Dal nord al sud, via mare, seconda parte – Di Luciana Grillo
Dalle bianche scogliere di Dover ai «Racconti di Canterbury», da Le Havre a Mont Saint Michel
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Le bianche scogliere di Dover sono davvero bianche, di un bianco abbagliante. Si stagliano tra l’azzurro intenso del cielo e del mare.
Sono visibili da lontano, rappresentano il biglietto da visita del Regno Unito per chi arriva dal mare.
La costiera francese è a un tiro di schioppo, poco più di 30 chilometri.
Il porto è molto utilizzato da traghetti, portacontainers e navi, da crociera e non.
Di origini antiche, fu considerato un approdo strategico anche dai Romani, che ci arrivarono nel 43 dopo Cristo e che hanno lasciato tracce imponenti, come il faro, la casa con l’affresco di Bacco, reperti di terme e mercati.
Il centro di Canterbury.
Dover è sovrastata da un imponente castello del XII secolo che si vede in tutta la sua maestosità anche dal mare.
All’interno sorprendono tunnel e gallerie utilizzati nella seconda guerra mondiale.
La nostra escursione prevede un breve viaggio in pullman a Canterbury, cittadina affascinante del Kent, circondata da mura, che ha il sapore del Medioevo e ricorda i Romani che nel 43 dopo Cristo la chiamarono «Durovernum»: strade piuttosto strette, canali che la fanno assomigliare a una piccola Venezia, porte robuste da attraversare prima di arrivare al prato che circonda la splendida cattedrale in cui si trova la tomba di Thomas Beckett che lì fu martirizzato.
La cattedrale di Canterbury.
Canterbury fu evangelizzata dal monaco Agostino, spedito lassù dal Papa Gregorio Magno.
Dal 1988 questo piccolo centro che ospita circa 50.000 abitanti fa parte del Patrimonio dell’Umanità.
Ma torniamo alla Cattedrale che abbiamo visitato in tranquillità, dal momento che la guida Simon, un po’ superficiale e distratto, ci aveva dato delle informazioni all’esterno: la prima impressione che ho memorizzato è l’altezza delle volte, l’ampiezza delle navate e la luminosità delle vetrate, alcune originali.
So che è stata ricostruita più volte, dopo incendi devastanti, battaglie e bombardamenti; è stata macchiata dal sangue del cardinale Beckett, ucciso da sicari del re nel 1170; è stata meta di imponenti pellegrinaggi diretti alla tomba di Beckett, il cui sangue ha dato vita a vari miracoli; a Canterbury sono ambientati anche i celebri racconti di Chauser – trasformati in film da Pasolini – e il dramma «Assassinio nella cattedrale» di Eliot.
Interni della Cattedrale di Canterbury.
Sarà perché sono entrata pensando all’omicidio del cardinale che mi sembrava di veder spuntare, dietro le colonne, gli assassini. È così vasta da diventare dispersiva.
Il ritorno a bordo è il ritorno a casa: niente file per salire sulla nave, tranquilli controlli di routine, cabina in ordine, doccia e cena.
Il maître Dennis è molto in ansia per la mia salute, prima ascolta le mie scelte dal menu, poi ne parla con uno chef, torna per chiedermi se il prezzemolo o la cipolla mi fanno male, infine mi serve direttamente. E poi aspetta che con lo sguardo io lo rassicuri.
Queste attenzioni mi fanno stare bene.
Veduta di Le Havre.
Al quinto giorno di navigazione, sbarchiamo a Le Havre per salire sul pullman che dopo un viaggio abbastanza lungo (2 ore1/2) ci lascia a Mont Saint Michel, in uno dei tanti parcheggi circondati da siepi.
Bisogna attendere lo shuttle (no, la navetta!) per varcare il ponte: pioggia, vento forte, nebbia rendono affascinante e un po’ sinistro il panorama… nel grigio spunta una guglia in alto, lontano.
La navetta ci lascia a metà del ponte che unisce l’isolotto roccioso alla terraferma; nello scendere dobbiamo affrontare il maltempo, cerchiamo tutti di attaccarci al corrimano per non farci spostare dal vento.
Intanto, nell’impossibilità di ripararci sotto un ombrello (ne vedo volare alcuni sulla mia testa), sentiamo i pantaloni fradici di acqua attaccati alle gambe.
Mont Saint Michel.
È emozionante, concluso il passaggio sul ponte, camminare nel fango e raggiungere finalmente la terra: di giorno è tutto un susseguirsi di negozi: souvenir e bistrot, bistrot e souvenir.
I circa 50 abitanti si dedicano ai turisti, e forse non vedono l’ora che cominci a salire la marea (che può raggiungere anche i 12 metri) per liberarsi della gente e sentirsi finalmente soli.
Dicono che il Mont ridiventi isola in poco più di un’ora, se non si va via in fretta, si rimane bloccati; non c’è alcuna possibilità di ritornare in continente.
È vietato attraversare la baia – di solito lo si fa a piedi nudi – senza una guida.
Saliamo, saliamo sempre più in alto mentre la pioggia diventa meno forte.
L’abbazia benedettina ci accoglie, in un clima di silenzio e concentrazione: edificata nel Medioevo, per volontà del vescovo Aubert, dopo tre apparizioni dell’Arcangelo Michel, domina un paesaggio incredibile a 360°.
Mont Saint Michel.
All’interno, conserva il suo sapore medioevale: cappelle, ampie navate, colonne che sembrano toccare il cielo, chiostri, refettorio lungo e luminoso. In una piccola cappella, un ragazzo e una ragazza cantano, quasi nascosti in un angolo.
È un momento molto suggestivo, il canto è una preghiera. Mi viene in mente Il nome della rosa.
All’esterno, il percorso è obbligato, tra cespugli verdi e gabbiani prepotenti che sembrano mettersi in posa davanti a telecamere, macchine fotografiche e smartphone.
Via via che si scende e si guarda in su, ci si rende conto dell’imponenza di questa abbazia che è un tutt’uno con la roccia.
Le scale e le viuzze sono affollate, il silenzio è un ricordo, si va verso il ponte, la navetta, il pullman, il lungo viaggio e infine la nave.
Arriviamo tutti piuttosto umidi, una doccia calda è necessaria.
Domani, giorno di navigazione. Riposo!
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