Domenica di Pasqua, l’omelia di Vescovo Lauro
«Manca un corpo alla contabilità della morte: Cristo è risorto!»
Nell’omelia dell’arcivescovo Lauro, esempi di risurrezione: «l’abbraccio delle due madri coinvolte nella tragedia di Montalbiano, la testimonianza di Stefano Bertoldi, i gesti gratuiti dei volontari». |
Il primo segno di Pasqua è il sepolcro vuoto. Nella storia umana, manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Manca un corpo alla contabilità della morte.
Cristo è risorto, il male non ha l’ultima parola. Di fronte alla violenza che dilaga, la Pasqua ci invita a lasciare il nostro pianeta di tombe e, attraverso le ferite del Risorto, veder fiorire la luce nelle piaghe della nostra vita.
L’attitudine a frequentare la morte, evocata nei nostri dialoghi giornalieri dove dipingiamo il nostro come il peggiore dei mondi possibili, rende estremamente difficile cogliere la buona notizia del sepolcro vuoto.
La vita ci appare come caos, non vediamo i teli messi in ordine, ma scompaginati in totale disordine.
Per accreditare le ragioni della vita, abbattendo il muro di diffidenza nei confronti della notizia della Risurrezione di Gesù, lasciamoci scaldare il cuore dalle Scritture.
Ciò che accadde e trasformò i discepoli da uomini in fuga, abitati dalla paura, in banditori della notizia della Risurrezione di Cristo, dopo che essi avevano sperimentato il suo morire in croce, non è frutto della loro decisione, ma un fatto che si impone loro.
Gli stessi racconti evangelici non nascondono i dubbi e la fatica ad aprirsi alla notizia della Risurrezione, ma proprio questo è garanzia della loro credibilità.
C’è un vero contatto tra il corpo fisico del Risorto e il corpo dei discepoli che vedono, sentono e toccano. I Vangeli raccontano la Risurrezione come il ristabilirsi di un rapporto, il riaccadere della comunione corporea tra Gesù e i suoi.
Gesù mangia con loro.
La comunità credente, quindi, non è nata dal ricordo di Gesù. Ricordare non basta a rendere viva una persona.
Il solo ricordo di Gesù avrebbe al massimo potuto creare una scuola di pensiero, come accaduto con tanti grandi personaggi della storia divenuti riferimento ed esempio.
La comunità credente nasce invece da una presenza, non da un ricordo.
Oggi è possibile per la nostra Chiesa vedere il sepolcro vuoto e innalzare il grido: Cristo è risorto!
Vi porto a rivedere l’abbraccio delle due madri coinvolte nella incommensurabile tragedia di Montalbiano, dove un uomo ha spento con violenza la vita della moglie, prima di togliersi la propria.
Due donne che scelgono di non aprire la porta al male ma di affrontare insieme l’immane dolore. La Chiesa di Trento può affermare, senza ombra di dubbio, di aver visto in loro Cristo risorto.
Ancora, vedo tracce del Risorto nella testimonianza di Stefano Bertoldi, tra i fondatori dell’Associazione Ama e dell’Hospice di Trento. Lo incontrai il giorno prima della sua scomparsa.
Mi confidò la consolazione che dalla sua morte sarebbe sgorgata una sorgente di bene per gli altri, la sua morte come seme di vita. Il suo è un ramo che continua a fiorire.
Anche questo è sepolcro vuoto.
Infine, penso ai tanti gesti gratuiti di migliaia di volontari. Pure loro sono prova inequivocabile che Cristo è risorto.
Potremmo continuare, ma lascio a tutti voi la gioia di trovare nella vostra vita i segni del Risorto.
Vescovo Lauro
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