Sistema elettorale, occorre far presto – Il confronto tra Franco Bassanini e Giulio Tremonti
Divergenze sulle strade da percorrere. «Bozza Chiti» per il vicepresidente di Forza Italia, «ritorno alla legge Mattarella o guardare all'Europa» per l'ex ministro
Una cosa è emersa con forza dal
confronto tra Franco Bassanini e Giulio Tremonti sul tema del
sistema elettorale: la riforma è urgente, urgentissima. Riuscire a
portarla a casa sarà difficile, difficilissimo. Non si sono certo
nascosti i due intelocutori - l'uno ex ministro per la funzione
pubblica, l'altro ex ministro dell'economia e vicepresidente di
Forza Italia - nel dialogo del Festival dell'Economia introdotto
da Massimo Bordignon (suo un vero e proprio viaggio nella storia
dei sistemi elettorali che hanno contrassegnato l'Italia dal
dopoguerra ad oggi, con 50 governi in 44 anni, durata media dieci
mesi) e presentato da Aldo Carboni.
«Sistema elettorale tra governabilità e rappresentanza» il titolo,
subito messo a dura prova quando Bordignon si è chiesto se uno dei
problemi italiani non risieda proprio in un «eccesso di
rappresentanza».
Con forza è emerso che ricette facili non esistono e che lo stallo
prodotto dalla legge Calderoni deve comunque trovare uno
sbocco.
«Ma se è una porcata, come oggi si sente ripetere - ha detto
Carbone - perché entrambi gli schieramenti politici l'hanno a suo
tempo adottata?»
Su quale debba essere questo sbocco divergono Bassanini e Tremonti.
In sintonia invece nel lanciare un allarme che suona davvero
forte.
Dice Bassanini: «Dobbiamo provare a cambiare il sistema, ci si deve
provare. Anche perché una democrazia che non funziona porta in sé i
germi della distruzione».
Dice Tremonti: «Attenzione: sempre più sento discorsi sui limiti
della democrazia e sui vantaggi dei governi tecnici. Io so che la
democrazia è piena di difetti, ma non conosco niente di
meglio».
Sulla riforma elettorale, Tremonti avverte: siamo davanti ad una
questione complessa, non riducibile a formule dogmatiche. E
aggiunge «Non credo all'import export dei modelli. Il sistema
elettorale inglese non ha senso senza la storia degli inglesi,
quello francese non ha senso senza considerare cosa è il presidente
in quel Paese. Io trovo praticabile la proposta contenuta nella
bozza Chiti, laddove coglie ad esempio la positività del sistema
proporzionale. Certo, ci sono limiti evidenti, come le
circoscrizioni elettorali troppo grandi. Ma è di gran lunga
preferibile a quel che potrebbe succedere con il referendum, per il
quale è legittima la domanda: si tratta di una chiave o di un
grimaldello? Il referendum prefigura una grande lista con più
partiti, ma non mette al riparo dalla nascita di "partiti canaglia"
capaci poi di veti incrociati e di ricatti. Sì, io credo nella
bozza che si inizia a discutere al Senato».
Anche Bassanini non ha nascosto le sue perplessità sul referendum.
«L'attuale sistema elettorale costringe a formare coalizioni
omnibus che non reggono alla prova dei fatti e si frantumano, è un
sistema che non spinge all'omogeneità e che favorisce la nascita di
partiti personali. L'elettore mette il timbro su scelte fatte dai
partiti con le grandi liste. Ma cosa cambia con il referendum? Ha
effetti su cose minime, dalla piccola soglia di sbarramento al
fatto di non avere candidature esportabili in tutta Italia, ma per
il resto avremo solo due listoni preconfezionati».
Ma seTremonti ha appunto indicato nella bozza Chiti un punto
comunque buono per ripartire, Bassanini ha fatto invece capire di
preferire semmai la cosiddetta bozza Calderoli, con un ritorno alla
legge Mattarella, abrogando l'attuale.
«Una soluzione provvisoria, ma che permetta almeno di ripartire da
un punto migliore». Subito dopo, però, Bassanini ha invitato a
guardare in giro per l'Europa, andando ad ispirarsi a quei sistemi
elettorali - Francia, Germania e Spagna - dai quali prendere utili
indicazioni.
«La politica - ha replicato Tremonti - è l'arte del possibile e
dunque dobbiamo avere chiaro che l'Europa va oggi nella direzione
di esprimere comunque voto contro chi governa, chiunque esso sia.
Per questo su un tema così delicato la grande coalizione mi sembra
l'indicazione giusta. Non si cambia la realtà con una legge, ci
deve essere dialettica».
Nella speranza, questa volta condivisa, che la strada sia quella di
una legge elettorale che garantisca rappresentanza, governabilità,
selezione della classe dirigente, premio o punizione per chi
governa.
Ovvero «tutto quello che adesso non c'è in Italia».
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