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Maurizio Boscheri, pittura naturalistica – Di Daniela Larentis

A raccontare la vita dell’artista, Cristina Sperandio nella biografia romanzata «Le parole non servono - Il mondo incantato di Maurizio Boscheri» – L’intervista

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Maurizio Boscheri, «Le parole non servono».
 
Maurizio Boscheri, pittore trentino affermato a livello sia nazionale che internazionale, da sempre è affascinato dal mondo animale, in particolare dalla fauna tropicale.
Attraverso le sue opere dai colori appariscenti trasmette con grande forza comunicativa l’amore per la natura.

La sua arte è uno straordinario omaggio alla biodiversità: la fauna tipica delle foreste del Bhutan, i lemuri del Madagascar, i giaguari e gli uccelli del Paradiso, i coloratissimi pappagalli, il regale pavone, la tigre dall’inconfondibile eleganza, senza dimenticare le specie che popolano le nostre montagne, come i galli forcelli, i martin pescatori, i lupi grigi, sono solo alcuni dei soggetti, ritratti con grande realismo, che sembrano invitare l’osservatore a una profonda riflessione sul tema della salvaguardia dell’ambiente.
 
L’artista, nato a Mezzolombardo nel 1955, conta al suo attivo prestigiose esposizioni sia in Italia che all’estero.
 Nel 2011 partecipa alla 54ª Biennale di Venezia, «L’arte non è cosa nostra» a cura di Vittorio Sgarbi nel Padiglione Italia, è inoltre inserito fra gli artistiinternazionali più significativi in diverse importanti pubblicazioni, fra cui «Animali nell’Arte», Skira Editore, con prefazione di Vittorio Sgarbi e commento critico di Vladek Cwalinskj e il volume curato da Vittorio Sgarbi «Lo stato dell’arte», 2012, con l’opera «Air-cadia» commentata da Giorgia Cassini. Citato da Maurizio Scudiero tra i pittori trentini contemporanei nel volume «Arte trentina del Novecento».

Maurizio Boscheri, Sibirien, 2000, asta Sotheby's Lisbona ©.

Ricordiamo, a titolo esemplificativo, l’esposizione di una cinquantina di opere di qualche anno fa, ospitata al MUSE, Museo delle Scienze di Trento, curata per la parte artistica da Mario Liberali e per la parte naturalistica da Osvaldo Negra; «Beasts», dell’agosto 2021, allestita a Ostuni, a Palazzo Tanzarella (la mostra ospitava al suo interno alcune opere in anteprima afferenti al Progetto Tigris, dipinti realizzati a quattro mani da Boscheri e dal giovane e talentuoso artista Daniel Calovi).
 
L’associazione culturale Amici della Sempiterne ha proposto lo scorso gennaio un incontro online con Boscheri, grande studioso della fauna e della flora in via d’estinzione, con intervento del curatore Mario Liberali che ha illustrato i progetti futuri, tra cui un appuntamento autunnale a Calcutta per la salvaguardia della tigre indiana, con il coinvolgimento del Consolato italiano in India.
A raccontare la vita dell’artista in un libro, Cristina Sperandio.
Nata a Bolzano nel 1967, dopo gli studi classici e la laurea in giurisprudenza, frequenta la scuola di cinema «Zelig» e la scuola-laboratorio di Ermanno Olmi a Bassano del Grappa.
 
Scrive racconti, poesie e un libro per bambini in lingua inglese. Viaggiatrice curiosa ed appassionata, pubblica i suoi «Appunti di viaggio» in un blog. Dal 2018 è socia dell’Associazione scrittori di Bolzano.
Il volume da lei scritto intitolato «Le parole non servono – Il mondo incantato di Maurizio Boscheri» (Editrice La Grafica, 2019) mette in luce la vicenda umana e artistica del pittore, grande studioso della fauna e della flora in via d’estinzione.
Abbiamo avuto il piacere di rivolgerle alcune domande.
 

Maurizio Boscheri e Cristina Sperandio alla presentazione del libro presso la Biblioteca di Lavis, Trento.
 
Quando è nata l’idea di scrivere questo libro?
«Nel 2016, dopo essere stata all’inaugurazione dell’atelier di Maurizio Boscheri a Rovereto, rimasi folgorata da Lupi nella neve un olio su tela del 2013 che rappresentava una famiglia di lupi alfa in mezzo a un bosco innevato.
Avevo già visto i quadri di Maurizio al MUSE, il Museo delle Scienze di Trento, in occasione della mostra BioDiversitArt del 2014. Una mostra ben riuscita che rappresentava la variegata produzione del maestro; tuttavia, davanti ai suoi quadri, nel piccolo spazio del suo atelier la mia percezione visiva si amplificò: occhi, musi, ali di uccelli colorati, alberi, foglie, insetti sembravano volteggiare intorno a me, erano talmente veri da poterne sentire il fruscio, la presenza.
«Quando chiesi a Maurizio di raccontarmi dei lupi, fu come aprire un libro di scienze, tanto era approfondita la sua conoscenza di quegli animali. E mentre lui raccontava, mi accorsi della sua incondizionata ammirazione per il mondo animale e della sua passione per i viaggi.
«Anch’io amo viaggiare, così gli raccontai di quando camminai 10 ore nella Bwindi Impenetrable Forest in Uganda e di come piansi di gioia quando mi trovai in mezzo a una famiglia di gorilla di montagna. Quel sabato, quando uscii dal suo atelier i suoi animali continuarono a tenermi compagnia; arrivata a casa, scrissi una poesia dal titolo C’era una volta, il mondo incantato di Maurizio Boscheri.
«Quindi, l’idea di scrivere questo libro è figlia di un’emozione e di una vicinanza emotiva con Maurizio e con il mondo rappresentato nei suoi quadri, da cui è scaturita l’esigenza di raccontare questa storia.
«Perché se è vero che il libro narra, seppur in forma romanzata, la vita di Maurizio Boscheri, è altrettanto vero che leggere la sua storia può offrire l’occasione di esplorare una parte di noi stessi e della nostra esistenza.
«Una storia tanto semplice quanto straordinaria che non può che appartenere, in parte, anche a ciascuno di noi.»
 

Maurizio Boscheri, Predators, 2010 ©.
 
Come è stato pensato?
«Fin dalla prima stesura, la mia priorità è stata quella di creare un mondo (quello di Maurizio Boscheri) che riuscisse a catturare il lettore e a imprigionarlo all’interno della storia, facendolo sentire partecipe. Per farlo avevo bisogno di immedesimarmi. Così per un anno intero mi sono recata ogni settimana nell’atelier di Maurizio: ci siamo aperti, raccontando episodi della nostra vita, fidandoci l’uno dell’altra; l’ho osservato mentre dipingeva, sceglieva i colori, li mescolava e svuotava sul tavolo sacchetti di perline colorate.
«Per i primi mesi ho raccolto dati, senza seguire una logica temporale; questo mi è servito per conoscerlo, per capire quali domande avrei potuto fargli, fino a dove avrei potuto spingermi.
«Dal terzo mese in poi ho organizzato il materiale seguendo l’ordine cronologico degli eventi, ho intervistato molti dei suoi amici e amiche d’infanzia, ho percorso i sentieri della Cauria descritti da Maurizio, ho visitato la sua casa di Laghetti, il paese, la via Principale, ho intervistato il suo amico e curatore Mario e il suo amico d’arte Vitaloni.
«Mi sono spinta fino in Sri Lanka, il luogo del cuore di Maurizio, e con lui sono entrata nella foresta di Sinharaja, io con penna, carta e macchina fotografica, lui con la sua macchina fotografica. Quindi ho pensato alla struttura del libro.
«L’ho suddiviso in tre parti. La prima, La voliera: infanzia e dintorni, porta il lettore là dove tutto ha inizio. La seconda, intitolata Cambiamenti, è l’avventura dei grandi viaggi al di là degli Oceani, da Cuba al Madagascar, all’Australia, solo per citarne alcuni. La terza racconta della seconda nascita, l’esplosione dell’arte di Maurizio.
«Mi serviva inoltre un prologo che potesse condensare tutto: Maurizio pittore affermato, Maurizio viaggiatore, sempre curioso e affascinato dal mondo animale, Maurizio che difende la natura.
«Infine ho scelto il titolo Le parole non servono; il lettore capirà perché non servono nell’ultimo capitolo del libro.»
 

Maurizio Boscheri dipinge Mirror, olio su tela, 2021.
 
La narrazione prende il via con il ricordo di un’asta organizzata da Sotheby’s a Lisbona, a cui Boscheri partecipa con un’opera che ritrae una tigre siberiana. Potrebbe svelare qualche dettaglio a tale riguardo?
«Posso descrivere un episodio divertente che non è stato inserito nel libro, realmente accaduto: prima di partire per Lisbona Maurizio acquista l’abito per la serata di gala insieme al suo amico e curatore Mario. Lascia l’abito in negozio per gli ultimi ritocchi di sartoria con l’impegno di andare a ritirarlo la sera prima della partenza.
«I due amici, indaffarati con i preparativi e la spedizione del quadro, non hanno occasione di parlare dell’abito ed entrambi pensano che il vestito sia stato ritirato dall’altro.
«Arrivati in albergo a Lisbona, aprendo i bagagli si accorgono che nessuno dei due ha ritirato il vestito che dovrà indossare Maurizio. È una serata di gala e serve l’abito scuro. Si fanno portare in un negozio del centro ma trovano solo un frac e non c’è più tempo per cercare altrove.
«Così a Maurizio, dopo averlo indossato, non viene in mente nient’altro che infilare le code dell’abito dentro i pantaloni, cercando di tenere, per tutta la serata, la schiena rivolta verso la parete e prestando la massima attenzione nell’alzarsi e nel sedersi.»
 
Può condividere qualche episodio legato all’infanzia dell’artista?
«Maurizio trascorre l’infanzia nelle campagne di Laghetti, circondato dall’affetto della sua famiglia, dall’amore della nonna e dalla gioia e spensieratezza degli amici di infanzia.
«Figlio di agricoltori, cresce libero, subendo il fascino dei boschi intorno a casa e del mondo animale. Scoprirà che un volpino non può stare rinchiuso in una voliera e che cercherà sempre di fuggire, anche a costo della propria vita. Assisterà, estasiato, al canto del merlo, scoprirà i misteri del bosco dietro casa seguendo il volo di uno sparviero.
«Salverà la vita al gufo senz’ala e si occuperà degli uccelli moribondi avvelenati dai pesticidi. Scoprirà anche, con grande dolore, che gli uomini utilizzano metodi di caccia talmente crudeli e subdoli che penserà quasi di odiarli.»
 

Maurizio Boscheri, Perfect Imaginary World, 2016, ©.
 
Quando diventa consapevole del dono ricevuto?
«Nel 1998, in occasione della prima mostra dal titolo Contatti, Maurizio si rende conto, forse per la prima volta, della potenza comunicativa dei suoi quadri.
«Rispondendo alla domanda di uno dei visitatori, davanti al quadro che rappresenta un lemure, inizia a raccontare del Madagascar, della bellezza della farfalla cometa, della magia del canto dei lemuri indri, ma anche delle valli disboscate e del fiume Mangoro rosso di terra erosa a causa della tecnica agricola utilizzata dalla popolazione locale e del commercio illegale di legname.
«Vede la gente stringersi intorno a lui e ascoltare con attenzione quello che ha visto durante i suoi viaggi. In quel momento pensa che una luce è stata appena accesa e presto se ne accenderanno altre, attraverso la sua arte veicola il pensiero che nessun essere vivente è più importante degli altri.»
 
Negli anni Novanta il suo primo volo con destinazione Cuba, con gli amici Valentina, Claudia e Mario, il primo dei molti viaggi che lo porteranno alla scoperta di un mondo popolato da animali e piante incredibili…
«I viaggi sono per Maurizio il sogno che diventa realtà. Finalmente vede dal vivo gli animali e le piante che da piccolo studiava nelle riviste e nelle enciclopedie.
«Nel corso degli anni, attraverserà le tanto desiderate foreste pluviali in viaggi-avventura che arricchiranno non solo le sue conoscenze scientifiche ma che diventeranno anche momenti di grande formazione personale.
«Sarà la Natura a indicargli la strada. A Maurizio verrà naturale seguirla, scoprendo dentro di sé una forza fisica e interiore che non sapeva di avere.»
 

Maurizio Boscheri dipinge con le bambine  di Casa Mihiri, Sri Lanka.
 
Che cosa ha voluto mettere in luce nel capitolo «La seconda nascita, l’arte»?
«Direi, soprattutto, il coraggio, l’umiltà e l’entusiasmo. Il coraggio di Maurizio di affrontare le sue paure, partendo per un viaggio in solitaria attraverso la foresta della Montagna d’Ambra in Madagascar e l’umiltà di seguire gli insegnamenti della Natura.
«Il coraggio di abbandonare la vecchia vita e di iniziarne una nuova consapevole delle incognite, ma anche della necessità di dover voltare pagina.
«L’umiltà e l’entusiasmo di mettersi in gioco e di collaborare con altri artisti, scultori e pittori della natura, attraverso uno scambio reciproco di informazioni, sentimenti, peculiarità tecniche e visioni del mondo.»
 
Che uomo è oggi Maurizio Boscheri?
«Penso che Maurizio sia rimasto ancora oggi quello che era anche da bambino: un esploratore. Non solo della natura, ma anche, e soprattutto, della vita.
«Un uomo che ha scavato dentro di sé, nel profondo, e che non ha esitato a cambiare rotta non appena si è accorto del suo dono.
«È un uomo che malgrado abbia spesso dubitato degli uomini si affida ancora a loro affinché passino parola, risvegliando l’attenzione di ognuno di noi verso il mondo naturale.»
 

Maurizio Boscheri, Leopardo dell’Amur, 2019 ©.
 
Lei è titolare del blog «I Coriandoli della seppia». Come è strutturato e a che pubblici si rivolge?
«I Coriandoli della seppia è un progetto a cui tengo molto. I Coriandoli rappresentano le molte sfaccettature della vita e la seppia, animale riservato ma curioso che vive nelle profondità dei mari, ha un punto di vista privilegiato sul mondo che lo circonda. L’ho pensato come uno scrigno con tanti cassetti: ci sono gli Appunti di viaggio, le poesie, i libri e i Coriandoli.
«L’intento è quello di regale al lettore un’esperienza multimediale che coinvolga tutti i sensi e che gli faccia sentire sulla pelle e nel cuore quello che potrebbe provare visitando luoghi o incontrando persone. Potrà vedere i colori caldi della sabbia del deserto oppure avvertire il vento gelido dell’Irlanda attraversargli i capelli. Perché oltre al testo scritto, troverà le fotografie che ho scattato e i video che ho girato.
«Gli Appunti di viaggio e le poesie promettono un viaggio in luoghi lontani e vicini; nella sezione Libri troverà contenuti speciali che riguardano |Le parole non servono, ma anche un libro per bambini in lingua inglese che si può trasformare in uno spettacolo teatrale e in un gioco.
«I Coriandoli è una sezione dedicata alle esperienze inaspettate. Ogni cassetto ha una durata molto breve. L’ho fatto intenzionalmente, per fare in modo che il lettore possa assaporare, anche solo per un paio di minuti, una pausa di bellezza, di fuga, o di riflessione dovunque si trovi, basta abbia con sé il cellulare.
«È pensato per un pubblico curioso e amante della vita che non ha paura di emozionarsi passeggiando a piedi nudi nello Sri Lanka o di sorprendersi romantico mentre legge La promessa
 
Progetti editoriali futuri?
«Sto scrivendo il mio prossimo romanzo, che non è una biografia, né, a dispetto del titolo (per ora provvisorio ma spero sarà quello definitivo) Non avere paura, un thriller. Racconta dell’incontro di tre persone molto diverse tra loro, un viticoltore, un maestro d’ascia e un avvocato. I loro mondi, solo apparentemente molto lontani, si incroceranno, talvolta, scontrandosi. Da questo incontro ne usciranno cambiati e più forti e, soprattutto, non più soli.»

Daniela Larentis – [email protected]

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