Visco al Festival dell’Economia: «Un Paese in prospettiva»
Dal debito sovrano italiano a una scuola che prepari meglio i giovani, all'Europa, alle banche in crisi, alla crescita che non c'è
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Un Ignazio Visco a tutto campo, dal debito sovrano italiano a una scuola che prepari meglio i giovani, all'Europa, alle banche in crisi, alla crescita che non c'è, quello che ha parlato per un'ora e un quarto al pubblico del Festival in Sala Depero in Provincia a Trento.
Visco non ha voluto dare ricette, ma spunti concreti. I veri problemi italiani oggi sono la corruzione, l'evasione fiscale, il debito pubblico, una scuola che prepara poco alla complessità degli scenari internazionali, imposte elevate che frenano gli investimenti, la giustizia lenta.
«Non spetta a me parlare di legge elettorale – ha detto – ma oggi non serve la protezione di interessi particolari, bensì rendere il Paese capace di dare delle risposte.»
Qual è la realtà? Quali sono i veri problemi del Paese, al di là della percezione?
Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia, atteso ospite del pomeriggio dell'ultima giornata del Festival dell'Economia di Trento.
Il numero uno di Bankitalia viene sollecitato dal vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini, dalla giornalista del tedesco Handelsblatt Regina Krieger e dal direttore di Corriere del Trentino, dell'Alto Adige, di Bologna Enrico Franco.
In prima fila ad ascoltare le sue risposte, il Presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi, il direttore scientifico del Festival, Tito Boeri, l'editore Giuseppe Laterza, il rettore dell'Università di Trento Collini e il Direttore generale dell'Azienda sanitaria trentina Bordon. Insieme a tanti esponenti del mondo economico locale e non solo.
Il primo errore che Visco imputa alle decisioni degli ultimi decenni, è quello di aver fatto fronte ai mutamenti economici ricorrendo soprattutto a una riduzione del costo del lavoro.
Negli anni Ottanta bisognava capire il cambiamento, tecnologico e della globalizzazione, farvi fronte con politiche per aumentare l'occupazione e la produttività.
Lavoro interinale e forme di lavoro nuove non sono un male in assoluto, ha spiegato Visco, ma non sono state intrecciate a nuove forme di produzione, di impresa.
«Non abbiamo saputo adeguarci ai tempi del cambiamento, – ha ammonito. – E così quella che viviamo da dieci anni è per noi più che una recessione, una depressione, più grave di quella americana post 1929.»
I nostri problemi reali? Per Visco il debito pubblico che frena gli investimenti pubblici e privati, il deterioramento dei crediti bancari, la disoccupazione elevata, in particolare tra i giovani, al sud, e tra le donne.
Troppa difficoltà in Italia a mettere in moto meccanismi di crescita.
Imposte elevate e distorsive, introdotte a ffonte del consistente debito pubblico, sono un freno alla crescita.
Visco ammette di non avere ricette magiche: «Serve un impegno faticoso. Una spending review fatta dal basso, chiedendosi cosa serve veramente.
«Oggi, con l'inflazione sotto controllo, è sul piano della crescita che soffriamo.»
Sul fronte della vigilanza bancaria, Visco difende la Banca centrale nazionale, che «ha identificato i manager responsabili di difetti organizzativi che hanno portato a dissesti bancari, ma perseguire i reati penali compete alla magistratura».
Servono riforme serie, per Ignazio Visco, partendo dall'istruzione, che deve mettere gli studenti italiani in grado di competere a livello globale.
«Serve una scuola buona, non una buona scuola», – ha detto con arguzia.
Sul fronte interno, in realtà, una ricetta Visco ce l'ha: lotta alla corruzione, all'evasione, alla criminalità, tutti freni e ostacoli alla crescita necessaria.
Sollecitato infine sull'euro e sui populismi in Europa, il governatore di Bankitalia ha detto che parlerebbe piuttosto di nazionalismi, visti come reazione di chiusura a problemi come le migrazioni, il venire meno di garanzie dello Stato sociale, alla tecnologia che erode posti di lavoro, al terrorismo.
Ci vuole coraggio politico sui temi della difesa, della sicurezza, delle migrazioni, cui far seguire un'Unione bancaria e solo dopo una unione fiscale.
Che dovrà avere una legittimazione parlamentare e prevedere facilities sull'utilizzo del bilancio per opere comuni o compensazione di sbilanci.
«Bisogna essere ottimisti», – ha concluso, citando Gramsci.
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