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Il mio Madagascar/ 2 – Di Luciana Grillo

Un paese dove un uomo con almeno uno zebù può «comprare» una moglie…

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Seconda tappa, Diego Suarez, una città di 200.000 abitanti, caotica e povera, con i soliti ricordi coloniali fatti di palazzi ormai fatiscenti.
La raggiungiamo su un bus in cui l’aria condizionata è un… sogno! La via principale è Rue Colbert, su cui si affacciano botteghe artigiane, qualcuna offre oggetti interessanti, non troppo turistici, ma legati alle tradizioni del territorio, come bracciali di pelle di serpente che si arrotolano sul braccio e si chiudono con una testa di serpente.
Ci sono anche ceramiche, maschere di legno, strumenti musicali come il «wailla», una canna di bambù tutta decorata all’esterno e percorsa da corde.
 
È domenica, il mercato è chiuso, per strada c’è poca gente.
La guida è un ragazzo dinamico e allegro, si chiama Feisal e ci racconta la vita della sua gente, l’abitudine a consumare più volte al giorno il riso e a bere acqua e latte di riso, la capacità di vivere senza pretendere nulla, la sottile «leggerezza» che aiuta ad affrontare quotidiane difficoltà ricordando che «non aspettiamo di essere felici per ridere, ma ridiamo per esserlo».
 

 
Chi vive in città va a scuola, il 15% degli studenti va all’Università, ma solo l’1% si laurea.
Feisal, come Coretta, ha imparato l’italiano leggendo libri e giornali abbandonati negli alberghi dai turisti; un’insegnante italiana, arrivata in vacanza, colpita dal desiderio di conoscere la lingua italiana, una volta tornata a casa, ha spedito grammatiche, eserciziari, libri.
E su questi Feisal e altri suoi colleghi hanno studiato, da soli.
 
L’italiano di Feisal è curato, preciso, usa parole appropriate e non sempre di uso comune per descrivere le piante che incontriamo, i frutti, gli animali.
A proposito dello zebù, assai utilizzato dalla popolazione, ci dice che viene chiamato «Banca locale» per il suo valore.
Un uomo con almeno uno zebù può «comprare» una moglie…
 
I panorami sulla baia sono incantevoli; la Montaigne francaise è ricca di baobab (e subito qualcuno evoca Celentano e intona Azzurro), piante così alte e maestose che dominano un territorio arido e scosceso.
Feisal dice che con il decotto di baobab si cura il diabete.
Lungo il pendio ci accompagnano suggestive stazioni di una Via Crucis.  
 

 
Dopo aver percorso una strada disastrata, asfaltata secoli fa e piena di buche profonde, arriviamo al villaggio di Meva Plage, un insediamento turistico con villette e spiaggia sulla laguna.
Ci offrono succhi di frutta e una vasta scelta di frutti tropicali, soprattutto le piccole banane dolci e gustose.
Gli occhi di una bambina che mi osserva mentre ne sbuccio una mi bloccano: la divido con lei e vado a prenderne altre per i suoi piccoli amici.
 
Feisal dice che i malgasci sono poveri, ma hanno sempre il necessario per vivere. Io penso di no…chi produce le banane, le vende. Altrimenti la bimba non avrebbe avuto quello sguardo.
Prometto a Feisal che, arrivata in Italia, farò qualcosa per loro. Ancora non so cosa, ma non li dimenticherò.
Feisal ci dice con dolore che, dopo la sosta di oggi, le navi da crociera Costa non arriveranno più qui, perché quella che l’anno prossimo toccherà i Madagascar sarà troppo grande per un piccolo porto. Altre attraccheranno, di compagnie diverse.
 
Per salutarci mentre ci stacchiamo lentamente dal molo, tutta la banchina si è riempita di gente; il lungo cassone di un camion ospita musicisti e cantanti: tutti cantano e ballano, agitano fazzoletti, ci guardano andare via forse come una volta si guardava la partenza dei nostri emigranti verso le Americhe… in alto, su una terrazza panoramica, centinaia di persone guardano la nave che salpa e i loro concittadini arrivati fin sul molo.
Spero di tornare qui, con una nave carica di… benessere per una popolazione dolce, rassegnata ad essere sfruttata.

Luciana Grillo – [email protected]
(Puntata precedente)


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