La scomparsa di Giovanni Armani – Di Sandro Giordani
Dirigente provinciale del PCI, una persona normale, ma tanto rara di questi tempi
È recentemente scomparso Giovanni all’età di 85 anni
Vorrei qui ricordare in breve quella che per me è la parte più importante della sua vita pubblica di dirigente provinciale del PCI. Con questa mia testimonianza desidero integrare e collocare nella giusta dimensione il ruolo di Giovanni nella sinistra storica, e del PCI in particolare, della Provincia di Trento.
Era l’agosto del 1972, avevo appena finito il servizio militare in Marina, e andai a lavorare all’Arfloor.
Nel 1973 l’allora Segretario provinciale del PCI Alberto Ferrandi mi chiese di entrare nell’organico del partito in qualità di «costruttore» (leggasi Feste de l’Unità, organizzatore, riunioni, consigli comunali ecc.): allora i compagni come il sottoscritto venivano chiamati «rivoluzionari di professione» ed è in questo ruolo che conobbi Giovanni Armani, il quale svolgeva già da tempo la stessa attività in Vallagarina.
Con la differenza che io, più giovane di quattordici anni, da neofita sottostai fin da subito alle sue preziose indicazioni e direttive.
Lavorando gomito a gomito con Giovanni, ebbi modo di conoscerlo a fondo: il suo carattere, il suo spessore culturale e politico, la sua profonda umanità, i valori ai quali non è mai venuto meno.
Cattolico praticante, sempre a fianco dei lavoratori.
Ma la sua figura si distingueva per il suo carattere tanto umile e modesto, quanto ostinato e combattivo nel sostenere le proprie idee e le proprie convinzioni.
Mai settario, bensì sempre disposto a ricercare con chi non la pensava come lui un punto di convergenza.
Per le sue capacità organizzative venne nominato responsabile provinciale del lavoro del PCI.
A lui facevano riferimento tutte le sezioni della Provincia, ma soprattutto le sezioni poste nelle fabbriche: i lavoratori avevano un punto di riferimento certo, bastava un confronto affinché i compagni potessero assumere le giuste posizioni nelle varie questioni aziendali e sindacali.
In quegli anni il PCI era in forte ascesa, iniziava ad assumere dimensioni di grande partito di massa non solo nelle sue tradizionali roccaforti di sinistra, come la Vallagarina e il Basso Sarca, ma anche nei paesi più marginali iniziavano ad essere presenti rappresentanti del PCI nei vari consigli comunali.
Allora il PCI poteva contare a livello provinciale su una forza organizzativa di circa 3.500/4.000 mila iscritti.
Credo che gran parte di questi risultati non siano stati solo merito dell’allora segretario generale Enrico Berlinguer, ma anche di persone come Giovanni Armani, convinti sostenitori del «Compromesso Storico», «dell’austerità» e della diversità del PCI. Virtù questa condivisa a parole da tanti compagni, ma nei fatti poco seguita.
È dimostrato che «le debolezze umane» sono sempre super partes.
Voglio narrare un episodio che mette in luce il carattere, la generosità e la disponibilità di Giovanni. Era il 1975/76 e il PCI propone a Giovanni Armani di candidare, ovvero di entrare in lista per il rinnovo del Consiglio provinciale. Giovanni accetta.
Grazie alla popolarità acquisita sul campo, Armani ottiene un risultato più che lusinghiero: è il primo dei non eletti.
Qualche mese dopo, a causa di una crisi di governo nazionale, Sergio De Carneri, eletto Consigliere provinciale, si dovette dimettere, essendo stato proposto per la Camera dei Deputati.
Al suo posto gli subentra proprio lui, Giovanni Armani.
Ma nel partito matura un’altra soluzione: gli fu chiesto di rinunciare perché la sua figura e la sua attività erano più utili nel ruolo di responsabile del lavoro del partito.
Giovanni, senza batter ciglio, rinunciò al seggio di Consigliere provinciale: lascio a chi legge qualsiasi valutazione su questa sua scelta, ancora più incredibile se rapportata ai giorni nostri.
Questo era Giovanni Armani.
Mi dimisi, dopo quasi 4 anni di attività, da ogni incarico di partito il primo maggio 1976.
Dopo qualche mese iniziai a lavorare alla Radi come operaio.
Giovanni si dimise qualche anno dopo, per vari motivi: in primis il ruolo e l’intensa attività a cui era sottoposto, con l’aggiunta di alcune diversità di vedute con il gruppo dirigente.
Oltre al fatto che non sempre lo stipendio di funzionario di partito gli consentiva di sostenere adeguatamente la famiglia, composta dalla moglie e da tre bambine in tenera età.
Così Giovanni rientrò in produzione, tornando a fare il suo antico amato lavoro di falegname.
Da quella nostra esperienza comune sono passati molti anni.
Ci siamo sempre comunque tenuti in contatto. Era sempre lui a telefonarmi per sentire come stavo.
Non mancava mai, insieme alla moglie Graziella, di partecipare alle iniziative che proponevo a Villa Lagarina: sia alla Festa dell’Anguria, che a quella del Borgoantico e alla Sagra del Baccalà.
Avrei da raccontare molti altri episodi e fatti vissuti insieme a Giovanni. Auspico che anche altri lo facciano.
Magari coloro che sono senz’altro più titolati del sottoscritto.
Alcuni hanno vissuto quel periodo del PCI e oggi militano nel PD o sono senza partito come il sottoscritto.
Così almeno la memoria storica andrebbe salvaguardata. In particolare il giusto ricordo di un uomo come Giovanni Armani.
Sandro Giordani
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