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Un anno fa ci lasciava Roberta Tovazzi – Di Maurizio Panizza

Scrittrice di resistenza e di solidarietà, ci lascia una infinità di domande senza risposta

La scomparsa di una persona cara, oltre al dolore ci lascia un’infinità di domande e più di tutte una in particolare: «Cosa resta di chi muore?».
Di certo in coloro che sono stati più vicini rimane un filo emotivo che custodisce i tratti fisici e caratteriali, le abitudini, i pregi e i difetti di chi è stato amato e perduto. E degli altri che non sono nostri parenti o amici, cosa resta?
Nella memoria che sopravvive spesso resta solo un nesso esile e sfilacciato che unisce ciò che l’essere umano è stato a ciò che rimane dei suoi frammenti di vita. Nel caso di Roberta Tovazzi, rimane molto di più.
 
Oltre al suo sorriso velato di malinconia - testimone di otto anni di lotta contro il cancro - restano nei suoi libri riflessioni e sentimenti in cui ognuno di noi può trovare con sorpresa qualcosa che gli appartiene, che gli giova condividere per guardare alla complessità di oggi con occhi diversi.
Con occhi semplici come quelli di Roberta, scomparsa a Volano a soli 57 anni, il 19 maggio dello scorso anno.
Ma le impronte di vita non si rinvengono solo nei suoi libri.
La forza di Roberta sta anche in altri segni che si possono trovare in molti suoi progetti di solidarietà che ancora oggi, a distanza di parecchi anni, stanno restituendo frutti preziosi.
 
Perché Roberta, proprio con la sua malattia ha saputo tessere un filo rosso per legare al suo destino la cura verso il prossimo, in particolare nei confronti di coloro che si trovano ad
affrontare in ospedale i suoi stessi ostacoli.

È così che sono nati numerosi progetti come ad esempio rendere più accogliente il reparto oncologico di Negrar con il dono di un impianto stereo e filodiffusione, oppure con uno spettacolo teatrale all’ospedale di Cittadella per finanziare un progetto di musicoterapia.
 
E ancora altre idee, uscite dalla mente vulcanica di Roberta, attuati presso i reparti di oncologia degli ospedali di Campo San Piero e di Perugia, ma anche riconoscimenti a giovani oncologi presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano per le loro ricerche sul tumore mammario.

Infine, come dono postumo, grazie ai suoi familiari Roberta è «ritornata» lo scorso Natale presso il centro radioterapico del Policlinico Gemelli di Roma con i suoi libri, donati ai pazienti con «l’augurio di alzare lo sguardo verso la bellezza della vita che è un bene prezioso da tutelare sempre in ogni sua fase».

AI SIGNORI DELLE GUERRE
Non mi fate paura, sparatemi, sparatemi pure, prima però fatemi un favore: prendete questi semi
riempitene le vostre tasche; sono semi di grano e girasole. Semi di libertà.
Così quando getterete la spugna a terra, dalle tasche dei vostri vestiti
vedremo sbocciare azioni di pace.
Usciranno i semi che vi ho donato,
in cambio di proiettili che mi avete sparato.
In modo che, dopo tutto questo orrore, nasca un fiore.
Un girasole per ogni madre che ha perso un figlio.
Una margherita per ogni bimbo
che non sa più sorridere.
Una rosa per chi si è dedicato alla pace.
Spighe di grano per ogni uomo
che ha soccorso un bambino o un anziano.
Inebriamoci del profumo dei fiori.
Abbassiamo le armi, i toni, le rivendicazioni e la ricerca spasmodica del potere che provoca solo dolore.
                                                     Roberta Tovazzi
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