Grandi carnivori, concluso il convegno di Dimaro Folgarida
Al teatro di Dimaro pieno era presente anche il padre di Andrea Papi: «Mai più vittime degli orsi come Andrea Papi»
Basta ideologie, affrontiamo insieme e senza pregiudizi la questione dei grandi carnivori sulle Alpi e la politica torni a decidere e non scaricare sui tecnici o presunti esperti.
Sono i messaggi emersi dal convegno organizzato nel pomeriggio dal comitato “Insieme per Andrea Papi” al teatro comunale di Dimaro Folgarida, che ha richiamato amministratori locali e cittadini non solo trentini.
Era presente Carlo, padre di Andrea Papi, il giovane di Caldes aggredito e ucciso dall’orsa JJ4 lo scorso aprile. E sono stati quantificati i danni dell’orso in Val di Sole: 13 milioni di euro.
Quattro ore di confronto con voci differenti dove è emerso dai diversi interventi un primo dato: «Manca una cultura della montanità».
Dopo il messaggio dell’onorevole Herbert Dorfmann, parlamentare europeo e membro del PPE, che ha tracciato un quadro sulla situazione a livello europeo, al convegno sono intervenuti il professor Luca Battaglin dell’Università di Torino ha illustrato gli scenari sulle alpi, i danni che lupi e orsi provocano agli alpeggi e il rischio di «perdere la biodiversità e la vegetazione autoctona», mentre Luca Bolzanella dell’Università di Padova ha tracciato un quadro sulla presenza di lupi e orsi sulle Alpi, in Francia e in Slovenia e le strategie anche di marketing che sono state portate avanti negli ultimi anni.
Il professor Gualtiero Tamburini, senior advisor Nomisma che risiede in Val di Rabbi ha indicato l’effetto negativo della presenza dell’orso in Val di Sole, Rabbi e Peio, stimato in una minore presenza turistica negli alberghi (65mila camere utilizzate in meno) e un giro d’affari calato di 12-13 milioni di euro.
A questo dato va aggiunto una minor presenza di persone nei boschi, quindi «un fenomeno negativo sia in termini economici che salutistici».
Infine il professor Annibale Salsa, docente di Antropologia filosofica e antropologia culturale all’Università di Genova fino all’anno accademico 2007-2008 ha contestato la metodologia in auge oggi, riferendo di un «pensiero unico e mancanza di criticità».
«In Italia – ha proseguito – c’è una cultura egemone urbana, che non tiene conto che il 63% del territorio è montano.
«Inoltre non si tiene conto di quanto avviene in altri Stati, ad esempio in Svizzera sono i Cantoni a decidere le politiche e le scelte sul territorio e questo l’Italia ne dovrebbe tenere conto».
«Serve affrontare in modo serio – ha concluso il professor Salsa – e senza pregiudizi la questione grandi carnivori. Usare la scienza come elemento per sostenere un’ideologia.»
Un contributo è arrivato da Vittoria Riboni, presidente delle aree protette della Val d’Ossola, ha presentato le iniziative che sono state avviate e indicato una via:
«La politica deve tornare a fare il suo compito: prendere decisioni e scegliere tra le proposte dei tecnici, invece oggi sovente avviene il contrario.»
Durante il convegno è stata ricordata la tragedia del giovane Andrea Papi ed è stato elaborato un documento per chiedere alle istituzioni locali, nazionali ed europee di chiedere modifiche alla normativa attuale e attivare le misure di difesa necessarie a garantire una pacifica e serena convivenza della vita dell’uomo in montagna, nel rispetto dei diritti di uso dei propri territori così come da sempre garantiti per i beni di uso collettivo.
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