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«Giotto e il Novecento» al Mart Rovereto – Di Daniela Larentis

Inaugurata la mostra con 200 opere di artisti moderni e contemporanei ispirate all’arte del maestro che rivoluzionò la pittura medievale – Visitabile fino al 19 marzo

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Da poco inaugurata al Mart Rovereto «Giotto e il Novecento», una sorprendente esposizione curata da Alessandra Tiddia, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, presidente del Museo, con il contributo di numerosi studiosi e in collaborazione con i Musei Civici di Padova.
La mostra, visitabile dal 6 dicembre 2022 al 19 marzo 2023, celebra i primi vent’anni del Polo culturale di Rovereto, inaugurato il 15 dicembre 2002.
Esposte 200 opere di artisti moderni e contemporanei ispirate all’arte di Giotto, il maestro che rivoluzionò la pittura medievale: da Carlo Carrà a James Turrell, passando per Sironi, Martini, Fontana, Matisse, Klein, Rothko.
 

 
Il percorso espositivo, suddiviso in sette sezioni, è da intendersi come una sorta di cammino meraviglioso dentro cui immergersi: ad accogliere i visitatori una suggestiva installazione che riproduce la Cappella degli Scrovegni di Padova, il capolavoro assoluto di Giotto.
Un viaggio alla scoperta delle opere di grandi artisti del XX secolo, accomunati dalla passione per la figura del celeberrimo pittore, studiato, imitato, o preso a modello di perfezione e spiritualità.
La visita si conclude con un’altra installazione molto suggestiva: una stanza di puro e luminoso blu, opera di James Turrel, artista statunitense contemporaneo, maestro della luce e dei colori, studioso della percezione.
 

Giorgio Morandi, Natura morta, 1960, Mart, Collezione privata.
 
Spiega il presidente Vittorio Sgarbi all’inizio del suo intervento critico in catalogo:
«Nata da una proposta di Alessandra Tiddia, prima che da una mia idea; ma nello spirito di quella contemporaneità dei maestri che, con diverse vicende critiche, nel Novecento, va da Piero della Francesca a Caravaggio, da Pietro Cavallini a Cosmè Tura, divenuti quelli che sono nella appercezione del nostro tempo, rispetto al giudizio o all’oblio dei secoli precedenti.
«Ma nessuno è invasivo e pervasivo come Giotto che, quasi più di Picasso, influenza e contamina due terzi dell’arte novecentesca.»
 
Ed è proprio lui a ricordare ancora una volta al folto pubblico presente in sala che «tutta l’arte è contemporanea» e che il Mart, alla ricerca delle connessioni tra la storia, i grandi classici e i linguaggi del XX secolo, pone a confronto epoche distanti, offrendo nuove stratificate letture.
 

Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia - Pomeriggio d'Arianna, 1972, Mart, Collezione Domenico Talamoni.
 
La curatrice Alessandra Tiddia illustra come è nata la sua intuizione:
«Due in particolare sono le letture che mi hanno sollecitato a indagare il rapporto fra Giotto e il Novecento: lo scritto pubblicato nel 2012 da Alessandro Del Puppo su Giotto, Rimbaud, Paolo Uccello in relazione a Carrà, e il catalogo della mostra curata da Stefan Weppelmann e Gerhard Wolf a Berlino nel 2009, dedicata al confronto fra Rothko e il Maestro trecentesco, sotto l’egida del Kunsthistorisches Institut Max Planck di Firenze.
«La lettura di quest’ultimo volume mi ha indotto a provare a estendere la ricerca sul tema delle relazioni giottesche al di là dei limiti temporali del primo Novecento; questa idea ha preso sempre più forma anche grazie alle sollecitazioni dello stesso Del Puppo, che aveva già indagato approfonditamente il rapporto fra Giotto e il clima di Valori Plastici e che oggi ripuntualizza in catalogo alcuni aspetti legati alla ricezione di Giotto, con l’intelligenza e l’ironia che lo contraddistinguono.
«Inoltre, come è noto, il Mart possiede l’Archivio Carrà che conserva numerosi interventi dell’artista su Giotto e, grazie al deposito VAF, nelle collezioni sono presenti alcuni suoi capolavori, come Le figlie di Loth e La carrozzella.
«L’insieme di questi aspetti mi ha sollecitato a provare a trasformare un’intuizione critica in scrittura espositiva, allargando il tema a tutto il Novecento e oltre.»
 

Massimo Campigli, I costruttori, 1928, Mart, Collezione VAF-Stiftung.
 
Fra i capolavori esposti, una cinquantina di opere sono proveniente dal patrimonio museale, tra cui, appunto, «Le figlie di Loth», di Carlo Carrà, opera-simbolo delle collezioni, fra l’altro scelta come immagine di copertina dell’esaustivo catalogo che accompagna la mostra (Sagep Edizioni), impreziosito dai testi della curatrice Alessandra Tiddia, del presidente Vittorio Sgarbi e di Alessandro Del Puppo, Alessio Monciatti, Alexander Auf der Heyde, Daniela Ferrari, Elena Pontiggia, Federica Luser, Sergio Marinelli, Federica Millozzi, Marta Nezzo, Mauro Pratesi, Gražina Subelyt?, Nico Stringa, Peter Assmann, Sergio Marinelli, Victoria Noel-Johnson.
 
Appartengono inoltre al patrimonio del Mart «Composizione TA» (Natura morta metafisica) di Carrà; diverse sculture di Arturo Martini, tra cui «Il poeta Cechov»; otto opere di Mario Sironi, tra cui «L’Astronomia e Condottiero a cavallo»; due «Piazze di Italia» di Giorgio de Chirico; due paesaggi e due nature morte di Giorgio Morandi; due teatrini di Fausto Melotti; due «Concetto spaziale» di Lucio Fontana e «Study for Homage to the Square: Still Remembered» di Josef Albers. Inoltre, opere di Pompeo Borra, Massimo Campigli, Achille Funi, Tullio Garbari, Giorgio Griffa, Renato Paresce, Alessandro Pandolfi, Serge Poliakoff, Mario Radice e materiali di archivio.
 

Carlo Carrà, Le figlie di Loth, 1919, Mart, Collezione VAF-Stiftung.

Altri capolavori provengono da alcune tra le più importanti collezioni pubbliche e private europee, archivi e fondazioni e gallerie. Tra le istituzioni: Gallerie degli Uffizi - Palazzo Pitti, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Musei Vaticani, Casa Museo Boschi di Stefano, Museo Revoltella, Fondazione Magnani Rocca, Fondazione Musei Civici di Venezia, Museo del Novecento di Milano, Museo del Novecento di Firenze, Panza Collection Mendrisio, Peggy Guggenheim Collection, Tiroler Landesmuseen Innsbruck e naturalmente Musei Civici di Padova.
 
È Federica Millozzi a spiegare nel suo contributo in catalogo quando avvenne l’acquisizione da parte del Comune di Padova della Cappella degli Scrovegni:
«Nel 1880 la Cappella degli Scrovegni, dopo un lungo contenzioso, veniva finalmente acquisita dal Comune di Padova, guidato dal sindaco Antonio Tolomei; due anni dopo è già aperta al pubblico con l’introduzione del pagamento di una tassa d’ingresso, definita dalla Giunta comunale, e dotata di un custode con alloggio al piano superiore.
«L’aver istituito un biglietto d’ingresso poneva la Cappella al pari di un vero e proprio museo e ne decretava quello status di bene pubblico che il giovane avvocato Giacomo Levi Civita era riuscito a dimostrare con forza e tenacia in tribunale nel 1879 per salvarla dalla vendita da parte della famiglia Gradenigo, scagionandone così la rovina, il rischio di distacco e dispersione degli affreschi già destinati nel 1868 ad arricchire le collezioni del Victoria and Albert Museum di Londra […].»
 
Visitare la Cappella degli Scrovegni a Padova, ammirando l’incredibile ciclo pittorico realizzato da Giotto (ciclo peraltro iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO nel 2021 all'interno del sito seriale «I cicli affrescati del XIV secolo di Padova») è davvero un’esperienza straordinaria.
Ma straordinaria è anche questa mostra allestita al Mart Rovereto, un’occasione davvero da non perdere.

Daniela Larentis – [email protected]

Mark Rothko, Senza titolo (Rosso), 1968, Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York.

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