«Pagare le tasse è bello, ma solo se ridotte e se le pagano tutti»
Equilibrio fiscale ed equità sociale: confronto a Palazzo Calepini Il peso del debito pubblico e di una spesa inefficiente ipotecano il successo della politica di riduzione del carico fiscale
Pagare le tasse è bello - come ebbe
a dire Padoa Schioppa - ma solo se in misura ridotta rispetto al
carico attuale e, soprattutto, se a pagarle sono tutti. Convinzione
bipartisan quella uscita stamane dal dibattito su equilibrio
fiscale ed equità sociale - confronto promosso dal Gruppo Giovani
imprenditori artigiani del Trentino e al quale è purtroppo mancata
la voce dei ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, trattenuti
a Roma al Consiglio dei ministri - ospitato presso Palazzo
Calepini.
Con una sottile differenza di accento. Se, infatti, per Giorgio
Tonini (PD) si tratta di «pagare meno e pagare tutti», per
Raffaello Vignali (PDL), vicepresidente della Commissione attività
produttive della Camera dei Deputati, la questione è invece «pagare
meno per pagare tutti». Ecco dunque che il nodo del problema
diventa quello di «come» ridurre le tasse ed a favore di chi, di
come finanziare il taglio del carico fiscale per imprese e
cittadini senza mandare all'aria lo stato sociale. Equilibrio
fiscale deve fare rima con equità sociale, cosa sulla quale tutti
sono d'accordo, ma non sempre in Italia si riesce a realizzare le
cose sulle quali si è d'accordo.
Per Stefano Saglia (Commissione lavoro Camera dei Deputati) senza
crescita e senza sviluppo non è pensabile tagliare le tasse. Ma il
vero collo di bottiglia è rappresentato dai conti dello Stato.
«Il nostro PIL procapite è di 9 punti inferiore alla media europea
e il 5 % del PIL è assorbito dal debito pubblico. Con questi dati è
impossibile fare una riforma fiscale vera. Occorre aggredire le
questioni e dire ai cittadini che dobbiamo fare sacrifici. E la
questione da aggredire è appunto quella della spesa sociale.
«Alcuni dati. - prosegue Saglia. - Per l'istruzione l'UE spende il
15 % del PIL, l'Italia il 4 %, per le politiche attive del lavoro
(altro pilastro della strategia di Lisbona) spendiamo lo 0,4 % del
PIL contro l'1,5 % dell'UE, per la sanità il 1,5 % rispetto all'1 %
dell'UE, per le pensioni il 14,2 % rispetto al 9,8 % dell'UE a
15.
«Stiamo mantenendo un sistema welfare totalmente sbilanciato -
afferma Saglia - servono riforme radicali, non facili da fare,
dobbiamo avere il coraggio di dire quali sono i settori sui quali
dobbiamo aggredire la spesa. L'accorpamento degli enti
previdenziali, ad esempio, con la creazione di un Super Inps,
porterebbe da solo ad un risparmio di 3 miliardi di euro.»
«In Italia - ha risposto il senatore Tonini - c'è oggi un conflitto
fiscale, la società italiana tutta è oggi in una situazione di
inquietudine fiscale perché ha l'impressione di pagare tanto e
ricevere poco. Il sistema pubblico costa tanto e rende poco, sia in
termini di qualità dei servizi sia in termini di giustizia sociale.
Negli ultimi 15 anni le disuguaglianze sono aumentate e lo Stato
sociale è neutro rispetto alle disuguaglianze, c'è una cattiva
qualità della spesa sociale. La spesa dunque è tanta ma funzione
male, e ciò dipende dal peso del debito sulla spesa,
dall'inefficienza e dalle mancate riforme e dall'evasione fiscale.
Tre dati che ci dicono cosa fare: ridurre il debito risparmiando
qualcosa ogni anno, e su questo dev'esserci un accordo di
solidarietà nazionale, più rapidamente si rientra e prima liberiamo
risorse. Sulla spesa: spendere meglio, spendere meno, cosa che si
fa anche con le riforme ma soprattutto attraverso un lavoro
continuo di misurazione della qualità della spesa. Tutti i risparmi
che ci consentono di azzerare il deficit devono venire da risparmi
sulla spesa, ma non quella sociale. Occorre poi accentuare la lotta
all'evasione fiscale, e il ricavato di ciò vada a vantaggio della
riduzione del carico fiscale. Vogliamo spingere la maggioranza a
fare non ciò che è più popolare ma ciò che veramente serve al
paese.»
Critica sulle prime misure adottate dal governo in merito di
detassazione degli straordinari e dell'abolizione dell'ICI Maria
Cecilia Guerra, docente di Scienze delle finanze all'Università di
Modena, che ha rotto un po' il clima bipartisan mettendo sul piatto
la profonda diversità di opinioni esistente nel nostro paese sulla
questione fiscale: chi pensa che la distribuzione della ricchezza
determinata dal mercato sia equa e che il welfare debba limitarsi
ad assistere solo chi è veramente marginale, e chi pensa invece che
il mercato non sia in grado di realizzare l'equità sociale e che la
libertà di scelta deve essere garantita a tutti attraverso
l'accesso alla vita politica, alla salute, alla casa. E' un'idea di
Stato dove fisco e libertà vanno assieme e che rimanda alla
coesione sociale, non alla contrapposizione tra cittadini e
istituzioni.
«Affinché la tassazione sia equa - questa la sua conclusione - essa
deve rispondere a un principio: ciascuno paghi secondo la propria
capacità contributiva, altrimenti, senza rispetto di questo
principio, si determina una delegittimazione del fisco.»
Per Raffaello Vignali, vicepresidente della Commissione attività
produttive, la variabile indipendente non è tanto il fisco, ma la
situazione economica del paese e delle imprese.
«Alcuni settori vanno molto male. Beni per la casa, alimentare,
tessile, abbigliamento, commercio al dettaglio, servizi turistici,
e sono settori che segnalano che c'è una fatica delle famiglie.
Altre imprese vanno molto bene: il 2007 ha segnato una crescita
dell'8% dell'export, il 4% delle imprese italiane si sono
internazionalizzate, è aumentato dell'1,5% il numero degli addetti
nelle piccole imprese. L'inflazione è stata del 20% negli ultimi
dieci anni, ma è aumentata di oltre il 40% nel settore delle
utilities. La Pubblica Amministrazione costa molto (il 60% del
costo della sanità è dato dal personale) e spende male. Sulla
scuola siamo il terzo paese del mondo come spesa pro capite e vi
sono sacche di inefficienza. I bidelli, ad esempio: sono il 50 % in
più del sistema scolastico tedesco, che ha una popolazione
scolastica doppia di quella italiana. Che ci fanno i bidelli nella
scuola? Non puliscono, non servono a mensa, non controllano nemmeno
gli ingressi degli istituti scolastici.»
E poi, il peso della burocrazia. «I tempi della burocrazia sono
incompatibili con quelli dell'innovazione. La tassazione italiana è
iniqua - ha concluso - e una Pubblica Amministrazione che si mangia
metà del PIL è abnorme. E una tassazione regressiva per le
famiglie. Il quoziente familiare riporterà equità. Le tasse devono
essere giuste e pagabili. Negli Stati Uniti si va in galera se non
si pagano le tasse, ma lì sono al 30 %.
«Basse tasse faranno aumentare il gettito. - conclude. - Vogliamo
uno Stato agile, non pancione e inefficiente. Dobbiamo pagare meno
per pagare tutti.»
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