Andreatta: un plebiscito dovuto alla professionalità del PD
Alcune considerazioni ad urne chiuse: astensioni, partiti e coalizioni, giovani e donne
Sono almeno tre le considerazioni da
fare sulle elezioni del Consiglio comunale di Trento del 3
maggio.
La prima riguarda inevitabilmente il calo verticale dell'affluenza
alle urne. Perdere quasi il 16% dei votanti della volta precedente
è indubbiamente un fenomeno da prendere in seria considerazione.
Non siamo del parere che il bel tempo e il ponte del Primo Maggio
abbia influito negativamente, dato che un altro dato affiora dalla
consultazione, le 1.842 schede inutili, tra bianche e contestate.
Su un totale di 53.797 votanti, fanno il 3,42%: più della somma
degli ultimi tre candidati sindaco.
Insomma, lungo la strada abbiamo perso il 20% dell'affezione della
gente. Parliamo proprio di «affezione», perché la maggior parte
delle schede nulle riporta parolacce di qualsiasi genere. Forse
sarà un po' semplicistico il ragionamento, ma sembra che questa
gente non avesse gradito nessuno dei candidati o dei partiti che li
sorreggevano.
Va da sé che anche se questa alta percentuale di «agnostici» avesse
votato massicciamente contro il vincitore Andreatta, non sarebbe
cambiato nulla. Comunque resta un dato sul quale ragionare.
La seconda riguarda i singoli partiti e le loro aggregazioni.
Il Centrosinistra è uscito con una sorta di verifica popolare dalle
elezioni, dimostrando in buona sostanza che il modello avviato da
Dellai nel lontano 1990 è tuttora valido e gradito dai cittadini,
anche se nei limiti riportati nel punto precedente. Il PD si è
mosso con la professionalità propria di un partito navigato e
collaudato nel tempo, nonostante la giovane età. L'UPT ha tenuto
bene, anche se è chiaro per tutti che nei quasi cinque anni che
mancano alla fine del mandato provinciale di Dellai, dovrà avvenire
una trasformazione che gli consenta di vivere senza il proprio
leader naturale. Appare poco incisiva la presenza del PATT (2
consiglieri) e meno ancora quella dell'UDC (un consigliere): la
rappresentanza del Centro (insieme all'UPT) si ferma dunque sotto
la soglia del 20%.
Il Centrodestra sembra non trovare alcun collante, alcuna idea
fondante, alcun personaggio di portata tale da farlo uscire dal
guado. Significativo il successo di Paolo Dal Rì, eletto con il PDL
per aver lasciato l'UDC dopo il disastro combinato alle
provinciali. Ma anche con la Lega il PDL non si avvicina al solo
partito di Andreatta. Pino Morandini è una brava persona, ma
dobbiamo ammettere che non era la mente nuova, giovane, fresca. Con
tutto il rispetto alla sua giovane età, non rappresentava il
futuro, ma il passato.
E qui arriviamo alla terza considerazione. I consiglieri giovani
sono molto pochi: solo otto sotto i 40 anni e uno solo sotto i 30.
E molti di loro ce l'hanno fatta perché spinti da antiche
roccaforti del potere trentino.
Ma il tasto peggiore è quello delle donne: solo sette. Noi ci
eravamo battuti affinché la gente cercasse di privilegiare gioventù
e parità, ma non è servito a niente. Ce l'hanno fatta a pieni voti
Lucia Maestri e Violetta Plotegher, ma erano assessori uscenti
dell'Amministrazione Pacher e una loro bocciatura sarebbe stata in
contrasto con il successo del suo delfino.
Come diceva Rina Middonti, la mancanza di donne in politica fa
comodo soprattutto agli uomini, ma fa molto comodo anche alle
donne.
Ci vorrà più di una generazione prima che vengano votati dei
candidati in quanto persone e non in quanto appartenenti a un sesso
o all'altro. In tutti i casi, noi non ci saremo...
GdM
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