Le sabbie mobili della crisi libica/ 4 – Di Marco Di Liddo
Gli effetti regionali della crisi: proliferazione del terrorismo e dei traffici illegali
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Gli effetti regionali della crisi: proliferazione del terrorismo e dei traffici illegali La guerra civile, oltre a rappresentare una pesantissima zavorra per la stabilizzazione della Libia, continua ad avere un non trascurabile effetto per la sicurezza della regione nord africana e mediterranea. Infatti, la completa distruzione dello Stato e l’anarchia politica in cui vessa il Paese hanno permesso la proliferazione dei movimenti jihadisti e l’aumento dei traffici di droga, armi ed esseri umani
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Per quanto riguarda il primo punto, è stato sinora evidenziato il carattere nazionale del terrorismo libico. Tuttavia, non bisogna mai dimenticare che i fenomeni eversivi ed insurrezionali di matrice salafita non sono contenuti in un singolo Paese, bensì fanno parte di una rete regionale che, con l’ascesa dello Stato Islamico potrebbe ulteriormente espandere la propria vocazione trans-frontaliera.
Infatti, sia lo Stato Islamico che Ansar al-Sharia controllano ampie strutture logistiche e addestrative in grado di preparare i miliziani per le operazioni sia in patria che all’estero, compresi i Paesi del Maghreb, la Siria e l’Iraq, rafforzando il ruolo della Libia quale hub terroristico di rilievo regionale e globale.
In questo senso, l’esperienza del Gruppo Battar e gli attacchi al Riu Imperial Marhaba Hotel di Port el-Kantaoui in Tunisia (26 giugno 2015, 38 morti, tutti turisti stranieri) rappresentano due esempi esplicativi in merito.
Infatti, gli attentatori tunisini erano stati addestrati proprio a Derna.
Anche se adesso questa tendenza all’interconnessione regionale appare embrionale, non è da escludere che, nel prossimo futuro, la Libia si trasformi nel principale hub logistico e addestrativo per i movimenti terroristici regionali.
Nello stesso modo, è plausibile l’ipotesi secondo la quale, in caso di un massiccio aumento della propaganda del Califfato di Bayda, molti combattenti stranieri, inclusi europei, possano decidere di andare a combattere il jihad in Tripolitania e Cirenaica.
Ovviamente, tale ipotesi è strettamente legata a quello che sarà il ruolo che la Comunità Internazionale deciderà di assumere.
Infatti, qualora la Comunità internazionale decidesse di avviare una missione di stabilizzazione e riuscisse a patrocinare la formazione del GUN, il proselitismo salafita avrebbe molte argomentazioni retoriche per incrementare il proprio bacino di reclutamento.
Sarebbe semplice per i movimenti jihadisti indicare il nuovo governo come corrotto, anti-islamico ed espressione degli interessi occidentali, nonché additare l’eventuale presenza di soldati occidentali in Libia come occupazione da parte di infedeli del suolo islamico.
Forti di questa retorica, sia lo Stato Islamico che Ansar al-Sharia otrebbero invocare il jihad, attirando miliziani da tutto il Maghreb e stimolando la radicalizzazione di potenziali soggetti vulnerabili europei.
Diverso è il discorso legato ai traffici illegali, il cui controllo costituisce la primaria fonte di finanziamento per le milizie libiche, indipendentemente dalla propria appartenenza politica o dal proprio orientamento ideologico.
In questo senso, la Libia rappresenta il punto di transito finale per i traffici di droga ed esseri umani diretti verso l’Europa e il più grande mercato di approvvigionamento per il traffico di armi nell’Africa boreale.
Il traffico di esseri umani che dall’Africa arriva in Europa segue due direttici principali, una dall’Africa Occidentale e l’altra lungo l’Africa Orientale. Per quanto riguarda l’Africa Occidentale, i punti di raccolta sono Agadez, in Niger, e Gao, in Mali.
Da queste due città partono due rotte distinte: quella di Tamanrasset, in Algeria, per la Spagna, e quella di Sebha, in Libia, per l’Italia.
Una volta giunti a Sebha, i migranti si dirigono verso le città costiere occidentali del nord, in particolare Tripoli.
Questa rotta viene gestita sostanzialmente da tre gruppi di milizie: quelle tuareg da Agadez fino a Sebha, i Warfallah nella zona centro-settentrionale fino alle porte di Tripoli, e la milizia di Zintan dai sobborghi della capitale fino alla consegna finale agli scafisti.
Per quanto riguarda l’Africa orientale, la tratta di esseri umani, che parte soprattutto dall’Eritrea, dalla Somalia e dalla Repubblica centrafricana, attraversa il Sudan per poi biforcarsi in direzione di Egitto, per giungere in Israele, e Libia, per andare in Europa.
Una volta entrati in Libia, i punti di passaggio obbligati sono Kufra e, successivamente, Agedabia. I terminali di partenza per il viaggio in mare sono Bengasi e Derna.
La rotta orientale è gestita dai Toubou, nel tratto compreso tra le montagne Tibesti e Kufra, e dalle milizie jihadiste nella rotta su Agedabia e Bengasi-Derna.
Pertanto è la rotta orientale quella più redditizia per Ansaral-Sharia e per il Califfato di Bayda.
Per quanto riguarda il traffico di droga, l’anarchia politica ha fatto in modo che la Libia si trasformasse in uno dei principali Paesi di transito per la cannabis proveniente dal Marocco, eroina, metamfetamine e cocaina, provenienti dai porti dell’Africa Occidentale. Il mercato di destinazione è essenzialmente quello europeo.
Una volta in Libia, il traffico di droga segue le stesse direttrici del traffico di esseri umani ed è gestito, conseguentemente, dalle stesse milizie.
Marco Di Liddo
(Ce.S.I.)
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