Per saperne di più sulla crisi libica/ 1 – Di Antonio de Felice
La situazione attuale, la questione militare e lo stato previsionale
Dopo un breve silenzio dovuto ai
troppi impegni che hanno tenuto occupato il nostro esperto in
problemi Nordafricani e Mediorientali, ecco nuovamente delle
corrispondenze che ci ha inviato per fare il quadro della
situazione in un momento assai delicato per il nostro
Mediterraneo.
E tra oggi e domani che, al termine dei colloqui Italia-Tunisia,
potrebbe essere deciso il comportamento del nostro Paese nei
confronti delle migliaia di immigrati che continuano a raggiungere
le nostre coste.
La prima corrispondenza è volta a illustrare la situazione attuale
e ad azzardare una prima analisi previsionale
1- LA SITUAZIONE ATTUALE
La recente decisione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU di creare
la «no-fly zone» operativa su tutto lo spazio aereo della Libia, si
offre alle seguenti valutazioni.
L'attuale situazione è caratterizzata dall'offensiva degli ultimi
giorni delle forze pro-Gheddafi (regolari più mercenari,
principalmente africani) a Est del Paese (Golfo della Sirte, pozzi
petroliferi) dopo la riconquista - anche se sempre incerta - dei
territori ad Ovest di Tripoli (Zawiyah).
I ribelli si sono asserragliati all'interno dei nuclei urbani già
sotto loro controllo (Misurata), per una resistenza affidata ad
azioni di guerriglia, oppure dispiegati ai confini della Cirenaica
(Abidija), dopo la perdita di Ras Lanouf.
Le milizie pro-Ghedafi sono prevalentemente composte di irregolari,
preferibilmente senza uniforme, appoggiata da qualche mezzo di
trasporto truppe (vengono usate principalmente autovetture civili),
da poche autoblindo e da una sparuta artiglieria.
La maggior parte degli armamenti (compresa l'arma aerea e navale)
non sono in effetti più funzionanti per mancata manutenzione dopo
il lungo embargo che ha colpito il Paese.
La decisione dell'ONU è un indiscutibile successo diplomatico della
Francia, riuscita ad associare alle proprie tesi interventiste
prima il Regno Unito e poi gli USA, sino ad ora restii a un nuovo
gravoso impegno internazionale dopo l'Iraq e l'Afghanistan.
Il probabile sviluppo dell'intervento dovrebbe quindi logicamente
vedere la partecipazione diretta della Francia, della Gran Bretagna
e degli USA, nonché di pochi altri Paesi dichiaratisi favorevoli a
un intervento diretto (tra cui il Canada e il Belgio, ma anche
qualche Paese arabo tra cui l'Egitto ed il Qatar).
La forma di tale intervento escluderebbe (a esplicita richiesta
della risoluzione ONU) un intervento via terra, con relativo corpo
di spedizione.
Sono però altamente probabili azioni via mare e via aria contro le
forze filo-governative dirette a una loro distruzione, ovvero
qualcosa che va ben oltre una tradizionale interdizione
dei cieli nazionali libici.
Sono quindi ipotizzabili nei prossimi giorni azioni contro le
infrastrutture aeree, i pochi aeromobili (aerei ed elicotteri)
militari ancora operativi e le postazioni della contraerea fissa e
mobile, ma anche contro i movimenti di truppe, di blindati e
dell'artiglieria.
Da segnalarsi le indiscrezioni circa la partenza in zona operazioni
della portaerei francese Charles de Gaulle, prevista tra ieri e
oggi.
2- LA SITUAZIONE MILITARE
La decisione del Consiglio di Sicurezza costituisce un probabile
«punto di non ritorno» per la situazione in Libia, in grado di
spostare definitivamente i termini della disputa dall'attuale
livello di scontro militare a una gestione
politica della crisi ormai internazionale.
Il regime libico è rimasto pressoché isolato, con pochi e
insignificanti sostegni sudamericani (tra cui Cuba, il Nicaragua e
il Venezuela) e africani (Paesi sub-sahariani, ampiamente
alimentati in passato dai sussidi del Rais nel contesto della sua
megalomane politica continentale).
Le Forze Armate del regime (oggi quantificabili per eccesso in non
più di 8-10.000 uomini) sono appena sufficienti a respingere le
disorganizzate e poco armate bande di rivoltosi.
Al momento sono riuscite parzialmente a riprendere il controllo del
terreno perduto, ma sono ferme sulla soglia della Cirenaica.
Incapaci di fronteggiarle, gli insorti hanno sinora opposto alla
loro avanzata solo strategie di guerriglia urbana o azioni «mordi e
fuggi».
Come già detto, la «no-fly zone» non potrà limitarsi ad una
semplice interdizione di volo - e nemmeno a una distruzione
preventiva dei mezzi aeronavali - ma tenterà probabilmente a
neutralizzare anche i mezzi terrestri in uso a regolari e mercenari
pro-Gheddafi.
Una guerra la si vince per terra e non per mare o per cielo.
La cosa tuttavia comporta non poche difficoltà dato che è difficile
distinguere dall'alto l'appartenenza dei due schieramenti, entrambi
composti essenzialmente da irregolari in vesti civili.
È assai probabile che la strategia occidentale preveda la
possibilità di armare il fronte ribelle, o direttamente con un
ponte aereo a Bengasi e/o Tobruk, oppure tramite il confine
egiziano di Salloum con il coinvolgimento dell'Esercito
egiziano.
3. POSSIBILI SVILUPPI PREVISIONALI
L'evoluzione probabile della situazione contempla due possibili
scenari :
A) Scenario «iracheno» (precedente storico costituito dalla tutela
dei territori kurdi nell'Iraq di Saddam), con la «santuarizzazione»
della Cirenaica e il conseguente riconoscimento - de facto o de
jure - da parte della Comunità internazionale del Consiglio
Nazionale di Transizione di Bengasi e il relativo isolamento
politico ed economico del regime di Gheddafi in Tripolitania.
Tale evoluzione sottintende l'impossibilità da parte di entrambi
gli schieramenti di prevalere militarmente l'uno sull'altro e
preluderebbe a una possibile partizione del Paese, istanza al
momento non richiesta da alcun contendente.
Si tratta comunque di un'ipotesi foriera di gravi minacce alla
stabilità dell'area. Infatti, qualora la Cirenaica dovesse
sprofondare in modo duraturo in preda a disordini interni e cronici
disagi economici, incomberebbe sul Paese lo spettro della Somalia
dove, nel vuoto di potere e progettualità politica e ideale,
l'unica forza organizzata in grado di proporsi ad un popolo
disorientato risultò poi essere il movimento islamico integralista
degli «shabeb».
Un primo segnale, ancora di non facile lettura, è giunto con il
recente arrembaggio nel Mediterraneo del tanker «Anwaar Afriqiyah»,
battente bandiera libica, che trasportava 23.880 tonnellate di
greggio, condotto poi dai pirati nel porto di Tobruk
Non è ancora chiaro però il contesto dell'episodio: atto di mera
pirateria o mirata azione bellica di finanziamento?
b) Distruzione più o meno rapida delle forze militari
filo-governative e conseguente sopravvento dello schieramento
ribelle sui rivali, con successivo collasso violento del regime,
sbocco eventualmente agevolato da defezioni o tradimenti
nell'esercito.
L'assenza di un'alternativa politica credibile (in quanto non
compromessa con l'attuale regime imperante da 41 anni),
l'inasprimento di combattimenti sempre più sanguinosi con relative
vittime, ma anche l'isolamento internazionale e il fanatismo
megalomane manifestato sinora dal rais rendono assai più probabile
questa seconda ipotesi, vanificando la possibilità di una riforma
evolutiva del regime.
AdF
Commenti (0 inviato)
Invia il tuo commento