Matteo Boato, «aQua» a Riva del Garda – Di Daniela Larentis
La nuova mostra verrà inaugurata presso la galleria «Giuseppe Craffonara», a cura di Nicoletta Tamanini – L’intervista
Matteo Boato.
Matteo Boato, artista di fama nazionale e internazionale, è attualmente impegnato su più fronti: dopo la mostra antologica di Lugano, prorogata fino al 15 luglio, a Riva del Garda fra poco prenderà il via «aQua». L’inaugurazione è fissata per sabato 2 luglio ad ore 11.00.
La mostra curata da Nicoletta Tamanini, allestita presso la galleria civica «Giuseppe Craffonara», resterà aperta al pubblico fino al 20 luglio 2022 nei seguenti orari di apertura: tutti i giorni 09.00 -12.30 | 13.30 -18.30, ingresso libero.
Si tratta di un corposo nucleo di lavori, una cinquantina, attraverso cui l’artista affronta diverse tematiche legate all’elemento acqua: opere dedicate alla città di Venezia, la città dove fra l’altro è sepolto il padre Sandro; altre alla città lettone di Riga, altre ancora, più recenti, dedicate a barche veneziane.
Barche veneziane che come lui dice «fluttuano sull'acqua come vascelli volanti sulle montagne, e parlano della mia vita»; barche solitarie e coloratissime di dimensioni contenute che via via si trasformano in imbarcazioni sempre più grandi, vere e proprie navi con scafi altissimi, pronte a solcare gli abissi dell’anima.
Ma che cosa rappresenta la pittura per Boato? È lui stesso a spiegarne il significato:
«Dipingere ha per me questa funzione, ha sempre avuto questa funzione: farmi star bene. Dipingere è spesso l'unica soluzione: quella che mi salva dall'abisso. Così ciò che non arriva al mondo esterno con le parole, con i fatti o attraverso le lacrime, quando anche queste non siano finite, arriva attraverso il segno, il colore e la materia.
«È un miracolo la pittura, un miracolo che talvolta si concretizza. Si impossessa delle mani, della pancia, della testa. E mi trasporta dove tutto è coscienza, lontano dalla materia, dalle pene della vita. Mi libera del mio corpo e sono un po’ in un'altra dimensione.»
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Matteo Boato è laureato in chitarra classica e in ingegneria civile. Nel 1998 consegue il «diploma di architettura bioecologica».
Nel 2001 sceglie la via della pittura come unica professione. Opera sia a livello nazionale che internazionale (in Europa, in Russia, Giappone, Cina, USA, Brasile, Azerbaijan).
Ha al suo attivo diverse attività didattiche (MART, 2010 e 2011; varie università in Russia, 2014 e 2015), scenografie (Tour «Tutti Qui» di Claudio Baglioni, 2006), performance musicali e pittoriche (Galleria Civica di Trento, 2011; MUSE, 2013; Roncegno, 2015), la partecipazione alla Biennale di Venezia 2011.
Illustra diversi libri. I suoi lavori vengono inseriti nella scenografia del film «La felicità è un sistema complesso» (2015, reg. Zanasi), nelle serie TV «Tutto può succedere» (2016 – 2017 - 2018, RAI 1), «Nero a Metà 2» (2019, 2021 RAI 1) e «Suburra la serie» terza serie, (Netflix, 2020). Vincitore di diversi concorsi internazionali per la realizzazione di opere d’arte pubbliche.
Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo rivolto alcune domande.
Matteo Boato, aQua - Nave, olio su tela, 150x100cm, 2022 (FILEminimizer).
Dopo la mostra antologica da poco prorogata a Lugano, il 2 luglio verrà inaugurata una nuova esposizione a Riva del Garda: fino a quando sarà visitabile?
«La mostra di Lugano è stata prorogata fino al 15 di luglio. Doveva concludersi il 4 giugno ma avendo un buon successo di pubblico la galleria La Cornice ha deciso di darle ancora più respiro. A Riva del Garda, la mostra presso la galleria Craffonara sarà invece visitabile fino al 20 luglio 2022.»
Chi vi collabora e a che titolo?
«L’esposizione è curata da Nicoletta Tamanini. Un libro dedicato alla medesima tematica della mostra e accompagnato dalla lettura critica della stessa Tamanini sarà a disposizione dei visitatori per l'occasione. L'evento è gestito dall'”Associazione La Firma” (io ho avuto come interlocutore carismatico Romeo Galletti) che propone mostre scelte di artisti storicizzati come Guidi (Venezia) o che provengono comunque dal panorama artistico non strettamente legato alla città di Riva del Garda.»
Qual è il tema proposto?
«La mostra ha un titolo già utilizzato in una precedente esposizione avvenuta presso Palazzo Roccabruna a Trento, a febbraio e marzo di quest'anno, ovvero aQua, termine latino per indicare l'elemento acqua (che coincide anche con il termine dialettale trentino e veneziano, a cui la mostra e il catalogo si riferiscono).
«È anche il titolo di una serie di lavori che stanno ancora fiorendo in studio.»
Matteo Boato, aQua - Nave, olio su tela, 90x90cm, 2022: (FILEminimizer).
Come è stato pensato il percorso espositivo?
«L'esposizione, molto ampia, circa 50 lavori, prende in considerazione 3 serie e tematiche correlate proprio con l'elemento acqua: diverse tele dedicate alla città di Venezia, una serie dedicata alla città lettone di Riga, gli ultimi lavori pittorici che ho prodotto tra maggio 2021 e il 2022 dedicati a barche veneziane.
Quest'ultimo è il percorso più articolato e lungo. Si tratta di un viaggio tra colori, sensazioni musicali e memoria familiare che mi ha appagato forse più di ogni altro tema finora sviluppato nel mio percorso pittorico.»
Lei ha iniziato poco più di un anno fa a dipingere barche: rispetto alle prime produzioni afferenti all’omonimo ciclo pittorico ha introdotto nuove cromie o nuove prospettive?
«La prima serie, dipinta con una tavolozza ampia, è dedicata alle barche veneziane di piccola e media dimensione, spesso da lavoro, alcune le gondole, tipiche di Venezia. Sono barche comunque di dimensioni contenute e sempre viste dall'alto.
«Negli ultimi mesi mi sono innamorato di visioni di navi che, con scafi profondissimi e altissimi, mi permettono di sondare probabilmente i miei pensieri più intimi; nelle immagini si nota questa verticalità spinta dello scafo che prende in parte i colori dall'acqua e dall'aria ma che comunque vanno verso il profondo, e potrei dire attingono alle cromie dell'anima.
«Nella fase finale di questa ricerca pittorica, circa un mese fa, sono nate alcune navi che finalmente viaggiano, possono accogliere molti passeggeri, che significa tornare per me, dopo anni di difficoltà familiari e personali, anche ad una socialità ricca e stimolante.
«Viaggiano verso un futuro che di per sé è incerto ma in una direzione nuova e molto promettente. Le scie solcano l'acqua con cromie accese e allegre. Sembra lascino una traccia vitale. Mi dicono che l'importante è il percorso e non la meta…»
Matteo Boato, aQua - Nave, olio su tela, 90x90cm, 2022 (FILEminimizer).
Che cosa l’affascina maggiormente dell’elemento acqua dal punto di vista pittorico?
«L'acqua rappresenta la morte e la rinascita, è l'unione del ciclo vitale (non solo nella cultura orientale e occidentale ma anche nella letteratura islandese: “Paradiso e Inferno” di J.K. Stefánsson).
«In termini biologici si teorizza che in acqua sia nata la vita e senza di essa non ci sia nessuna possibilità di svilupparla. Ricordando anche qualche intuizione medica eccezionale come il plasma marino di René Quinton (argomento insabbiato nei primi del '900 perché troppo poco redditizio per le case farmaceutiche, trattandosi semplicemente di acqua di mare primordiale) mi viene in mente l'affermazione diffusa nelle terapie olistiche: ciò che l'acqua, dentro e fuori (dal corpo), non può curare è incurabile.
«Io penso all'acqua come ad un elemento di congiunzione, di riunione come in qualche modo è anche l'elemento aria. Alle volte nei miei quadri l'acqua diventa aria, diventa fuoco, diventa etere, diventa altro, si arricchisce di tutti i colori vitali.
«Ma l'acqua è anche profonda e nasconde un mondo sommerso e non percepibile in superficie, neppure intuibile. Nei quadri i colori vengono anche a galla dal fondo del mare e dalle profondità nascoste dell'io.»
Nelle sue opere che significato attribuisce alle barche?
«La barca è un mezzo umano per viaggiare, per lavorare, per stare a galla, per avere uno spazio, per sé stessi, per cambiare vita.
«A seconda del tipo di barca il rapporto con l'ambiente e la propria esistenza cambia. La Gondola accarezza la superficie, bella e irraggiungibile, maestosa e instabile.
«La nave sprofonda negli abissi e nelle viscere della terra e nelle mie viscere.»
Matteo Boato, aQua - Nave, olio su tela, 100x70cm, 2022 (FILEminimizer).
L’acqua rinvia fra l’altro al «Panta rei», al «tutto scorre» di Eraclito, al cambiamento. Qual è il suo pensiero a riguardo?
«Il pensiero riporta appunto all'acqua come morte e vita insieme, ed effettivamente il suo scorrere incessante, inarrestabile, incurante degli ostacoli e del tempo porta a condividere l'idea di Eraclito.
«Io penso sempre che dove c'è acqua c'è un secondo mondo riflesso non uguale a quello in superficie.
«Quando vado a Venezia, per esempio, il mio dipingere è sempre riferito alla città riflessa, a quella che sta sott'acqua, dentro l'acqua o in superficie, la città mai ferma, intangibile ma per certi versi eterna.»
Se dovesse ipoteticamente trasformare una delle sue barche in una sorta di Arca di Noè, chi non salverebbe? Nel senso, qual è l’atteggiamento umano, il difetto che proprio non sopporta nelle persone?
«È una domanda che presuppone il mettersi al posto di Noè o di Dio. Ma in fin dei conti abbiamo tutti una parte di Divino nel nostro cuore e con tale pensiero riesco a rispondere più facilmente.
«Lascerei a terra gli arroganti, gli scienziati che hanno svenduto la loro professione al Dio denaro e alla superbia.
«Lascerei giù quelli che invece di avere teorie in tutti i campi hanno certezze e non accettano il dialogo. Lascerei giù quelli che hanno progetti contro l'umanità... e... la zanzara.»
Progetti futuri?
«Il progetto è di proseguire nella direzione della rinascita, dipingendo navi che stanno emigrando verso nuove terre e nuova vita. E godendomi pienamente il viaggio…»
Daniela Larentis – [email protected]
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