Giuliano Vangi al Mart – Di Daniela Larentis
Inaugurata «Giuliano Vangi. Colloquio con l’antico. Pisano, Donatello, Michelangelo», visitabile a Rovereto dal 1° luglio al 9 ottobre 2022
Giuliano Vangi, Donna nel tubo, 1967-1968, Archivio Vangi.
Il Mart Rovereto dedica a Giuliano Vangi una straordinaria mostra, a cura di Massimo Bertozzi e Daniela Ferrari, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi: sculture e disegni di un grande artista contemporaneo si confrontano con l’arte di alcuni grandi maestri del passato, tra cui Pisano, Donatello, Michelangelo.
Inaugurata il 1 luglio, resterà aperta al pubblico fino al 9 ottobre 2022 nello splendido Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto, progettato vent’anni fa dall’archistar Mario Botta, curatore dell’allestimento.
Sottolinea il Presidente del Mart Vittorio Sgarbi: «Questa è una mostra che mette a nudo l’artista e ne rivela le origini e i temi di riflessione, in una storia che continua. Una autobiografia in scultura. Non ci sono antico e moderno, presente e passato.
«E non è un capriccio – spiega – il desiderio manifestato da Vangi, e da me condiviso, di un accostamento a Michelangelo. Perché proprio le figure in movimento per una Trasfigurazione non testimoniano una citazione, ma una interiorizzazione, il passo di Michelangelo e quello di Vangi si sintonizzano. Procedono all’unisono, con lo stesso ritmo interiore. Non è continuità, è contemporaneità. Vangi respira, ansima con Michelangelo. Il linguaggio è lo stesso, e non c’è distanza né filtro del tempo.»
Lungo il percorso espositivo è possibile ammirare oltre cinquanta sculture e una ventina di disegni; l’esposizione comincia nella piazza del museo e si sviluppa nelle gallerie del secondo piano ripensate per l’occasione da chi vent’anni fa le ha progettate.
Grande amico dell’artista, Botta lo ha invitato più volte a confrontarsi con alcune delle sue architetture religiose: la cappella di Azzano di Serravezza, la chiesa di Giovanni XXIII a Seriate e, più di recente, quella di Namyang in Corea del Sud, per la quale Vangi ha realizzato una crocifissione lignea e due grandi vetrate.
Oggi, nell’antologica ideata dal Presidente del Mart, i ruoli si invertono: è Vangi a coinvolgere Botta, a conferma di un sodalizio di lunga data, non solo artistico.
L’allestimento, firmato da Botta, si apre con una sorta di esedra, luogo di ritrovo e di incontro con l’arte, come la stessa piazza del museo. Si prosegue in un grande open space suddiviso in tre navate, scandite da alcuni prismi che contengono le nicchie con le opere antiche e gli avori di Vangi.
Giuliano Vangi , Katrina, 2014, Archivio Vangi.
Dodici le opere antiche in mostra, tra cui tre disegni di Michelangelo provenienti da Casa Buonarroti, il Busto di Niccolò da Uzzano di Donatello, appartenente alle raccolte del Bargello, e un Crocifisso di inizio Trecento di Giovanni Pisano, dalla Chiesa di Sant’Andrea di Pistoia.
La ricerca di Vangi investe la condizione umana tutta: il senso di solitudine, lo smarrimento, le inquietudini del presente. Con rara efficacia nel rappresentare la solidità e la stabilità, così come la precarietà, i corpi rivelano l’eterno tentativo di resistere al disagio esistenziale. In questa indagine sono cruciali le apprensioni sugli urgenti cambiamenti climatici e le catastrofi ambientali che rendono l’angoscia individuale collettiva.
Spiega la curatrice Daniela Ferrari, in un passo del suo intervento critico in catalogo intitolato «Giuliano Vangi. Un cammino nella riflessione critica sulle orme dell’antico»: «Con lo scritto di Carlo Ludovico Ragghianti, nel 1967, prende avvio quella lettura dell’opera di Giuliano Vangi che lo pone necessariamente in dialogo fecondo con la tradizione antica e arcaica, secondo una modalità di confronto propria all’esegesi della grande scultura che molti maestri contemporanei, al pari di lui, hanno dovuto accettare, per certi aspetti, pur nella consapevolezza di perseguire un linguaggio autonomo e mai servile nei confronti dei modelli del passato.
«[…] Una lettura che dal presente interpreta anche il passato è quella di Dario Micacchi, che nel 1972 scrive di un Vangi “scultore intellettuale che costruisce la sua immagine dell’uomo con fitte mediazioni culturali del significato contemporaneo. E con tali mediazioni crea una risonanza storica all’immagine esistenziale: il presentarsi anche come antica è, per l’immagine di violenza, un modo d’essere più aggressiva, più irritante, più insostenibile” […].»
Giuliano Vangi, Bassorilievo e uomo in piedi, 2021, Courtesy Studio Copernico, Archivio Vangi.
Vangi raffigura gli esseri umani moderni con compassione, con pietas partecipata e senziente. Nella solennità e nell’eternità della sua opera, c’è qualcosa di spirituale, religioso o laico che si preferisca, un portato sacro quanto sacra può essere l’esistenza.
Mette in luce nel suo contributo in catalogo il curatore Massimo Bertozzi, a proposito delle figure di Vangi: «Le figure di Vangi prendono di petto il mondo, proprio per come le sue forme prendono di petto lo spazio o, forse meglio, si identificano con il loro spazio vitale, per cui la solitudine sentimentale della persona diventa isolamento fisico della figura.
«L’uomo di Vangi rivendica la sua eterna grandezza, anche quando ammette la caduta nell’abisso da cui sta cercando di risollevarsi; anche quando sprofondano nella tragedia, le sue figure non ne vengono annichilite, ma reagiscono, con la forza della volontà e soprattutto con un vigore plastico insospettato.»
Daniela Larentis – [email protected]
Giuliano Vangi , Maria Chiara nuda, 1973, Archivio Vangi.
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