Attenuare le disuguaglianze per favorire il mercato del lavoro
Due sociologi dialogano su «Meritocrazia e il mercato del lavoro»: l'inglese John Goldthorpe e l'italiano Antonio Schizzerotto. Gli esempi dell'Ungheria e della Svezia
Pieno in ogni ordine di posti, il
salone di rappresentanza del castello del Buonconsiglio ha ospitato
oggi un «dialogo» attorno ad un tema di stretta attualità «Il
Mercato premia il merito?». Per fornire una risposta, il festival
dell'Economia 2008 ha raccolto attorno a un tavolo due sociologi:
l'inglese John Goldthorpe, docente delle università di Oxford, di
Cambridge e di Leicester, consulente in vari governi inglesi (sia
conservatori, sia laburisti), e Antonio Schizzerotto, docente
dell'Università di Trento. Ha coordinato l'incontro Riccardo
Chiaberge, responsabile della redazione cultura e del domenicale
del «Sole 24 Ore».
La conclusione a cui è giunto il prof. Goldthorpe, dopo un lungo
argomentare e spesso sollecitato dalle domande e dalle questioni
poste dal prof. Schizzerotto, è stata lapidaria e per nulla
confortante: «Il libero mercato non solo non tiene conto della
meritocrazia, nello stabilire quale dev'essere la classe sociale di
destinazione dei singoli membri, ma ne è addirittura
indifferente.»
A sostegno della sua tesi, Goldthorpe ha portato una serie di
ricerche secondo le quali la meritocrazia per istruzione, ad
esempio, viene tenuta in considerazione solo nelle società ad
economia pianificata: «Nell'Ungheria socialista - ha affermato il
sociologo inglese, - finché la pianificazione economica riduceva le
disuguaglianze di reddito tra le diverse classi sociali, riusciva
ad emergere solo chi poteva contare su una buona-ottima istruzione.
Quando però il comunismo è crollato e l'evento ha trasformato
l'economia ungherese via via in un mercato pianificato in via di
trasformazione e poi in un mercato decisamente libero, le
disuguaglianze sociali sono aumentate e, di conseguenza, ha perso
di valore anche il merito raggiunto con lo studio.»
A livello storico il concetto di meritocrazia nasce alla fine degli
anni Cinquanta quando in Inghilterra ci fu qualcuno che mise in
guardia sulle difficoltà, per i giovani provenienti da classi
sociali povere, di migliorare la propria posizione sociale ad
esempio aumentando la propria istruzione. Questa sollecitazione
portò allora la società inglese a dare il giusto risalto e la
dovuta importanza alla meritocrazia da livello di studio, ma anche
in questo caso ci fu chi avvertì di un pericolo incombente, il
pericolo di escludere dai processi e dalle dinamiche sociali quei
giovani che non riuscivano a imporsi negli studi.
Il concetto di meritocrazia, comunque, venne adottato con molta
serietà negli Stati Uniti, ove venne introdotta la cosiddetta
"meritocrazia giusta", quella basata sulla creazione di uguali
opportunità di istruzione per tutti. Fatto salvo il punto di
partenza, che deve essere uguale per tutti, i risultati
differenziati in termini di reddito e di posizione sociale finale
possono essere considerati la risposta al merito personale.
Goldthorpe, però, ha voluto condurre il pubblico del Buonconsiglio
nei meandri della meritocrazia per avvallare la sua tesi di fondo
dell'«indifferenza del libero mercato nei confronti appunto della
meritocrazia».
«In tutte le società occidentali - ha infatti detto il sociologo
inglese, - l'espansione dell'offerta scolastica consente livelli di
istruzione sempre più elevati, ma questo non garantisce uguali
opportunità di entrare nel mondo del lavoro. Le stesse scelte
curriculari compiute dagli studenti nel corso degli studi non vanno
nella direzione dell'affermazione delle doti e dei talenti
individuali... Sono bravo in queste materie, quindi scelgo queste
scuole... In realtà le scelte scolastiche continuano ad essere
influenzate dalla provenienza sociale degli studenti!»
Ad esempio è un dato di fatto che, nelle nostre società improntate
sempre più al libero mercato, i ragazzi provenienti da classi
sociali alte tendono ad avere migliori risultati dei coetanei
provenienti da classi sociali più basse, per cause sociali,
educative e anche genetiche.
«È un altro dato di fatto - ha continuato Goldthorpe, - che
comparando analisi sulla meritocrazia della fine degli anni
Cinquanta e degli anni Settanta, vediamo chiaramente che più la
società si evolve, meno gli effetti dei livelli di istruzione
condizionano il raggiungimento delle classi sociali più alte.»
Pare insomma di capire che oggi i datori di lavoro, nello scegliere
i loro collaboratori, badano meno al livello di istruzione, e si
fidano sempre più spesso ad altri criteri, fra i quali mettiamoci
pure quello dell'origine sociale e familiare.
Ecco allora forse spiegato perché oggi, in una società come quella
italiana, e indifferentemente per gli ultimi governi di centro
destra o di centro sinistra, la questione «istruzione» non abbia
mai trovato un adeguato peso nell'agenda dell'esecutivo.
E allora che cosa dobbiamo fare, di fronte ad un caso come quello
ungherese, che ci racconta dati alla mano che in una società
pianificata e socialmente livellata, il merito a causa
dell'istruzione costituisce un criterio oggettivo per scalare le
classi sociali, mentre nel momento in cui queste stesse società si
aprono al libero mercato, quella stessa meritocrazia degrada fin
quasi a scomparire? «Badate - ha aggiunto Goldthorpe, - che un caso
analogo lo possiamo trovare e studiare anche in società non
pianificate, in società in cui il benessere è molto alto, tipo
quelle scandinave: in Svezia ad esempio il merito per istruzione è
ancora un criterio di affermazione sociale, ma anche lì le
differenze tra i ceti sociali sono minime. In altre parole, quando
il tenore di vita è spinto verso l'alto ed esiste un welfare molto
forte, è proprio il livellamento a produrre l'affermarsi della
selezione per merito.»
A questo punto, per quadrare il cerchio, manca un elemento
fondamentale che può ricondurre l'intera analisi sociologica fatta
da Goldthorpe e da Schizzerotto questo pomeriggio: è la "politica"
che deve fare la differenza, è la politica che deve guidare i
meccanismi sia dell'istruzione da un lato, sia dell'ingresso nel
mondo del lavoro dall'altro. E' la politica che deve scongiurare
quel che sta avvenendo in Italia, visto che a fronte di una scuola
per la quale si investe poco, abbiamo fenomeni crescenti di caste
chiuse a riccio, di familismi esasperati, di lobby... E la
strategia principale dev'essere l'abbattimento progressivo delle
disuguaglianze sociali, con un livellamento più in alto possibile:
se le società sovietiche pianificavano e livellavano verso il
basso, dando onore alla meritocrazia, lo stesso onore lo possiamo
avere - e la Scandinavia ne è la testimonianza - anche con un
livellamento verso l'alto. Solo a quel punto potremo dire che il
valore individuale, il talento del singolo può essere messo a
disposizione della comunità - indipendentemente dalle origini
sociali, economiche o culturali. Sarà allora che potremo dire che
il Mercato crea Democrazia.
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