Combattimenti a Bengasi: uccise 80 persone, ferite altre 150
Scatenata una dura battaglia tra un esercito paramilitare e bande di terroristi islamici
Khalifa Haftar, l’ex generale libico in pensione che si è messo a capo di un esercito tutto suo, ha attaccato a Bengasi quelle che lui ha definito bande di terroristi islamici.
Ne è seguita una vera e propria battaglia che ha portato alla morte di un’ottantina di persone e al ferimento di altri 150.
Poiché Haftar si è mosso di sua volontà, il governo e il parlamento libici hanno preso le distanze dal generale e ha denunciato l’iniziativa come un vero e proprio colpo di stato.
Comunque la si voglia vedere, la situazione sembra fuori controllo, perché si stratta di uno scontro a fuoco tra un esercito non regolare e delle bande armate.
Lo scorso 5 marzo avevamo pubblicato un lungo e approfondito promemoria sulla situazione libica, proprio per denunciare da una parte l’instabilità della Libia del dopo Geddafi e dall’altra le prospettive internazionali e il possibile ruolo dell’Italia.
L’articolo, a firma di Gabriele Iacovino (vedi), denunciava come fossero sorti nell’intero paese 300 gruppi di combattenti usciti dal controllo delle istituzioni libiche.
Tra queste, venivano indicate anche le cosiddette «forze scudo», che sono sempre state apprezzate dalla popolazione libica in quanto autrici anche di azioni caritatevoli e di giustizia.
«Negli ultimi tempi tuttavia – scriveva Iacovino, – la Forza scudo ha assunto sempre maggiori poteri, soprattutto nell’area di Bengasi.»
E non escludeva infatti l’eventualità che ne uscisse una guerra vera e propria come quella registrata oggi.
In tutta questa faccenda, l’Italia non può ritenersi fuori. Non solo perché la Libia è al centro del suo sistema di approvvigionamento energetico, ma anche, e soprattutto, per la gestione dei traffici illegali, soprattutto di esseri umani, provenienti dalla Libia.
Ora si aggiunge la necessaria prevenzione della minaccia terroristica.
Come sappiamo, il nostro Paese ha addestrato le forze di sicurezza libiche e sta collaborando per trovare una soluzione verso la stabilizzazione di Tripoli.
La caduta del regime di Gheddafi ha dato libero sfogo a tutte quelle istanze autonomiste che per troppo tempo sono state soffocate dalla repressione. E forse è giunto il momento di esportare e mettere in atto non solo l'addestramento militare ma anche la scuola di democrazia e tolleranza che siamo riusciti a consolidare nel nostro Paese.
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