Muky, nel ricordo di Pietro Marsilli – Di Daniela Larentis
Lo stimato giornalista e storico dell’arte ricorda Wanda Berasi, artista dalla personalità poliedrica recentemente scomparsa – L’intervista
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La scorsa settimana Wanda Berasi, in arte Muky, vedova di Domenico Matteucci, si è spenta all’età di 95 anni, dopo aver dedicato una vita intera all’arte.
Originaria di Trento, visse a Bolzano e successivamente a Roma, dove studiò all’Accademia Tedesca di Villa Massimo (entrando in contatto con Marino Mazzacurati, Leonardo Leoncillo e il pittore Renato Guttuso); da ben più di mezzo secolo risiedeva e lavorava a Faenza. Artista dalla personalità poliedrica, poetessa, pittrice, scultrice, ceramista, contava al suo attivo centinaia di mostre e moltissimi premi prestigiosi sia in Italia che all’estero.
Muky.
Rappresentante del movimento artistico Informale, da molto tempo si dedicava fra l’altro alla creazione di installazioni multimateriche.
Famosi i suoi «presepi contro» che raccontano la speranza, attraverso la nascita del Bambino, Salvatore del mondo e Principe della Pace, negli scenari delle guerre e delle molte tragedie e drammi che attraversano la contemporaneità.
A ricordarla, il noto giornalista e stimato storico dell’arte Pietro Marsilli, al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Muky 1994.
In che occasione ha conosciuto Wanda Berasi, in arte Muky?
«Muky arrivò a Faenza nel 1955 e subito si immerse nella città iniziando a stringere amicizia con ceramisti, artisti, intellettuali, fra i tanti anche mio padre. Di certo le comuni origine trentine costituirono un legame in più fra loro due, che divennero buoni amici. Io sono nato nel 1956, mio padre iniziò a portarmi nello studio di Muky e Matteucci che sapevo appena camminare.
«L’ho frequentato come fosse una seconda casa, o meglio un parco-giochi. Era distante da casa mia forse duecento metri. Per me era un luogo tutto da scoprire, pieno di oggetti fantastici, pennelli, colori, creta, modelli, calchi… di tutto.
«Ucci era un po’ burbero e fumava sempre, Esportazione senza filtro, quelle col pacchetto verde, aveva le dita marroni. Lei, che non ha mai voluto avere figli per non fare dei soldati e che lavorava moltissimo, che era sempre freneticamente immersa nel lavoro, però mi prese in simpatia quasi fosse mia zia e mi permetteva senza problemi di assistere e partecipare alla sua attività, per dirla con Bruno Munari di giocare con l’arte.
«Ai tempi del liceo più di una volta andai a trovarla insieme alle mie morose, quando all’università preparai la tesi di laurea sui ceramisti faentini del Cinquecento più e più volte mi confrontai con lei sia su aspetti tecnici ceramici che concettuali, sul senso profondo dell’arte ceramica... Non abbiamo mai smesso di volerci bene.»
Muky 2001.
Pittrice, poetessa, scultrice, ceramista, artista eclettica: in quale veste, a Suo avviso, ha dato il meglio di sé?
«Muky è stata una creativa a tutto tondo, con una carica interiore, un entusiasmo, una curiosità e un interesse per il mondo, oltre che una capacità lavorativa, incredibili, più unici che rari.
«Molto sensibile nei confronti dei problemi della gente, profondamente pacifista, animalista, vegetariana, astemia, più che parca nel mangiare, magrissima, lo sguardo assai vivace, le mani rese forti da una vita trascorsa a impastare argilla, Muky aveva un sorriso bello, dolce e pur fiero.
«Così le sue poesie, spesso assai brevi, quasi degli haiku, molto dirette, scattanti, che vanno subito al sodo. Così pure la sua pittura, immediata, veloce, figlia di un talento unico.
«Però di certo la scultura è stata il mezzo espressivo che più di ogni altro le ha permesso di dare forma piena alla sua sensibilità.
«Nello specifico la scultura in ceramica, creata con quel magico materiale figlio della terra e dell’acqua che poi si rapporta con l’indomito fuoco.
«Si tratta di un medium tutt’altro che neutro, come d’altronde nessun medium comunicativo lo è: in dialogo continuo fra aspetti chimico-fisici e ideali, poetici, filosofici, la ceramica dà spazio alle idee e alle sensibilità in modo fantastico.
«Ancora, nella multiforme attività di Muky, non dimentichiamo quella di promotrice e organizzatrice culturale. La Loggetta del Trentanove è stata per Faenza e per mezza Italia un luogo di crescita culturale assoluto.»
Muky 1991.
Come hanno raccontato la Natività i suoi inusuali presepi?
«I suoi Presepi contro sono frutto non certo di committenza specifica o della necessità di partecipare a un concorso. Nascono, come d’altronde anche altre sue opere, da quella sua profonda sensibilità che si diceva.
«Verso la fine dell’anno viene spontaneo a tanti, se non a tutti, di tracciare un bilancio, di far mente locale sui momenti più significativi dell’anno che va a concludersi.
«Questi sono i Presepi contro: una riflessione critica, una riflessione amara. Per fare solo qualche esempio, nel 1989 ha voluto stigmatizzare il disastro umanitario che stava vivendo la Cambogia; due anni dopo il Bambino lo fa nascere fra le rose del deserto, sì, ma soprattutto fra i proiettili del Marocco del sud; nel 1994 un luogo particolarmente significativo e drammatico viene individuato a Sarajevo; nel 2001, ovviamente, nell’11 settembre, con l’attacco a New York e Washington che tante morti ha generato, direttamente e indirettamente, nell’immediato e a distanza.
«In mezzo a così tanti lutti, in mezzo a così tante sofferenze, però, il Bambino continua a nascere, a dare speranza, a dirci che vita è ancora da vivere.»
MUKY by Galimberti,1999.
Che ricordo conserva di questa grande donna che ha dedicato una vita all’arte?
«Mi ritengo molto fortunato ad averla incontrata, ad avere goduto della sua vicinanza e della sua amicizia. Ma si tratta di qualcosa di intimo, privato, personale.
«Concrete invece sono le sue opere, sparse per tutta l’Italia e per tutto il mondo. Qui in Trentino sono tre.
«La prima è il grande (ca. tre metri) pannello a terzo fuoco realizzato nel 1960 per il Palazzo del Commissariato del Governo a seguito della vittoria del relativo concorso nazionale. Vi sono raffigurati la lupa di Roma, il Castello del Buonconsiglio con il campanile del duomo di Bolzano e sullo sfondo alte vette irradiate dal sole.
«A seguire la bella e ricca serie dei Presepi contro donata alla Campana Maria Dolens di Rovereto e qui sempre esposta nel periodo natalizio. Promossa da Iva Berasi (sua lontana cugina) e da Silvio Cattani, già preside dell’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Faenza, tale donazione esplicita e stigmatizza i valori etici comuni di quell’Artista e di quella Istituzione.
«L’opera d’arte di Muky che più recentemente è entrata a far parte del patrimonio trentino, nello specifico del prestigioso patrimonio del Mart (circa ventimila opere), è È sempre guerra, una scultura in ceramica e ferro di 29x105x96 cm di 95 kg di peso, donata nel febbraio dello scorso anno per volontà dell'artista stessa, di nuovo su suggerimento di Silvio Cattani.»
Daniela Larentis – [email protected]
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