«Ecofisica», la parola magica che ci farà uscire dalla crisi
Alla Biblioteca comunale è sbarcato «Processo agli economisti», il libro di Roberto Petrini
Tornare a vedere spiragli di luce è
possibile. Per farlo gli economisti la devono però piantare di
essere supponenti, di pensarsi come terzi e di credere che la loro
sia una scienza esatta.
Hanno sbagliato le previsioni; perso il contatto con la realtà;
creduto esageratamente nel dio mercato; sono spesso incapaci di
comunicare con la gente e detengono troppo potere. Non le manda a
dire il giornalista di «Repubblica» Roberto Petrini nel suo ultimo
libro «Processo agli economisti», edito da Chiarelettere.
Gli operatori del settore peccano troppo di supponenza. Sono
convinti che le loro verità non ammettano repliche, confortatati da
dati e sofisticati strumenti di analisi. Eppure, ed è anche il caso
di alcuni premi Nobel, fanno errori macroscopici. Non previsione
della crisi docet.
«Il perché è presto detto - commenta Petrini - ci si ostina a
considerare la finanza come un mero insieme di dati, di modelli, di
equazioni matematiche. Un atteggiamento miope che impedisce di
vedere più lontano. Di scorgere le pulsioni, gli animal spirits
tanto per dirla alla Akerlof, che vi stanno a fondo.»
È dunque necessario un cambio radicale di mentalità. Solo così ci
si potrà buttare alle spalle l'anno nero. Un aiuto in tal senso
potrebbe arrivare dall'ecofisica.
«Uscire cioè da una concezione della realtà legata al mero calcolo
delle probabilità - spiega il giornalista di Repubblica -
applicando metodi in grado di intercettare il "ciglio nero", ossia
l'imprevisto.»
A gettarci in pasto alla crisi sono stati errori ideologici e non
di previsione, afferma Giorgio Ruffolo, presidente del Centro
Europa Ricerche.
Nessuno ha visto che l'iceberg della finanza si era staccato dal
corpo dell'economia reale.
«Ci si è illusi - afferma Ruffolo - che il mercato lasciato a se
stesso fosse un meccanismo dotato di autoregolazione.»
«Ma il mercato, - spiega il presidente del CER - in realtà è come
un campo di battaglia. L'esito non è desumibile dalle forze in
campo bensì da aspetti spesso imprevedibili.
Il badare ai fatti veri senza farsi travolgere dalla tecnicità
della finanza, l'uso del buon senso avrebbero evitato
licenziamenti, bancarotte, patemi d'animo. Ormai però il danno è
fatto. Inutile guardarsi indietro. Adesso si può solo fare tesoro
dei flop e cambiare rotta.
«Tocca alla politica regolare gli assi portanti dell'economia con
buona pace dei liberisti. Come un buon padre con i propri figli.» -
suggerisce a conclusione del suo intervento Ruffolo.
I tasti dolenti legati alla congiuntura non finiscono però qui.
Secondo Annamaria Testa, consulente per la comunicazione
dell'Università Bocconi di Milano, uno degli imputati è la mancanza
di comunicazione che vi è stata al riguardo. Gli economisti non
solo non l'hanno anticipata; non l'hanno nemmeno spiegata una volta
essersi trovati in mezzo.
«Il loro sembra un dibattito tra chierici - azzarda Testa - chi non
appartiene al loro mondo ne viene escluso.»
Un atto di leggerezza? Una strategia? Annamaria Testa non si
sbilancia ma precisa che «Mettere in forma concetti complessi
(attraverso ad esempio l'infografica, molto in voga all'estero)
aiuterebbe a capire quanto essi stiano in piedi; quale sarebbe il
loro vero valore».
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