Unterberger, Spagnolli e Patton in visita alla start-up Brunocell
Nella start-up trentina si sperimenta lo sviluppo della carne coltivata, sotto la guida di professori associati dell’Università di Trento.
Ieri pomeriggio i senatori del Gruppo per le Autonomie Julia Unterberger, Luigi Spagnolli e Pietro Patton hanno visitato i laboratori della Brunocell, la start-up trentina dove si sperimenta lo sviluppo della carne coltivata, sotto la guida del direttore del CIBIO Paolo Macchi e di Stefano Biressi e Luciano Conti, professori associati dell’Università di Trento.
«Visitare i laboratori - hanno detto Unterberger e Spagnolli - è stato molto interessante, così come confrontarsi con tutti i ricercatori impegnati sul progetto e che guardano con preoccupazione alle iniziative del Governo, che ha presentato un disegno di legge sul divieto di carne coltivata assegnato alla Commissione Agricoltura del Senato. Questo nonostante il fatto che la carne coltivata potrebbe divenire una valida alternativa alla carne tradizionale, in particolare a quella degli allevamenti intensivi. Al momento è ancora in fase di progettazione, ma è presumibile che il risultato finale sarà una rivoluzione nel settore alimentare.
Si riuscirà a produrre carne, perché di carne si tratta, senza gli enormi costi ambientali, su spazi e con risorse ridotte. In questo modo si risponderà alla domanda di carne di un pianeta che ha raggiunto gli 8 miliardi di abitanti. Non dimentichiamo che anche l’Italia importa all’anno 820mila capi vivi e 325mila tonnellate tra carne fresca e congelata. E soprattutto finirà l’enorme sofferenza cui sono sottoposti gli animali negli allevamenti intensivi e durante i trasporti. Per questo bisognerebbe sostenere la ricerca con importanti risorse, esattamente come viene fatto in tanti altri Paesi. Invece l’atteggiamento del Governo è antiscientifico e antieconomico.
Il ddl presentato contro la produzione di carne coltivata avrà come unico effetto quello di fermare la ricerca. Se poi davvero la sperimentazione dovesse mantenere le attese, l’Italia diventerà l’unico Paese che non produce ma importa interamente la carne coltivata dall’estero. Nessun paese dell’Unione europea può bloccare la commercializzazione di un prodotto ammesso a livello comunitario, ma solo bloccarne la produzione. Un bel danno per l’Italia, che oggi invece dovrebbe solo aiutare la ricerca e poi trarne tutte le valutazioni del caso, senza lasciare a tutti gli altri Paesi le enormi possibilità di crescita e sviluppo.»
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