrea Castelli: www.andreacastelli.it
 
Virna Pierobon
[email protected]

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