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Enzo Pennetta, verso una nuova antropologia – Di D. Larentis

«Il Quarto Dominio - Il posto dell’uomo nella natura» propone una nuova concezione dell’uomo e della società, andando oltre il paradigma neoliberista – L’intervista

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Ci sono libri che più d’altri sollevano questioni fondamentali, invitando a una profonda riflessione. Il saggio «Il Quarto Dominio - Il posto dell’uomo nella natura» è uno di questi.
L’autore è Enzo Pennetta, laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali di lungo corso.
Quella che mette a fuoco è la visione del superamento dell’idea liberista di un sistema socioeconomico regolato dalle leggi di mercato, di una società fondata unicamente sulla competizione, e la necessità di recuperare la centralità dell’Uomo inteso come essere interrogante.
Nella sua disamina parte da lontano, dall’indagare un’antropologia ottocentesca ormai superata.
 
Ma cosa rende l’uomo diverso da tutti gli altri esseri viventi? Il linguaggio, sottolinea Pennetta, una caratteristica che pone in secondo piano qualsiasi altra somiglianza.
Il Quarto Dominio è un libro che parla anche di libertà. La libertà di vivere una vita piena che permetta, in quanto tale, di dispiegare le proprie potenzialità.
Ciò implica vivere in un mondo dove venga garantita agli individui «la massima libertà dalle necessità materiali per poter disporre il più ampiamente possibile del loro tempo nella ricerca di un senso.»

Il mondo sta andando, tuttavia, verso un’altra preoccupante direzione. Quella di cui facciamo esperienza è una libertà illusoria, asservita ai modelli imposti dal mercato.Viviamo in quella che è stata definita la società del rischio, dello smarrimento, dell’incertezza. Il celeberrimo sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, scomparso nel 2017, definiva la società postmoderna «società liquida», contrapponendola a quella solida.

Una società in cui vengono meno le sicurezze e le certezze, in cui l’individuo è sempre più isolato, in cui, utilizzando una sua metafora, lo sciame tende a sostituire il gruppo, dove l’uomo è prigioniero del consumismo, intrappolato in una concezione individualista dell’esistenza.
 
E a proposito di paure e di libertà, stiamo vivendo una situazione difficile, legata all’emergenza sanitaria in atto (che finirà a breve, incrociando le dita).
Comunque la si pensi, ciò che sta accadendo proprio sotto ai nostri occhi, a prescindere dai personali convincimenti, dovrebbe solleticare lo spirito critico di tutti, per esempio in tema di tracciamento.
Riflettere sull’utilità o meno del green pass non è certo un peccato mortale, come non lo è riflettere sulle sue implicazioni.
È giusto o meno utilizzare questo sistema di controllo, tracciando gli spostamenti dei cittadini e qual è il prezzo da pagare?
C’è chi lo ritiene uno strumento indispensabile e chi, al contrario, un sistema del tutto inutile e dannoso.
Il tracciamento rinvia anche a timori che non vanno derisi o ignorati, il tema della sorveglianza di massa è molto attuale, basti pensare al sistema di credito sociale cinese, uno strumento di controllo e valutazione che francamente fa venire i brividi. Fantapolitica? No, in Cina è già realtà.
 
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Nato a Roma nel 1960, Enzo Pennetta è docente di scienze naturali e saggista.
Nel 2011 ha fondato il sito «Critica scientifica», un blog indipendente da qualsiasi legame di tipo economico o di affiliazione ideologica, e nello stesso anno ha pubblicato «Inchiesta sul darwinismo».
Nel 2016 ha pubblicato «L’ultimo uomo» e nel 2018 «Contro il politicamente corretto» scritto con Ettore Gotti Tedeschi.
È del 2020 «Il Quarto Dominio - Il posto dell’uomo nella natura» (Historica Edizioni – Giubilei Regnani Editore).
Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
 

 
Può accennare brevemente alla «teoria del Quarto Dominio», tracciandone le coordinate principali?
«La classificazione degli esseri viventi è stata a lungo un problema difficile da affrontare; quella moderna ha avuto la sua prima forma solo nel Settecento con Linneo. In origine le categorie da lui proposte erano notoriamente cinque: regno, classe, ordine, genere e specie.
«Attualmente la suddivisione più diffusa è quella di Whittaker, in cui i regni sono cinque: Monere, Protisti, Funghi, Piante, Animali.
«Nel 1990 Woese propose di creare una nuova suddivisione che fosse al di sopra del regno, nacque così la classe del “dominio”: al posto delle Monere nacquero i due domini Archaea e Bacteria, gli altri quattro regni furono riuniti sotto il dominio Eukarya. Il dominio, che va oltre il regno, è inteso quindi come il livello più alto della classificazione degli esseri viventi.
«Tuttavia, l’uomo possiede una peculiarità che nessun altro essere vivente ha: la parola. Una caratteristica, quella del linguaggio, di importanza superiore a tutte le altre e che richiederebbe l’inserimento di un nuovo dominio occupato da una sola specie: l’uomo.
«Il posto dell’uomo nella natura come animale tra gli animali, senza differenze significative, era stato determinato da Thomas Huxley e confermato da Darwin solo dopo aver negato l’unicità del linguaggio e averla indicata come una differenza quantitativa e non qualitativa.
«Come scrivo nel libro, una classificazione dei viventi che non tenga conto di una caratteristica così unica e determinante potrebbe essere accettata solo a condizione di un riduzionismo estremo che porterebbe a una sua stessa contraddittorietà in quanto il linguaggio, che è quella caratteristica per la quale si può elaborare una classificazione, verrebbe escluso dalla classificazione come non rilevante svuotando di rilevanza e di senso la classificazione stessa.
«Il riduzionismo ha condotto quindi a considerare come irrilevante il linguaggio ponendolo a un livello inferiore alla presenza o meno di una membrana intorno al DNA di una cellula o a quella della presenza o meno di una parete cellulare, ristabilendone un giusto valore si giunge a una classificazione del tutto differente. In estrema sintesi, la mia tesi è che sia fuorviante collocarlo insieme ai primati.
«Il Quarto Dominio è quindi un’antropologia completamente diversa, prende in considerazione il fatto che l’essere umano ha la parola che è ciò che ci permette di non sottostare alle leggi del mondo animale. Questa visione rappresenta un cambiamento di prospettiva sull’uomo e sulla società.
«La società del Quarto Dominio è un luogo delle identità, dove avviene il riconoscimento di una ricerca di senso che, come evidenzio, viene a porsi come il fine comune e condiviso dei suoi componenti e quindi assume il valore di diritto fondamentale; il sistema socio economico conseguente deve garantire ai componenti la massima libertà dalle necessità materiali per poter disporre il più ampiamente possibile del loro tempo nella ricerca di senso.»
 
Cosa significa «andare oltre il paradigma neoliberista»?
«Andare oltre l’idea liberista di un sistema socio economico regolato dalle leggi di mercato, dove tutto deve essere tradotto nell’unità di misura universale del denaro, oltre, quindi, l’idea di una società fondata sulla competizione; il che vuol dire porre dei limiti: l’uomo non può vivere una vita da ape operaia, deve poter disporre di tempo libero, deve avere la possibilità di porsi domande, di progettare un futuro; è necessario quindi offrirgli gli strumenti cognitivi per poterlo fare, occorre in estrema sintesi abbracciare una nuova visione che recuperi la centralità della persona.
«Come la definiva Zygmunt Bauman viviamo in una società liquida che ci ha reso tutti molto più deboli. Per esempio, in questo periodo si sente parlare molto del lavoro flessibile in termini estremamente positivi. Un’opportunità? Certo, ma solo per chi lo sceglie. Quella che abbiamo di fronte è una realtà che tende a disgregare la società.»
 
L’economista Amartya Sen, considerando ogni persona come un fine, ha con il suo «approccio delle capacità» già individuato un orizzonte verso cui tendere…
«È una mosca bianca, purtroppo. Il suo è sicuramente un approccio molto interessante anche se, tuttavia, non viene applicato concretamente…»
 
In merito ai nuovi equilibri emersi in questi anni di emergenza sanitaria fra i governi e le Big Pharma, quali rischi corre la società? Le grandi case farmaceutiche sono talmente potenti da influenzare le decisioni sanitarie? Qual è il Suo pensiero a riguardo?
«Le Big Pharma sono, in una società biopolitica, uno strumento di governo. I grandi spostamenti di denaro, i grandi guadagni non sono lo scopo finale. È in atto un cambiamento che è sotto gli occhi di tutti. Pensiamo anche ai cosiddetti “giganti del web”.
«Amazon, che è uno strumento della globalizzazione, sta già rivoluzionando le nostre vite: la gente in futuro comprerà sempre più in rete, ciò porterà alla distruzione della media impresa, spariranno i piccoli negozi dai centri storici ecc.
«Con l’emergenza sanitaria e l’adozione del green pass si è andati verso questa direzione, molta più gente compra online rispetto a prima…»
 
A proposito di green pass, questo strumento ha sollevato molte questioni, limitando la libertà individuale: misura davvero necessaria? Che lettura ne dà?
«Ormai è evidente che per lo scopo per cui è stato proposto è inutile, anzi, dannoso. Le persone che hanno il green pass si sentono sicure, non fanno peraltro il test e, inconsapevolmente, possono contagiare gli altri. Credo che, nella migliore delle ipotesi, sia frutto di incompetenza.
«Ormai è evidente la sua inutilità, sia dal punto di vista sanitario che economico, a mio parere andrebbe tolto all’istante. Un detto recita che se una cosa non serve è perché serve a qualcosa d’altro.
«Se non verrà tolto a breve, assumendo questa prospettiva si potrà pensare che il green pass serva a prepararsi a un cambiamento, ad abituare la gente, facendo leva sulla paura, ad accettare gradualmente un qualcosa che non avrebbe mai accettato in un altro contesto, come l’entrare in un ristorante o in uno spazio chiuso pubblico dovendosi giustificare.
«Metaforicamente tutto ciò richiama il principio della rana bollita di Chomsky, secondo il quale l’uomo passivamente si adatta a situazioni sgradite senza reagire, se non quando è troppo tardi, rinviando all’esperimento di alcuni ricercatori americani, i quali avevano osservato che gettando una rana in una pentola di acqua bollente, questa spiccava prontamente un balzo per mettersi in salvo, mentre immergendola in acqua fredda, portata ad ebollizione gradualmente, finiva bollita senza nemmeno rendersene conto.
«E a proposito di libertà, cito il pensiero del filosofo contemporaneo Giorgio Agamben, secondo il quale una società che vive in uno stato di perenne emergenza, di perenne paura e insicurezza, non è una società libera.»
 
Come immagina il futuro?
«Non come lo immaginano alcuni, cioè un mondo ridotto a un grande “allevamento”, dove la cultura conta meno di niente, dove la libertà è solo illusoria, ma un mondo che si riappropri del percorso che è stato interrotto proprio con il positivismo, un mondo che si reinnesti su una tradizione andando oltre, allontanandosi da un binario morto.
«È un brutto momento ma c’è in embrione questa possibilità, dare spazio a una visione che ha in sé la forza di cambiare prospettiva sull’uomo e sulla società.»

Daniela Larentis - [email protected]

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