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La nostra Via Micaelica/ 6 – Di Elena Casagrande

Lasciata Nevers arriviamo a Paray-le-Monial, la città del Sacro Cuore di Gesù e di S. Maria Margherita di Alacoque, passando da cittadine fluviali e termali

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«La Chasse» (urna di vetro) di Santa Bernadette.
Link alla puntata precedente.
 
 A Nevers alloggiamo all’Espace Bernadette, nel Santuario di Santa Bernadette 
È toccante osservare il cancello del convento di Saint-Gildard. Bernadette lo varcò e non ne uscì più. Portava con sé una borsa di tela, a righe colorate ed un ombrello. Il suo corpo incorrotto riposa ancora oggi qui, in un’urna di vetro. Lei è placida, bellissima e starla a guardare e pregare è un’esperienza unica.
In giardino tutto parla della sua vita: dalla riproduzione della Grotta di Lourdes, edificata con le pietre provenienti da Massabielle, alla statua di Notre Dame de l’Eau, in cui Bernadette rivedeva la «Signora», alla Cappella di San Giuseppe, il suo primo luogo di sepoltura. E dopo questa «immersione» nella vita della veggente di Lourdes, la visita al Palazzo Ducale ed alla vicina Cattedrale di Saint-Cyr et Sainte-Julitte, pur splendidi, finisce per diventare secondaria.
 

La città di Nevers vista dal Ponte sulla Loira.
 
 Poco lontano scovo una cappella romanica sopravvissuta alla Rivoluzione francese 
«È stato speciale dormire con Santa Bernadette» - dico a suor Maria Elena a colazione. «La foresteria è praticamente sopra la sua cappella» – continuo e lei annuisce. Dopo essersi assicurata di averci rifocillato per bene, ci abbraccia e ci augura buon cammino. Subito veniamo catapultati nel caos della città.
Imbocchiamo baldanzosi la ciclabile, dopo il Ponte sulla Loira. Ci sono anche i segnali giacobei di Vezelay. Ma ben presto la pista ci prostra: non ci sono panchine e la sola ed unica che vediamo è occupata. Davanti a noi sempre e solo chiatte e chiuse. Ad un certo punto vedo qualcosa che mi incuriosisce, al di là del canale.
Al primo ponte utile attraverso e vado a vedere. È la cappella romanica di Saint-Etienne di Jaugenay, nazionalizzata dopo la Rivoluzione Francese, venduta e trasformata in granaio. Ancor oggi si trova all’interno di una fattoria, ma si è salvata.
 

La cappella di Saint-Etienne di Jaugenay.
 
 Durante la cena Teo mi dice che questo è il suo ultimo cammino 
Continuare a marciare lungo il canale è difficile, per la monotonia, l’afa e l’assenza di ristori. Per fortuna il nostro «Hôtel de l’Agriculture» è alle porte di Decize. Poco più avanti c’è persino una panetteria che apre all’alba: l’ideale per chi parte presto e deve far colazione. Tra i fiori alle finestre e i profumi della cucina l’atmosfera è allegra ed ospitale. Teo però non sembra coglierla. A cena, davanti a piatti meravigliosi come «les escargots à la bourguignonne» (lumache con aglio, burro e prezzemolo) ed il «pavé de bœuf Charolais» (bistecca di manzo razza Charolais), mi fredda con una frase: «Io non ce la faccio più. Questo è l’ultimo cammino che faccio».
Inutile dire come ci rimango, anche perché lui non parla a vanvera. Io non replico. D’altronde, tra l’asfalto delle ciclabili e quello delle stradine minori, questo cammino è davvero duro.
 

Le coccarde della macelleria centrale di Decize.
 
 Teo, lungo il canale, filma degli italiani che hanno noleggiato una houseboat 
L’indomani attraversiamo il centro storico di Decize, che è costruito su isolotto roccioso del fiume. Solo la macelleria della piazza è aperta ed ha esposto, in bella vista, le targhe-premio vinte dalle mucche di razza locale, che propone al bancone. Saluto la città dal vecchio ponte sulla Loira, vicino alle mura ed alla Chiesa di Saint-Aré.
Per un po’ seguiamo la EuroVelo (la ciclabile europea) n. 6. Un estenuante zig-zag tra canale e campagne. «Da qui sarebbero 49 chilometri a Bourbon-Lancy» – mi fa – «ma non preoccuparti, accorceremo facendo strada, magari dopo Cronat».
Ad una chiusa incontriamo quattro italiani che hanno noleggiato una houseboat (casa galleggiante). Sembrano abbastanza capaci, ma pasticciano, forse perché Teo li sta filmando a distanza ravvicinata: niente saluti dai connazionali.
 

Le mucche di razza Charolais lungo la Loira.
 
 Il fascino ottocentesco delle Terme di Bourbon Lancy. Il centro storico è medievale 
A Bourbon-Lancy dormiamo al «Grand-Hôtel» delle terme, un palazzo del XVIII secolo, riconvertito in hotel. Pregustavamo bagni rilassanti per tutta la tappa, ma - purtroppo - arriviamo troppo tardi. Niente bagni. «È sempre la stessa storia!» – dico a Teo. «Almeno andiamo a vedere la Torre dell’Orologio, con le Bourdin (l’idiota del villaggio). Ogni mezz’ora sbuca da una finestrella per far la linguaccia ai passanti». Peccato solo che, per raggiungerla, tocca una salita in corda doppia.
In compenso il quartiere medievale è molto carino, con le sue case a traliccio, abbellite da metope e mascheroni lignei dall’aspetto irriverente e con le sue stradine in acciottolato. A cena, però, scendiamo alla base: scelgo la «Planchette de Charolais» (tagliere di carne Charolais) con burro alle erbette e patatine. «Vale il viaggio» – dico a Teo. Ma, come al solito, non riesco a finire la pietanza. Succede sempre, quando sono molto stanca.
 

La Torre dell’Orologio di Bourbon-Lancy.
 
 La mancanza di tempo obbliga a pranzi veloci con buona pace della cucina locale 
Partiamo sul tardi: avevamo proprio bisogno di riposare. Da Rue de la Roche imbocchiamo la via verde fino a Diou, dove, attraversato il ponte sulla Loira, raggiungiamo il canale: dovrebbe farci accorciare la tappa. A Pierrefitte-sur-Loire troviamo un épicerie (alimentari). Oltre alle lattine acquistiamo anche del cous-cous già pronto: purtroppo non abbiamo tempo per fermarci al ristorante di fronte, vista canale.
«Una pena essere in Borgogna e non approfittare della sua gastronomia! Guarda che bel posticino» – dico a Teo. E così va a finire che mangiamo in fretta, ai giardinetti appena risistemati, con alberi troppo piccoli per offrire ombra.
Da qui mancano circa 15 chilometri a Digoin. Il caldo si fa sentire e, tra sudore e polvere, peggiora anche l’orticaria sulle mie gambe.
 

Teo lungo il Canale laterale della Loira diretto a Digoin.
 
 Digoin, circondata da canali e fiumi, è chiamata l’«Isola del Charolais» 
Entriamo in città dal ponte canale. Assomiglia a quello di Briare. Un tizio che è stato a prendere il sole, vedendo i nostri zaini, ci chiede sorridente da dove veniamo, guardando perplesso i nostri scarponi. Chiacchieriamo con lui fino all’ObservaLoire: un museo dedicato al fiume e al suo ecosistema, purtroppo chiuso.
In hotel l’albergatore ci fa pagare nuovamente la stanza, nonostante abbia già prelevato l’importo dalla carta usata per la prenotazione. Questo comportamento ci infastidisce un pochino e la cena non è rilassante come dovrebbe. Non rinunciamo, però, al giretto serale in questa cittadina, detta l’isola del Charolais, tutta accerchiata com’è dall’acqua dei suoi molti fiumi, dalla Loira, all’Arroux, alla Bourbince. E mentre il ponte canale comincia ad essere illuminato da una luce dorata, dico a Teo: «Saluta la Loira! Domani la lasciamo». E già mi prende la nostalgia.
 

Il ponte canale di Digoin sopra la Loira.
 
 Seguendo il Canal du Centre arriviamo nella città del Sacro Cuore di Gesù 
Al risveglio io sono pronta in un blitz, mentre Teo no. «Fai presto tu, che hai lo zaino più piccolo!» – mi dice nervosetto. Vabbè, penso. Questo cammino ci sta mettendo alla prova, ma San Michele ci proteggerà. La calma, infatti, arriva poco dopo, lungo il Canal du Centre. Prima di entrare a Paray-le-Monial incrociamo un signore che sta potando la siepe del giardino. Gli chiedo di indicarmi un posto per la colazione. Lui lo fa, ma ci raccomanda soprattutto di non perdere la Basilica.
Qui si venera il culto del Sacro Cuore di Gesù, diffusosi dopo le apparizioni a Santa Margherita Maria Alacoque, avvenute (dal 1673 fino alla sua morte) nel vicino Monastero della Visitazione. Quando arriviamo davanti alla chiesa, anch’essa Priorato cluniacense, rimaniamo di stucco per la sua grandiosità e magnificenza. «Ma se questa è la copia in piccolo di Cluny, come doveva essere la Ecclesia Mater (chiesa madre) di Cluny?» – domando incredula.
 

Il Canal du Centre (Canale centrale).
 
 Il ricordo di Carlo I di Borgona, il Temerario, è ancora vivo nella cittadina di Charolles 
La chiesa del Priorato di Paray-le-Monial, nel Medioevo, veniva detta «la passeggiata degli angeli», per il suo splendido interno, che ancora oggi fa alzare istintivamente al cielo, sia lo sguardo, che l’anima. Con la pace nel cuore ci rimettiamo in marcia, direzione Hautefond. Da lì si comincia a salire, tra campi e foreste. C’è persino una miniatura della Torre Eiffel. Finalmente, dopo una bella sfaticata, scendiamo a Charolles. Carlo I di Borgogna, detto il Temerario, fu conte della contea di Charolais fino al 1467. Portano il suo nome il Castello, la Torre nel parco comunale ed il nostro hôtel «Le Téméraire». Lui sognava una Borgogna
indipendente e, per questo, arrivò a muover guerra contro Re Luigi XI. Ma noi, più che di storia, dobbiamo occuparci della spesa, per la tappa di domani: Cluny, finalmente!

Elena Casagrande - [email protected]
 
(La settima puntata sarà pubblicata mercoledì prossimo, 27 novembre)
 
La Basilica del Sacro Cuore a Paray-le-Monial.

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