Luisa Diogo: Il Mozambico è sul cammino dello sviluppo
Il primo ministro del Mozambico stasera al Teatro Sociale di Trento. Mario Raffaelli: «Al Trentino il merito di rinsaldare l'amicizia esistente con l'Italia fin dai tempi degli accordi di pace»
Non c'è solo l'Africa disperata,
l'Africa «persa» alla causa dello sviluppo, l'Africa delle guerre,
della fame, della mancanza di democrazia.
C'è anche un'Africa come quella rappresentata dal Mozambico,
paese uscito nel 1992 da una disastrosa guerra civile, con il 98%
della popo-lazione sotto la soglia di povertà, che ha saputo
con-quistare una pace duratura, un assetto democratico e
multi-partitico, e che si è messa in cammino sulla strada dello
sviluppo, con tassi di crescita del Pil dell'8-10%.
È questa l'Africa che ha raccontato questa sera Luisa Diogo
(nella foto), Primo
ministro del Mozambico, cioè di un paese con il quale il Trentino
ha stretto da tanti anni rapporti di solida amicizia, rinsaldati
proprio qualche settimana fa con un viaggio del Presidente della
Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai, per incontrare il
Presidente della Repubblica Emilio Armando Guebuza (che a sua volta
è stato a Trento lo scorso ottobre) e inaugurare una scuola agraria
a Caia, realizzata assieme ad un consorzio di associazioni
trentine.
A introdurre la serata, al teatro Sociale, il giornalista Pietro
Veronese, per anni inviato nel continente africano, che ha
ricordato come Luisa Diogo, economista con master a Londra, già
ministro delle finanze prima di assumere la carica di Primo
ministro, da sempre si sia adoperata per tagliare le spese
militari, che rappresentavano un freno allo sviluppo del suo
Paese.
«Vi svelo un segreto - ha detto a questo proposito - se volete
tagliare le spese militari, c'è un solo modo: farlo subito, e farlo
in maniera radicale, draconiana. Con i militari non si
ragiona!»
In realtà le cose, per il Mozambico, sono state tutt'altro che
facili. Dopo la firma degli accordi di pace, a Roma, nel 1992,
grazie alla fondamentale mediazione di alcuni attori italiani, fra
cui la Comunità di Sant'Egidio e, per il governo italiano, proprio
di un trentino, l'onorevole Mario Raffaelli, l'altro ospite della
serata, la strada è stata tutta in salita.
«Nel 1992 la metà delle nostre infrastrutture era distrutta - ha
ricordato il premier mozambicano - la povertà era ovunque, erano
morte un milione di persone e un altro milione e mezzo erano
rifugiate all'estero. Per uscire da questa situazione abbiamo
varato due piani successivi: il primo avente come obiettivo la
stabilizzazione, nella pace e nello sviluppo delle istituzioni
democratiche, il secondo la crescita economica. I risultati si sono
visti quasi subito.
«Nel 1994 ci sono state le prime elezioni multipartitiche, seguite
nel '98 dalle amministrative e nel '99 di nuovo dalle elezioni
generali. Grazie alle riforme economiche, alla priorità data alle
risorse umane, allo sviluppo dei settori produttivi, alla
ricostruzione del sistema fiscale e finanziario, agli effetti
moltiplicatori dei nostri interventi, siamo passati da una povertà
pari quasi al 100% ad un 54% nel 2003.
«Nel frattempo, in soli 5 anni, abbiamo ristabilito quasi il 100%
della rete ospedaliera e domato l'inflazione, scesa dal 74% al 6%,
il che ha favorito anche gli investimenti dall'estero.
Nel 2000 avevamo dato il via alla seconda fase dello sviluppo del
Paese, ma ci siamo scontrati con le alluvioni. L'Italia ancora una
volta ci ha aiutato; alla conferenza dei donatori, tenutasi a Roma,
raccogliemmo 500 milioni di dollari. Abbiamo imparato la lezione:
il Mozambico è un paese bellissimo ma esposto a queste catastrofi
naturali, abbiamo iniziato perciò a varare un piano per prevenirle
e per affrontare le emergenze.»
Il maggiore problema attuale, però, si chiama crisi delle derrate
alimentari. E' un problema mondiale, dovuto fra le altre cose
all'uso sempre più massiccio dei biocombustibili e alla crescita
dei consumi (di cereali e riso ma anche di carne) dei «giganti»
dell'Asia, India e Cina.
«Il Mozambico purtroppo non è autosufficiente né per il frumento né
per il riso, e inoltre non produce petrolio. E il prezzo del riso è
passato in un anno da 200 a 1000 dollari, una crescita a cui nessun
aumento dei salari può stare dietro. L'impatto si è avvertito di
meno nelle campagne, di più nelle città. Avevamo di fronte due
strade: i sussidi, che però a me non piacciono particolarmente, o
la leva fiscale. Abbiamo optato per la seconda. Ma non ci perdiamo
d'animo. Abbiamo lottato tanto per avere la pace, come ricorda
Mario Raffaelli, e ora anche di fronte alle sfide per lo sviluppo
io dico: vinceremo!»
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