Energia, fusione: in arrivo la prima superbobina europea
Trasporto organizzato nonostante l’emergenza COVID-19. Coinvolta l'eccellenza dell'industria italiana nel progetto ITER
Il trasporto del super magnete ITER.
Nonostante le difficoltà causate dall’emergenza COVID-19, è in arrivo al sito di Cadarache, in Francia, il primo dei giganteschi magneti superconduttivi destinati al progetto ITER. Un’opera eccezionale, da oltre 20 miliardi di euro per sperimentare la produzione di energia da fusione nucleare.
A questa impresa partecipano aziende italiane di punta nel settore, come ASG Superconductors, SIMIC e consorzio ICAS (con ENEA), che hanno contribuito in misura rilevante a realizzare la più grande superbobina mai prodotta in Europa.
Per preservarla e proteggerla durante il viaggio, la gigantesca D alta 17 metri e larga 9 è stata «imballata con una struttura da 100 tonnellate che ha portato il peso complessivo del carico a 420 tonnellate.
Il trasporto ha richiesto quasi un mese via mare e su strada, dal porto di Marghera (Venezia) al sito di ITER, ed è stato gestito dalla SIMIC, azienda di Cuneo che ha effettuato le prove a freddo, inserito il magnete nella sua cassa d’acciaio, eseguito saldature, resinature, lavorazioni meccaniche finali e il trasporto fino a Cadarache.
«L’arrivo del magnete è una grande soddisfazione e un segnale molto positivo per il progetto ITER e per il Sistema Industriale Italiano.
«Nonostante la congiuntura molto difficile, il cantiere ITER non si è mai fermato e il personale è stato addirittura incrementato, – sottolinea Sergio Orlandi, l’ingegnere italiano che dirige la costruzione dell’impianto ITER. – Alcune aziende hanno addirittura trasferito qui personale che in Italia non poteva lavorare con il vantaggio di accelerare i lavori; in prima linea nell’assemblaggio della Macchina c’è Dynamic, una società neocostituita che vede Ansaldo Nucleare come capofila.»
La superbobina è nata in Italia, nello stabilimento di La Spezia della ASG Superconductors (Malacalza), su commessa del consorzio europeo Fusion for Energy (F4E), l’Agenzia Ue che gestisce il contributo europeo al progetto ITER in veste di appalti e commesse.
Made in Italy sono anche i cinque chilometri di cavi superconduttori al suo interno, progettati e realizzati dal Consorzio ICAS che unisce ENEA con due aziende di punta del settore, la Criotec Impianti e la Tratos Cavi.
«Abbiamo vinto un bando internazionale da 50 milioni di euro di Fusion4Energy al quale partecipavano anche importanti industrie europee. E recentemente abbiamo vinto anche una commessa da 5 milioni di euro con il CERN», spiega Antonio della Corte, presidente del consorzio ICAS e responsabile ENEA della Sezione Superconduttività.
Il magnete appena consegnato a ITER è il primo dei dieci (nove principali più uno di scorta) da realizzare in Europa.
Il suo ruolo sarà fondamentale per la realizzazione della fusione a confinamento magnetico, grazie alla capacità di creare un campo magnetico in grado di “intrappolare” e compattare il plasma alla temperatura di 150 milioni di gradi centigradi, tenendolo lontano dalle pareti di contenimento della camera da vuoto di ITER.
In totale, le bobine saranno 18: nove fatte in Europa e nove in Giappone con cavi superconduttivi prodotti sempre da ICAS, in collaborazione con il National Fusion Research Institute coreano.
Ad oggi le aziende italiane nel campo della fusione nucleare rappresentano un’eccellenza internazionale: grazie a competenze molto elevate, hanno vinto oltre il 50% delle commesse di ITER, per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro.
Il progetto ITER vede insieme Europa, Giappone, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Corea del Sud ed è il più grande impianto sperimentale al mondo finalizzato a dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica di riprodurre sulla Terra la reazione che alimenta il Sole e le stelle per ottenere un’energia sicura, illimitata e rispettosa dell’ambiente.
L’esperimento internazionale dovrà produrre una quantità di energia da fusione pari a 500 MW termici per circa sette minuti.
L’Europa contribuirà per il 45% ai costi di realizzazione, mentre gli altri sei Stati di questa joint venture internazionale contribuiranno in parti uguali per la quota restante.
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