Il nobel Michael Spence e «la perdita continua di Sovranità»
E il suo pessimismo: «L'Europa reggerà ma la ripresa non arriverà prima di due anni»
È Michael Spence, premio Nobel per l'economia nel 2011, il primo ospite di grido del Festival, ripetendo la presenza che lo vide a Trento già quattro anni fa.
Alla domanda «Come governare la catena produttiva globale» non lascia spazio ad eccessivi ottimismi.
E se esordisce dicendo che «i nostri nipoti non ci perdoneranno per il debito che lasciamo loro» (smentendo quanto dichiarato non molti giorni fa dal prof Cerea – Vedi articolo) conclude parlando di figli e nipoti «in un mondo volatile e debole, non più regolato come un tempo, assai più complicato».
E la risposta alla domanda che percorrerà tutto il Festival - sovranità in conflitto - sembra chiara.
«La perdita di sovranità è continua e sarà la regola, la flessibilità e la creazione di reti di sicurezza sociale sono possibili antidoti».
E, come a rispondere a gran parte del dibattito di questi mesi, un altro avvertimento viene dall'economista americano «Non è detto che il recupero della crescita economica voglia dire, nelle mutate condizioni del mercato globalizzato, recupero dell'occupazione».
Specie in quei Paesi avanzati nei quali «si è smesso di investire».
L'analisi di Spence si affida a cifre, diagrammi, slides (li si trova sul sito del Festival) ma si affida anche a passaggi secchi, quasi ultimativi.
«Il fatto che tutto sia radicalmente cambiato lo si capisce bene dal fatto che le nostre strutture devono adattarsi ad interconnessioni sempre più veloci e i vincitori sono coloro che si adattano ad un mercato globale in continua evoluzione.
«Dieci anni fa nessuno si accorgeva della Cina, oggi vale la metà dell'economia europea e nel complesso l'economia dei Paesi emergenti vale oggi la metà del mercato mondiale.»
«Ci si allontana rapidamente dal modello classico delle economie avanzate – prosegue Spence – e la stessa dinamica del consumo ci fornisce un quadro del tutto nuovo: basti pensare che in Cina i consumatori ad alto reddito entro dieci anni passeranno da 230 a 600 milioni e d'altra parte si era sempre pensato che il rischio del debito sovrano riguardasse i paesi avanzati ed invece si è visto che non era così.
«Le filiere industriali si atomizzano e frammentano, spariscono i lavori di routine sia nel campo manuale che in quello cognitivo: e questo è vero in particolare a partire dal 2008 con il sempre più forte e rapido affermarsi delle nuove tecnologie.»
E l'Europa?
«Deve fare i conti con una struttura che pratica politiche economiche decentralizzate, vista la divergenza tra i diversi Stati e che poi deve affidarsi a strumenti per la convergenza economica che sono invece centralizzati. Tocca dunque agli europei scegliere tra decentramento e accentramento.»
Quanto alla crisi
«L'Europa reggerà ma la ripresa non arriverà prima di due anni.»
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