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La nostra Via Micaelica/ 5 – Di Elena Casagrande

La via fluviale commerciale della Loria, che nel Medioevo già contava 200 stazioni di pedaggio, a partire dal Seicento venne potenziata da numerosi canali e chiuse

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Il Ponte Canale di Briare sulla Loira.
Link alla puntata precedente
 
 Il Ponte Canale di Briare risolse i problemi di collegamento «a livello del fiume» 
L’aurora illumina di rosa il ponte di Gien mentre lo guardiamo un’ultima volta. A Saint-Brisson-sur-Loire c’è un bel castello, ma è troppo presto per visitarlo. Ci fermiamo comunque, ma solo per un caffè veloce, anche perché io scalpito per arrivare al Ponte Canale di Briare.
Venne costruito a fine Ottocento, in metallo, per collegare il Canale laterale della Loria al più antico canale artificiale di Francia, il Canale di Briare voluto nel Seicento dal Duca di Sully, per i suoi commerci. Quando il duca cadde in disgrazia venne terminato grazie all’interessamento del Cardinale Richelieu, che pretese di percorrerlo per primo il giorno dell’inaugurazione, nonostante fosse già molto malato.
Prima della creazione del ponte i due canali si univano tramite un passaggio, a livello del fiume, ma spesso c’erano problemi per le alluvioni o le secche della Loira. Questo ponte navigabile sopraelevato risolse il problema. Alla sua installazione collaborarono anche le officine di Eiffel.
 

La navigazione sul Ponte Canale di Briare.
 
 Una fitta rete di canali unisce il bacino della Loira a quello della Senna e del Rodano 
«Grazie a questo sistema di canali, il bacino della Loira è collegato a quello della Senna» – mi spiega Teo, camminando lungo la ciclovia che si snoda lungo il Canale Laterale della Loira. I pescatori nemmeno fanno caso al nostro passaggio, tutti intenti come sono a preparare le esche per il «black-bass» (persico trota o trota verde).
A Châtillon-sur-Loire, famosa per la chiusa di Mantelot, lasciamo il canale per seguire il grande fiume, fino ad Ousson-sur-Loire e Bonny-sur-Loire. In questi paesini svettano i campanili appuntiti d’ardesia nera delle chiese. Un signore, mentre ci fermiamo sull’argine, si offre di scattarci una foto.
«Sono distrutta Teo!» E lui: «Fa nulla. Vieni. Vuole solo che ci ricordiamo del suo fiume». Nel paesino di Beaulieu-sur-Loire mi intrufolo nell’Ufficio del Turismo. «Entro a timbrare!» - dico a Teo. «E poi una Coca Cola al bar non me la toglie nessuno».
 

L’Église (chiesa) Saint Hilaire ad Ousson-sur-Loire.
 
 Nonostante la centrale nucleare, oltre il canale, ci fermiamo a Belleville-sur-Loire 
Da qui un «drittone» di circa 5 km ci porta a Belleville-sur-Loire. Dormiamo al Logis «Terre de Loire». La nostra stanza ha il giardinetto privato pieno di vasi colorati, con lavanda ed erbe aromatiche. Gode di una bella vista sul canale. Peccato solo per la centrale nucleare, laggiù, in fondo. Domani la costeggeremo per un bel tratto.
Ceniamo all’aperto. Io mi gusto la «salad de magret fumé» (insalata di petto d’anatra affumicato), il «filet mignon» (filetto) e, per finire, il più buon «fondant au chocolat» (tortino al cioccolato caldo) che abbia mai mangiato: tutto merito dello chef-proprietario e che si occupa di tutto. Peccato solo per Teo che stasera è molto stanco e parla poco. L’unica cosa che lo smuove un po’ è il carrello dei formaggi.
 

Il carrello dei formaggi del ristorante “Terre de Loire” di Belleville.
 

 A Bannay un ragazzo palermitano è il cuoco del ristorante «L‘étape Buissonière» 
È nuvoloso quando di buon mattino lasciamo Belleville. Poco male: non ci bruceremo sotto il sole. Marciamo senza sosta fino alla chiusa di Bannay. L’afa toglie il respiro. Nel paese sopra la chiusa c’è un ristorantino col menù del giorno: una rarità! Dal nostro meraviglioso accento francese il cameriere capisce che siamo italiani, proprio «come il cuoco» – ci dice.
A fine pasto lo chef viene a salutarci: è felice di parlare con noi. Da qui manca poco a Saint-Satur. Teo ha prenotato nell’unico hotel libero. I proprietari, anziani, stanno per chiudere baracca e burattini.
In paese c’è molto traffico e a fatica riusciamo ad attraversare la strada per entrare nella chiesa di Saint-Pierre, un tempo chiesa dell’Abbazia medievale di Saint-Satur. Pare fosse dotata di un ospitale per pellegrini. Il viadotto ferroviario in pietra, poco sopra il paese, caratterizza ancora oggi il paesaggio, col suo semicerchio ad archi. A due chilometri da qui c’è Sancerre, immerso tra i vigneti e famoso per la produzione del Sauvignon Blanc.


Teo a Bannay davanti all’Église Saint-Julien.


 Dei cartelli pubblicitari lungo la ciclabile ci fanno sperare di trovare un bicigrill 
Iniziamo la tappa senza colazione, dato che in hotel non la fanno, sperando di trovare qualcosa al porto di Saint-Thibault. Purtroppo la speranza è vana: il Salon de thé ha ancora il cancelletto sbarrato. Poco prima di Herry alcuni cartelli affissi sui pioppi della ciclabile reclamizzano un localino per cicloamatori.
«Sembra che più avanti ci sia un ristoro. Si chiama le “Repas à la Ferme”» – dico a Teo. «Stiamo attenti a non ciccarlo!» Purtroppo, però, una volta arrivati, ci rendiamo conto che non è un bicigrill, ma un vero e proprio ristorante, in una cascina con un giardino, popolato da galline nane calzate e pavoni.
Di veloce - spiega la signora - ci sarebbe l’insalata col «foie gras» (fegato grasso). «Senti Teo, devo ancora prendere il caffè. Non mi va un’insalata». Per cui, mentre il gallo si accomoda sul nostro tavolo, ci limitiamo ad ordinare una limonata. Arriva la «Mortuacienne». «Tutto un programma» - esclamo!
 

La Charité-sur-Loire vista dal fiume.
 
 A La Charité-sur-Loire già nel Medioevo i pellegrini potevano far affidamento sui monaci 
Siamo nel cuore della Riserva naturale nazionale della Valle della Loira ed è davvero uno spettacolo. Al di là del ponte ci aspetta La Charité-sur-Loire. Questo villaggio «monastico» nacque attorno al primo Priorato dell’Abbazia di Cluny, su terreni che le erano stati donati nel 1059. Si trattava di uno dei 5 monasteri benedettini affiliati a Cluny. Ciascuno era gestito da un proprio priore che, a sua volta, rispondeva all’abate.
I pellegrini diretti a Compostela qui potevano godere «della carità» dei buoni padri benedettini e, per questo, la cittadina si chiama così. Oggi la Chiesa priorale di Notre-Dame, notevole esempio di romanico borgognone, è Patrimonio Unesco, come lo sono i Cammini di Santiago. Di qui passa quello di Vezelay. Nel chiostro e nella sala capitolare è allestita una mostra sui 4 principali cammini «francesi» di Santiago ed io, tra conchiglie, mappe ed il timbro del cammino, mi sento a casa.
 

Antica incisione della Chiesa di Notre-Dame a La Charité-sur-Loire con simboli giacobei.
 
 La Chiesa priorale romanica di La Charité-sur-Loire è Patrimonio dell’Unesco 
Della chiesa cluniacense dell’XI–XII secolo, oggi rimangono il capocroce a deambulatorio con 5 cappelle laterali, i due transetti e la torre nord della facciata occidentale, ovverosia il campanile di Sainte-Croix, oltre al Timpano dell’Assunzione della Vergine, sull’architrave del portale originale e a quello della Trasfigurazione, ricollocato all’interno della chiesa, nel transetto Sud.
Questo soggetto artistico è una rarità rispetto al Timpano dell’Ascensione di Cristo, assai più comune tra le chiese del tempo e, probabilmente, fu «sponsorizzato» da Pietro il Venerabile, abate di Cluny, che nel 1132 introdusse la festa della trasfigurazione nel calendario liturgico cluniacense. E per un pellegrino, vedere San Giacomo, nella lunetta del Cristo, doveva essere proprio un bel segno, certificando l’importanza del Santo galiziano e del cammino verso la sua tomba.
 

Il Timpano della Trasfigurazione datato anno 1132.
 
 Al tramonto l’atmosfera diventa magica a La Charité-sur-Loire 
Nel pomeriggio c’è un matrimonio e la cittadina, ancora tranquilla, è animata dal vociare allegro degli invitati, intenti a scattare una foto di gruppo sotto la torre. Nei giardini del Priorato fotografo i resti della Chiesa di San Lorenzo, aspettando il tramonto. È allora che tutto diventa magico, tra le viuzze del borgo, con le numerose librerie, i negozietti di antichità, le case addossate e quel che resta delle mura, inespugnabili anche per Giovanna d’Arco.
E per noi è davvero un privilegio cenare all’«Auberge de la Poule Noire», accanto quella che era l’antica portineria del convento, a base di «foie gras» (fegato grasso) e con una incredibile vista sul campanile accarezzato dagli ultimi raggi del sole.
 

«La Poule Noire» accanto alla portineria del convento.
 
 Un giovane prete ci benedice e ci augura tante cose belle 
Dopo una bella dormita a «Le Bon Laboureur», riprendiamo la Eurovelo (ciclabile europea) che porta a Marseilles-lès-Aubigny. Prima di raggiungere il porticciolo entriamo in Chiesa. Dentro c’è ancora il prete che ha appena finito la Messa. Su richiesta di Teo ci dà la Comunione e, con mia sorpresa si ferma un attimo con noi. Ci benedice e ci augura di stare bene, trovare ristoro, rinforzare la nostra unione e fare buoni incontri.
«Cosa volere di più, Teo?» – gli domando. Ed i buoni incontri, grazie a Dio, arrivano subito, a Nevers. All’Espace Bernadette, al convento di Santa Bernadette, ci accoglie calorosamente Angela. È italiana e fa la volontaria per i pellegrini del Belpaese che vengono a venerare la Santa di Lourdes. Dopo averci mostrato la nostra stanza ci spiega cosa visitare, salutandoci così: «Buon pellegrinaggio!».

Elena Casagrande - [email protected]
 
(La sesta puntata sarà pubblicata mercoledì prossimo, 20 novembre)
 
Il porticciolo di Marseilles-lès-Aubigny.

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Luigina Maria Tollardo 13/11/2024
Chiare, concise e interessanti le tue descrizioni delle esperienze e dei luoghi del cammino, con aneddoti personali che racconti con qua e là, un pizzico ironia.
Quanto basta per condividere emozioni ed atmosfere attraverso le quali, i feedback del testo intersecano contesti diversi, altri legami, coincidenze e connessioni, i quali a volte s’incastonano come tessere di un puzzle, ad altri nostri frammenti di vita
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