Domenica Palme, l’omelia del vescovo Lauro Tisi
«Solo relazioni disarmate possono salvarci dalla dissoluzione dell’umanità»
Si celebra oggi la Domenica delle Palme, inizio della Settimana Santa. Al ricordo dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme fa da contraltare la sua passione e morte in croce. L’arcivescovo Lauro benedice i rami d’ulivo nella chiesa di S. Maria Maggiore e guida la processione verso la cattedrale dove prosegue la liturgia eucaristica.
«Al grido angosciato di uomini e donne abitati dalla paura e dalla tristezza, quali siamo tutti noi in quest’ora drammatica, risulta piuttosto impegnativo – nota don Lauro nell’omelia – immaginare di trovare risposta da un uomo gettato a terra.
«Come è possibile – si chiede monsignor Tisi – ritrovare in un uomo appeso alla croce i tratti di Dio?»
Per ottenere risposta è necessario, secondo l’Arcivescovo, «leggere la croce alla luce di Gesù che va incontro alla morte, come ci attestano i Vangeli, non per caso o per un destino ineluttabile. Gesù ha scelto di andare verso la morte nella libertà e per amore».
Una prospettiva, quella di una «vita abitata dal dono, che secondo monsignor Tisi sembra indurre diffidenza, complice la fretta che scandisce il passo delle nostre giornate, il bisogno spasmodico di trovare immediatamente una spiegazione a tutto, la tentazione di affrontare la vita quasi fosse una porta girevole che dà accesso a scelte sempre reversibili.
Don Lauro denuncia con forza «la spirale di violenza e di morte in cui sta precipitando l’umanità con il preoccupante tentativo di dare una connotazione valoriale alla violenza e all’odio.
«Solo nella misura in cui sapremo attivare processi di perdono, di gratuità, di relazioni disarmate – ribadisce Tisi – potremmo salvarci dalla dinamica distruttiva in cui stiamo precipitando, con il rischio concreto di arrivare a un punto di non ritorno e alla dissoluzione dell’umanità.»
Per don Lauro «siamo ad un bivio: credere all’Amore e far fiorire la vita, oppure – conclude – rinunciare ad amare e spalancare le porte all’abisso del non-senso».
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