Grande successo per il convegno sui carnivori in Val di Sole
Le oltre 500 persone che hanno seguito l'appuntamento organizzato dal Comitato Insieme per Andrea Papi dimostrano quanto alto sia l'interesse
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È un teatro gremito quello che accoglie i relatori invitati a partecipare al primo convegno organizzato in Val di Sole, in provincia di Trento, sul tema dei grandi carnivori: oltre 500 le persone presenti in sala e che hanno potuto seguire la diretta streaming. Promotore dell’iniziativa, che si è tenuta nel pomeriggio di sabato 13 gennaio 2024 al teatro di Dimaro Folgarida, il Comitato Insieme per Andrea Papi nato all’indomani della morte del ragazzo di 26 anni ucciso il 5 aprile 2023 nei boschi di Caldes dall’orsa JJ4.
«Il convegno – commenta il presidente Pierantonio Cristoforetti - è il naturale evolversi dell’attività svolta dal nostro comitato durante la primavera e l’estate 2023 in conseguenza alla tragica scomparsa di Andrea e allo svilupparsi di molte preoccupazioni da parte delle nostre genti. Il nostro obiettivo è proporre tutte le iniziative possibili per arrivare a una radicale revisione del progetto “Life Ursus”, al fine di garantire la sicurezza della popolazione e la tutela delle tradizioni e degli stili di vita la cui attuazione è impedita dalla situazione venutasi a creare. Siamo molto soddisfatti della grande partecipazione che c’è stata: è la dimostrazione di come la presenza dei grandi carnivori sul territorio sia un problema molto sentito dalla popolazione che abita queste montagne».
Ad aprire il convegno un minuto di silenzio in memoria della giovane vita spezzata e il commosso ricordo del papà di Andrea, Carlo: «Amava la montagna, viveva per la montagna e purtroppo è morto per la montagna. Non l’ha assistito nessuno e ad oggi non c’è ancora nessun cenno di giustizia, le indagini non si sono ancora concluse».
Dopo i saluti istituzionali da parte del sindaco di Dimaro Folgarida Andrea Lazzaroni («Vivere in montagna è difficile e vanno trovate soluzioni ai problemi», ha detto), del presidente della Comunità della Valle di Sole e sindaco di Rabbi Lorenzo Cicolini, che ha evidenziato come «le norme fatte per la città non vadano bene per la gestione della montagna», del consigliere provinciale Carlo Daldoss, che ha ribadito come «vadano trovate soluzioni realistiche affinché questo problema, che non è solo della famiglia Papi, non si ripeta» e del senatore della Repubblica onorevole Luigi Spagnolli, che ha ricordato come le Alpi Orientali rappresentino la montagna più vissuta d’Italia, il convegno ha affrontato il tema sotto diversi ambiti: da quello scientifico a quello antropologico e culturale fino a quello economico e, soprattutto, politico.
Ad aprire gli interventi l'euro parlamentare e membro della PPE Herbert Dorfmann che ha portato un aggiornamento rispetto alla situazione normativa e legislativa legata al tema a livello del Parlamento Europeo.
Per prima cosa, l’euro parlamentare ha sottolineato la differenza tra lupo e orso a livello normativo: «La questione orso deve essere gestita all’interno della direttiva esistente, non ci sono condizioni per diminuire il livello di protezione dell’orso. Ma ci sono più possibilità di gestione – ha affermato –. Il territorio non può essere suddiviso in una zona dove l’uomo può andare e una zona dove è proibito perché ci sono gli orsi. Dobbiamo trovare una soluzione per la quale gli orsi saranno presenti sul territorio ma potranno essere gestiti dalla politica. Gli animalisti si stanno auto danneggiando in maniera eclatante: se il progetto di ripopolazione diventa un successo allora anche altri territori in Europa possono prendere la stessa strada. In caso contrario, non ci saranno più progetti di ripopolamento».
Geremia Gios, professore ordinario di Economia e Agraria dell’Università di Trento, ha poi evidenziato: «L’errore di fondo del progetto di reintroduzione dell’orso e del non controllo della crescita esponenziale del lupo sta proprio nell’aver dimenticato la lezione che veniva dal passato e che era sotto gli occhi di tutti. Di per sé la “Natura” è al tempo stesso buona e cattiva, fonte di risorse ma anche di pericoli. L’uomo la può modificare, oggi molto più rapidamente e in maniera più invasiva di un tempo, ma tali modifiche possono tornare sia a suo vantaggio che a suo svantaggio. Si dice che bisogna investire in comunicazione, come se spiegare con dotte citazioni chi è l’orso ne riducesse automaticamente l’intrinseca pericolosità. Non si tratta di investire in comunicazione, ma in conoscenza. È necessario partire dalla realtà non dalla rappresentazione della medesima che fa comodo in quel momento. Non è possibile conservare senza gestire e non è possibile gestire senza la partecipazione attiva delle popolazioni locali». E ancora: «Avere l’orso non significa più biodiversità. Anzi, se la montagna viene abbandonata e il pascolo non è più curato si va perdendo biodiversità».
Gios, quindi, ha aggiunto: «La presenza degli orsi rende più difficile la vita in montagna. Ciò significa maggiori costi. Non capisco perché questi costi li devono sopportare chi abita in montagna e non chi vuole lupi e orsi. Se le Asuc, le Consortele e i proprietari di bosco si metteranno insieme e inizieranno a promuovere delle cause per chiedere i danni anche di tipo esistenziale allora forse, quando si inizierà a pagare, si potrà ragionare in maniera diversa».
Luca Battaglini, ordinario di Scienze e Tecnologie animali presso il Dipartimento di Scienze agrarie forestali e alimentari (DISAFA) dell'Università degli Studi di Torino, ha affermato come l’obiettivo debba essere quello di affrontare il dibattito in modo «completo» ascoltando e dando voce a «tutti» e ha ribadito la necessità di arrivare a un maggior ruolo degli organi governativi al fine di una appropriata gestione della criticità, a un’adeguata considerazione degli aspetti socioeconomici e della grave sofferenza di un settore agricolo di grande valenza ecosistemica, a una gestione pragmatica basata su dati scientifici realistici e aggiornati e a una maggiore autonomia delle singole amministrazioni.
Il ricercatore del Dipartimento Territorio e Sistemi agro – forestali dell’Università degli Studi di Padova Cristian Bolzonella ha portato degli esempi di gestione dell'orso in Europa, in particolare in Slovenia e in Svezia dove si praticano dei piani di abbattimento dei plantigradi per non superare la capacità di carico sociale, cioè il grado di sopportazione delle popolazioni che convivono con i grandi predatori.
«È possibile la conservazione dell’orso? Sì, purché sia prioritaria la tutela della sicurezza pubblica. Spostare gli esemplari e la captivazione sono soluzioni inefficienti. In Trentino la capacità di carico sociale è stata superata dalla popolazione che vive e lavora nei territori rurali montani. È necessario passare dalla conservazione alla gestione della popolazione di orso mediante una deroga all’art. 16 della direttiva Habitat al fine di eliminare gli orsi problematici e confidenti e ridurre la popolazione ai livelli di capacità portante delle aree idonee pari, cioè, a 34 – 51 orsi».
Il senior advisor di Nomisma Gualtiero Tamburini ha fatto i conti relativamente all’impatto economico generato dalla presenza dell’orso nelle valli trentine.
Con una premessa: «I dati attualmente reperibili sono insufficienti per un’analisi approfondita sui costi e benefici ma ci consentono già di formulare alcune prime considerazioni sull’impatto negativo che la percezione del “pericolo Orso” ha avuto sui flussi turistici della stagione estiva 2023 da giugno a settembre almeno per l’ambito territoriale della Val di Sole, Peio e Rabbi».
I dati mostrano una sostanziale tenuta del turismo estivo trentino con l’eccezione di due ambiti: gli Altipiani Cimbri, zona questa dove si registra la presenza di lupi, e la Val di Sole dove il calo si assesta intorno all’8%.
«Il calo di presenze osservato è probabilmente da addebitare alla paura dell’orso – ha affermato Tamburini -. Il costo economico della presenza dell’orso in perdita di turisti nel 2023 si stima che superi nettamente almeno i 12 milioni di euro a cui si deve aggiungere il costo in salute delle bosco-terapie non godute».
Ha chiuso la sequenza dei relatori l’antropologo Annibale Salsa, che ha parlato di demonizzazione dell’uomo e sacralizzazione dei grandi carnivori: «Siamo in presenza di un nuovo rito e nuovi riti che hanno seguaci soprattutto nelle aree cittadine: i più grandi sostenitori della mitizzazione dei grandi carnivori e di una natura con la “N” maiuscola sono coloro i quali hanno una concezione che si costruisce in modo urbano-centrico. Ma la percezione di chi vive nelle periferie della città non è la stessa di chi vive in montagna. Si arriva a creare il dogma intoccabile del grande predatore, ma la montagna reale non ha niente a che spartire con la montagna ideale, con la montagna enfatizzata e romanticizzata dalla cultura cittadina».
Il convegno, al quale hanno preso parte diversi rappresentati delle amministrazioni locali e delle istituzioni provinciali oltre ai rappresentanti di diverse realtà che, come la Val di Sole, convivono con la presenza di orsi e di lupi (ad esempio, la presidente del delle Aree protette dell'Ossola Vittoria Riboni e il sindaco di Chies d'Alpago Gianluca Dal Borgo accompagnato da una folta delegazione), si è chiuso con la condivisione e l’approvazione di documento finale, una sorta di “Carta di Dimaro”, con il quale il Comitato è stato invitato a «rappresentare presso ogni istituzione comunale, provinciale, regionale, nazionale ed europea le problematiche» rappresentate durante il pomeriggio di studi «con l’obiettivo di sostenere le richieste di modifica dello status di protezione del lupo e dell’orso all’interno dell’Unione Europea e aggiornare il quadro giuridico vecchio di decenni, per introdurre, ove necessario, ulteriore flessibilità, alla luce dell'evoluzione di queste specie al fine di ripristinare le condizioni di fruibilità e sicurezza dei nostri territori».
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