Al Mart: «Alex Katz, La Vita Dolce» – Di Daniela Larentis
Da poco inaugurata la mostra curata da Denis Isaia, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, dedicata a uno tra i maggiori artisti americani viventi – Intervista al curatore
Alex Katz, Emma, 2015, Private Collection Switzerland.
Il Mart Rovereto dedica ad Alex Katz, uno tra i maggiori artisti americani viventi, la mostra dal titolo «La Vita Dolce», curata da Denis Isaia, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi.
È visitabile dal 15 maggio al 18 settembre 2022 nello splendido Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto, dove è esposto un consistente nucleo di opere di grandi dimensioni, realizzate in quella che può essere definita la stagione della maturità dell’artista, tra gli anni Novanta e oggi.
Prodotta grazie al supporto e con il confronto costante dell’artista e del suo studio, l’esposizione raccoglie oltre 40 grandi tele, appartenenti a grandi collezioni italiane e svizzere, che costituiscono un percorso a colori nel quale sono rappresentati i due grandi generi esplorati da Katz: i ritratti e i paesaggi. In mostra anche uno dei rarissimi nudi, oltre ad alcuni sketch, un disegno e due video, tra cui l’estratto di un film realizzato dal regista Ranuccio Sodi per la televisione e mai andato in onda.
Alex Katz, Song, 2003, Collezione privata, Modena, Courtesy Alex Katz Studio.
In Europa la conoscenza della sua opera, inizialmente riservata a pochi, è aumentata costantemente a partire dagli anni Novanta.
Nei decenni precedenti, nonostante gli ottimi riscontri sul mercato, la sua poetica risultava distante dalle ricerche della critica e delle istituzioni. Sia nei periodi nei quali la pittura era guardata con maggior diffidenza (anni Settanta e Novanta), sia nei momenti in cui veniva «riabilitata» (Ottanta), si prediligevano gli artisti impegnati, le opere di denuncia o di rottura, l’impegno politico o sociale, l’anti-sistema.
Inoltre, spopolavano le espressioni installative, performative e relazionali, i nuovi media, le contaminazioni tra linguaggi. Al contrario l’arte di Katz, raffinata e fortemente coerente con sé stessa, non presuppone l’azione, ma la contemplazione.
Distante dagli «intellettualismi», descrive la vita per quella che è, alla ricerca della bellezza e dell’armonia.
All’attuale fama di Katz in Italia e in Europa ha indubbiamente contribuito anche l’impegno di due galleristi italiani: nel 1990 a Modena Emilio Mazzoli organizza una prima mostra curata da Achille Bonito Oliva; negli anni immediatamente successivi Monica De Cardenas inizia a proporre con convinzione Katz ai suoi collezionisti, dapprima in Italia e in seguito in Svizzera.
Alex Katz, Woods, 2004, Collezione privata, Modena, Courtesy Alex Katz Studio.
Qualche anno dopo lo spartiacque sarà la mostra di Charles Saatchi (Londra, 1998) che rappresenta la vera e propria consacrazione di Katz in Europa.
In ascesa, oltre alla popolarità, anche le quotazioni delle opere, che in breve diventeranno proibitive.
È del ’99 la mostra della Galleria Civica di Trento, voluta dall’allora direttrice Vittoria Coen in stretta collaborazione con De Cadernas che l’anno successivo seguirà anche il progetto alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, curato da Angela Vettese.
Nel 2001 arriva la seconda mostra di Mazzoli e otto anni più tardi quella del MARCA di Catanzaro, allora diretto da Alberto Fiz.
Se a questo punto le esposizioni italiane subiscono una battuta d’arresto, nel resto d’Europa Katz spopola.
Da Londra a Vienna, passando per Parigi, Amburgo e Dublino, i maggiori musei puntano sulla pittura dell’ormai anziano pittore newyorkese, le cui opere entrano a far parte delle più importanti collezioni pubbliche e private.
A oltre vent’anni di distanza dall’ultima mostra italiana, il Mart di Rovereto raccoglie quindi l’importante testimone e riconosce il ruolo di coloro che furono pionieri in questa storia: Emilio Mazzoli, Alberto Fiz e Monica De Cardenas, che tutt’ora rappresenta Katz in Italia.
La mostra è impreziosita da un esaustivo catalogo pubblicato da Sagep Editori con un testo di Vittorio Sgarbi, Presidente del Mart; un saggio del critico d’arte Alberto Fiz e uno del curatore della mostra Denis Isaia.
Spiega Sgarbi in catalogo: «Ho voluto io il titolo:”La vita dolce” per questa mostra di Alex Katz.
«L’inconscia - o volontaria - inversione del titolo del celebre film di Fellini segna la distanza fra un’epoca ormai mitologica, che corrisponde agli anni della giovinezza di Katz, e l’ostinata volontà del pittore di rappresentare, senza inquietudine e turbamenti, un’età dell’oro, un tempo perfetto in cui tutto è fermo, un una eterna primavera, in una giovinezza senza fine.
«Tutto è immobile in Katz, le persone e la natura. Le donne sono estremamente giovani, la vita è sempre felice, gli animi sono imperturbabili […].»
L’artista novantaquattrenne conta al suo attivo oltre 250 personali e 500 collettive in settant’anni di attività espositiva.
Abbiamo avuto occasione di porgere a Denis Isaia alcune domande.
Il curatore della mostra Denis Isaia davanti all'opera Marine, 2002, Collezione privata, Modena.
Qual è il punto di forza della mostra?
«Il punto di forza di questa mostra è che mai erano state radunate in un unico luogo tutte le opere dell’artista che sono passate per l’Italia. L’Italia ha avuto un ruolo importantissimo nella promozione di Alex Katz, a partire dagli anni Novanta, grazie al lavoro di due galleristi: Monica De Cardenas ed Emilio Mazzoli, che ne hanno promosso la conoscenza a livello europeo; perché fino ad allora - Katz aveva sessantatré anni e oltre trentacinque anni di pittura - in Europa c’erano state delle mostre, ma non così importanti.»
Come è stato organizzato il percorso espositivo?
«Le opere sono tutte relative agli ultimi 30 anni di produzione artistica o poco più. Il percorso lo abbiamo organizzato immaginando dei momenti, rispondendo all’opera dell’artista; quindi ci sono dei momenti che sono più colorati, e dei momenti più silenziosi, perché l’altra caratteristica di Katz è che è uno dei rari pittori capace di dipingere il silenzio.
«Allo stesso tempo sa essere anche molto chiassoso, molto divertente, non è semplicemente un contemplatore del silenzi”.
«La mostra, soprattutto nella parte centrale, è una sorta di tripudio coloristico, per cui si è davvero immersi in un grande paesaggio pittorico.»
È stato difficile reperire le opere?
«I quadri di Katz ormai hanno un valore notevole, in genere quando le opere acquisiscono dei valori alti ovviamente si muovono con più difficoltà; grazie, anche, al lavoro dei galleristi siamo riusciti a entrare in contatto con dei collezionisti importanti e quindi a dare vita a questa prestigiosa esposizione.»
Fra tutte le opere esposte ce n’è qualcuna che predilige in particolare?
«Ci sono delle aree che mi piacciono molto, come quella che accoglie le opere più silenziose, adoro il grande bosco per la relazione spaziale che ha con il giardino del Mart; mi piacciono tutte, potrei citare l’opera intitolata Ursula, della Collezione Maramotti di Reggio Emilia, che è stranamente disegnata; le opere di Katz non sono mai così disegnate, lui lavora bagnato su bagnaì io anche l’opera intitolata Song, se la si guarda da lontano è un’opera figurativa, è un bosco sferzato dal vento, ma da vicino sembra di essere in un quadro di Pollock.»
Daniela Larentis – [email protected]
Il curatore Denis Isaia davanti all'opera di Alex Katz Marine, 2002, Collezione privata, Modena.
Commenti (0 inviato)
Invia il tuo commento