Viaggio al tetto del mondo: la Norvegia/ 2 – Di Luciana Grillo
Nel verde fitto si vedono qua e là le casette rosse dei pescatori che si dedicano anche all’essiccazione dello stoccafisso, la cui parte migliore viene esportata in Italia
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Tappa interessante alle isole Lofoten: la nave arriva con due ore di ritardo per nebbia; tutte le escursioni previste slittano. Noi invece che alle 8.15 sbarchiamo alle 12.15.
La nave resta in rada, noi ci spostiamo sulle scialuppe, dunque i tempi si allungano…
Ma l’arcipelago è incantevole, i ponti e i tunnel sottomarini che collegano le isole ci portano con facilità da est a ovest, tra anfratti scogliosi, mare turchino, vegetazione rigogliosa.
Siamo a nord del Circolo polare artico, ma il clima – mitigato dalla corrente del golfo – è tiepido.
Con noi in bus c’è come guida un ragazzo polacco che pur avendo trascorso due anni di studio a Napoli, non parla un italiano accettabile. Si chiama Kuba. Una addetta al Tour office fa da interprete.
La popolazione è poca, il comune di Leknes è stato designato città nel 2002, conta 3.500 abitanti.
Nel verde fitto si vedono qua e là le casette rosse dei pescatori che si dedicano anche all’essiccazione dello stoccafisso.
In realtà, ora le pittoresche abitazioni sono state trasformate in b&b o case vacanza, questo uso rende molto di più ai proprietari.
Mentre la nostra aiuto-guida parla della barriera corallina più profonda del mondo, del corallo bianco che la abita, delle spiagge pulite con regolarità e delle acque cristalline, un odore persistente di pesce ci accompagna: da febbraio a giugno si essicca all’aperto lo stoccafisso che praticamente non ha scadenza. Si dice che si possa conservare anche per dieci anni.
Una volta pescato, il pesce viene decapitato perché le teste essiccate si vendono ai Paesi poveri; i corpi ai Paesi ricchi.
L’Italia è un ottimo cliente di corpi, e anche di salmoni, merluzzi, trote, sgombri e aringhe.
Dal bus vediamo a perdita d’occhio degli «stenditoi» ai quali invece dei panni sono appesi gli stoccafissi che si dondolano pigramente.
Visitiamo la Casa Museo del pescatore e il Museo dello stoccafisso, tutto molto turistico… Chi avrebbe dovuto spiegarci come si fa lo stoccafisso, pensando agli italiani da barzelletta, fa battute inutili sulle ragazze italiane, sui suoi studi a Perugia e a Genova. Pensa di essere simpatico, alcuni di noi sorridono.
Il pranzo in una trattoria sul mare è un buffet europeo, con pasta e riso.
Tralascio entrambi, preferisco il salmone, un trancio di baccalà e del salame scuro (di balena, di renna o di alce?).
La guida, trascorse le sue ore di lavoro, ci saluta. L’aiuto-guida decide di farci trascorrere in un microscopico villaggio, con le solite casette rosse, un’ora in cui, dopo aver scrupolosamente visitato un negozietto e usufruito dei bagni, girovaghiamo senza meta.
Io mi innervosisco.
Penso che in teatro è previsto uno spettacolo di flamenco che noi perderemo…
Capita che dopo una sosta in un porto, per raggiungere la tappa successiva, ci sia un giorno di navigazione.
Mi piace sbarcare e scoprire nuovi mondi, ma mi piace anche non avere niente da fare, leggere i miei amati libri, realizzare un segnalibro e scambiare due parole con l’istruttrice de laboratorio di creatività, ascoltare musica, sorseggiare l’aperitivo guardando la scia che lasciamo.
Mi attende Capo Nord, preparo con cura gli strati di lana da indossare, le mie solite crocs colorate, il poncho di lana nel caso che senta freddo.
Si scende nel porto di Honningsvag, in bus in quaranta minuti si arriva sul tetto del mondo.
Lungo il percorso si vedono capre e renne, tornanti ben sagomati e pendenze notevoli.
Una volta a terra, vado a guardare il panorama: non c’è nebbia, verde della vegetazione e grigio azzurro del mare si fondono.
Il prato è un po’ scolorito, ma spuntano dei fiorellini rosa.
Guardo laggiù, penso che non potrò andare mai più in alto, come quando a Capo Horn mi sono sentita proprio alla fine del mondo.
Due sono gli elementi che invitano tutti a scattare foto: un cerchio delimitato da sette pietre rotonde scolpite da ragazzi che provengono da Paesi lontani e vogliono diffondere un messaggio di pace e il globo per avvicinarsi al quale bisogna mettersi in fila.
C’è anche un fabbricato moderno, grande ma non invasivo, che ospita bar, ristorante, negozi di souvenir (carissimi), un piccolo museo e una graziosa cappella.
Intanto, sale la nebbia e penso, con un po’ di cinismo, che chi salirà più tardi avrà ben poco da vedere.
Nel pomeriggio, passeggiata in paese: Honningsvag è il punto di partenza per Capo Nord. Qui approdano i «postali», le navi da crociera e i turisti che arrivano in aereo o in auto. Prima si viveva di pesca, ora nella stagione estiva la popolazione raggiunge i 3.000 abitanti grazie ai lavoratori provenienti da altri luoghi.
È una cittadina moderna, completamente ricostruita dopo la seconda guerra mondiale. I bombardamenti hanno risparmiato soltanto la chiesa ottocentesca, chiusa.
Si parla di insediamenti preistorici, ma non ne vedo traccia.
La prima tappa della passeggiata mi porta in una bella farmacia, uguale alle nostre, che espone prodotti cosmetici, creme solari e giochi per bambini.
Ho bisogno di un farmaco che ho dimenticato a casa. Porto con me la ricetta inviatami dal mio medico di base e stampata sulla nave. Non è un oppiaceo o altro farmaco pericoloso…
Consegno anche la tessera sanitaria. La farmacista prende la scatoletta, si siede davanti al computer e per almeno venti minuti scrive, legge, mi guarda, riscrive, rilegge, infine stampa un’etichetta adesiva che incolla sulla scatola.
Mi consegna il tutto, pago (uso sempre la carta di credito perché i norvegesi non accettano pagamenti se non in corone norvegesi).
Luciana Grillo. Nodekspedisjon. Use as before as told by the doctor.
Finalmente, libera da questo pensiero, cerco di comprare qualcosa da portare a casa. Immancabili i pacchi di salmone affumicato, il salame di balena, di renna e di alce.
Niente souvenir, neanche un magnete. Sono cinesi e carissimi.
Torno in nave, trovo in cabina dei deliziosi cioccolatini, mi consolo così e mi preparo per la prossima escursione a Tromso, che ha per me un valore aggiunto: di questa città, prima capitale della Norvegia, mi parlò a lungo mio figlio Aurelio che proprio lì era stato invitato ad un festival cinematografico e aveva ricevuto un premio.
Luciana Grillo – [email protected]
Commenti (1 inviato)
Con i tuoi "racconti di viaggio" mi sembra di rivivere le tue emozioni .
Grazie di cuore
Un abbraccio a te e a Piero
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