Festival dell’Economia 2024, la nota di Maurizio Bornancin
Un commento del dopo festival fondato su tre elementi: la verità, l’etica, l’estetica
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Trento ha ospitato la diciannovesima edizione del Festival dell’Economia organizzata da Trentino Marketing, Comune, Università e, negli ultimi tre anni, in collaborazione con il Gruppo del Sole 24 Ore.
In questa mia esposizione ritorno sull’argomento, a conclusione della manifestazione, in un momento diverso dalle tantissime comunicazioni della stampa, sia locale che internazionale, delle televisioni e di altri organi d’informazione; andando a ricordare l’importanza del Festival e quali sono state le ricadute complessive, i risultati ottenuti, le impressioni, i contenuti di alcuni degli interventi.
Un commento del dopo festival, un trasferire il pensiero sulla base di qualche, sia pure personale, considerazione.
«Quo Vadis? I dilemmi del nostro tempo», questo il titolo che ha fatto da cornice alla serie d’incontri trattati. Dove si andrà? Giorni intensi quelli del Festival per cercare di capire quale sarà il punto di approdo della società d’oggi, come si supereranno i grandi nodi economici e sociali. Certo, un’edizione ricca di occasioni, di confronti con personaggi di fama e di esperienza mondiale, un programma ampio, con momenti anche in sovrapposizione nelle diverse sale nel cuore della città, un’ampia possibilità, con lo scopo di informare e di irrobustire la conoscenza e la cultura del popolo dello scoiattolo.
La disponibilità dei relatori in confronti liberi, sulla base del loro vissuto: accademico, imprenditoriale, scientifico e tecnologico, una sorta quindi di mondo reale (mondo al contrario) in un momento difficile che sta vivendo il nostro Paese.
Un grande successo, una partecipazione diffusa, non solo dei trentini, ma anche di persone provenienti da altre regioni italiane e alcuni Paesi europei.
Una conferma oramai che il Festival è diventato un punto di riferimento culturale, di approfondimento nazionale, che ha permesso ai partecipanti di ricercare vere risposte alle tante domande che ognuno di noi oggi, più di sempre, si pone.
Di buona praticità, nell’insieme, le attività del Festival, la visione dei criteri di sostenibilità, con l’installazione ad esempio di erogatori d’acqua microfiltrata dell’acquedotto cittadino posti nelle piazze del centro storico. In aggiunta, per la prima volta in chiave turistica, è stato inserito «il trenino del Festival» disponibile tutti i giorni per dare la possibilità alle persone di spostarsi e raggiungere più facilmente le sale e partecipare agli incontri in programma.
Poi il punto accoglienza per le famiglie con bambini in Palazzo Thun con poltrone, giochi, spazio lettura, per un momento di riposo e per facilitare nuove relazioni.
Ricadute molto positive in termini economici per gli alberghi, i ristoranti, i bar e gli altri esercizi commerciali.
Il turismo del Festival,di fatto, in una città dei Festival, va ad allargare la stagionalità coprendo gli eventuali tempi morti.
Con questa esposizione, sono proposti alcuni aspetti degli interventi dei relatori che più hanno destato l’interesse collettivo sin dal primo giorno, il tutto incorniciato dalla domanda: cosa mi ha risvegliato il Festival 2024?
Gianfranco Ravasi.
La cerimonia inaugurale è stata caratterizzata dal dialogo tra il Cardinale Gianfranco Ravasi (Pontificio Consiglio per la cultura) e Lavinia Cigna Biagiotti (Presidente e CEO di Biagiotti Group.)
Per Ravasi quel «Quo Vadis» sta per ritrovare un «senso» alle cose. Dobbiamo chiederci, credenti e non credenti, quale traiettoria avrà la società. Non dobbiamo accontentarci, ma continuare a proseguire nelle nostre realtà e interrogarci sulle nostre missioni. Il sapere è passione ed è un elemento che deve entrare nella ricerca del vero. Questo il senso sui cui s’incentra il Quo Vadis.
Tre sono gli elementi che possono rispondere a questo senso: la verità, l’etica, l’estetica.
Il primo: la ricerca della verità, dell’oggettività della verità in una realtà di notizie non sempre vere, per dare così comunicazioni che possono sbalordire. Dobbiamo, attraverso la passione del sapere, avvicinarci sempre di più ad un cammino che entri nell’immensa pianura della verità.
Il secondo: l’etica che è la dimensione della morale. Oggi non esiste la negazione, ma si è inserita ovunque l’indifferenza, l’apatia della relazione, che porta alla solitudine. La ricerca della relazione è data dalla dimensione dell’amore che è donazione, è suono, è armonia è ricerca dell’essere vita.
Il terzo: l’estetica, intesa come comunicazione pulita, per riscoprire la bellezza. Un’investitura della veste della bellezza che rappresenta la persona. L’estetica e la bellezza per allontanarsi dalle ovvietà.
La riflessione finale di Ravasi è così indicata: «Per dare risposta ai dilemmi di oggi ognuno deve dare un senso al proprio percorso, in un mondo dominato dalla solitudine. Dal Festival ognuno esca con l’illuminazione sul suo compito, per affrontare con umiltà le situazioni e i drammi odierni».
Ravasi, nel salutare e ringraziare i partecipanti e gli organizzatori per l’invito a questa sua ultima edizione, dopo tre anni, «e lasciare spazio ad altri», ha citato i versi di Mario Luzi «Vorrei arrivare al varco con pochi bagagli, liberato dalle zavorre, sostenuto dalla scienza e dal pensiero. Il bulbo della speranza che oggi è occultato sotto il suolo ingombro di macerie, non muoia in attesa di fiorire alla prima primavera».
L’intervento di Lavinia Biagiotti si è incentrato sulla sua esperienza, quale terza generazione alla conduzione dell’azienda di famiglia che si occupa di sartoria e moda. Prima di Lavinia c’era la nonna Delia, fondatrice, che sin da giovane, rimasta orfana a soli 14 anni, nel 1928 iniziò a lavorare e creare abiti, in seguito con la mamma Laura da semplice laboratorio l’azienda si trasformò, si sviluppò sia in termini di tipologie di prodotti, che di personale. Erano gli anni 60 dove la moda italiana era conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
Ora è il momento di Lavinia prendere in mano questa importante eredità. Tre donne appassionate delle proprie creazioni che hanno contribuito a portare il nome Biagiotti, simbolo della moda italiana, in tutto il mondo. Per Lavinia, il logo Biagiotti è il messaggio del senso e anche del, dove andiamo del Quo Vadis.
La moda è pertanto l’immagine delle novità, un modo di vivere del presente e del futuro.
Il Festival per Lavinia è un ponte tra generazioni, tra culture diverse, con tantissimi giovani è un ponte che arricchisce e si percorre con gioia e curiosità, con fiducia e speranza.
«Noi imprenditori abbiamo sempre fiducia e con la fiducia affronteremo il futuro».
È un incontro che condivido, aperto in piazza, senza barriere, dove tutti sono in ascolto. È sicuramente un buon suggerimento anche ai giovani per affrontare la propria vita.
Un mondo a pezzi, saprà ritrovare la bussola? Questo il titolo dell’evento proposto nella penultima giornata del Festival, che ha destato molto interesse per la figura di spicco con la quale si è dialogato: il Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, intervistato da Marco Magnani, docente dell’Università Luiss di Roma.
Gli argomenti toccati da Magnani hanno spaziato dal mondo a pezzi, alla guerra, alla pace, all’immigrazione, all’intelligenza artificiale, all’ambiente, alla chiesa.
Le risposte di Zuppi sono partite da profonde, e nello stesso tempo semplici pensieri, con un linguaggio chiaro e uditi gli applausi, apprezzato dal pubblico.
Matteo Maria Zuppi.
«Il mondo è a pezzi da qualche tempo e mettere insieme questi pezzi non è impresa facile. Oggi siamo davanti a una situazione basata sull’individualismo e i conflitti contribuiscono ad aumentare la frammentazione e la divisione.
«Vi è un malsano rapporto con il territorio, ognuno pensa a coltivare il proprio giardino e questo allontana la consapevolezza di capire dove si è, però siamo realmente sulla stessa barca. Le barriere e le chiusure portano sempre alle guerre. La storia è una grande maestra, ma è poco studiata e si capiscono poco le radici. La pandemia ci ha fatto capire che tutto è connesso, ma ricordarsi che abbiamo avuto il Covid è già dimenticato. Dobbiamo capire che possiamo fermarci, anche prima di andare a sbattere. L’Europa nasce dalla lotta contro le ideologie.
«Dobbiamo cercare un percorso per la pace in Ucraina, questo l’incarico che il Papa ci ha dato. La Costituzione italiana ripudia le guerre ed è la stella polare per la ricerca di una pace sicura. C’è una speranza, ma è sepolta dallo scontro anche ideologico. Per arrivare alla pace bisogna aprire spazi al dialogo, dove la pace non sia intesa come una resa.
«Ora vi è più consapevolezza che la guerra può finire solo con i negoziati, questo è emerso dalle persone che ho incontrato nei vari Paesi. Bisogna essere creativi e inventarsi qualsiasi cosa pur di raggiungere l’obiettivo. La pace non deve tornare di ritorno con una nuova guerra, ma la pace deve difendere se stressa. Dobbiamo ricordarlo che la pace non è provvisoria, deve però fortificare il dialogo tra le religioni».
Sull’immigrazione il Cardinale ha messo in chiaro che vi sono persone in movimento anche a causa dei disastri, dei conflitti. Persone che arrivano in Italia, non solo per necessità.
Questo è un problema che dura da molti anni, ma le migrazioni cui sono state date risposte opportunistiche, più che di cuore, non contribuiscono a risolvere il problema. Bisogna combattere l’illegalità con azioni di legalità. In questo I corridoi umanitari in pochi territori italiani sono un buon esempio. Aiutare queste persone a restare nei propri Paesi altrimenti è un’altra progettualità, altrimenti si aumenta il rischio della clandestinità.
Sull’immigrazione c’è un’amplificazione del problema, difficile e complesso che coinvolge tutti.
Non dimentichiamo che abbiamo bisogno dei migranti, lo chiedono le attività produttive, le aziende.
I rappresentanti dei settori dell’agricoltura e dell’industria hanno spiegato che in base al decreto in vigore per il 2024, le imprese italiane che intendono far entrare in Italia e assumere lavoratori non comunitari, hanno presentato 690.000 su 151.000 quote previste.
Rispetto all’autonomia differenziata, Zuppi ha spiegato che tutti i vescovi hanno predisposto un documento, dove compare una generale preoccupazione del rischio che il Paese non si sviluppi insieme e in modo unitario e solidale, ma possa incrementare significative differenze. Mi auguro che si capisca quest’apprensione e che possa essere condivisa.
Sull’intelligenza artificiale ha sostenuto che bisogna fare manutenzione e approfondimento. Inoltre ha aggiunto che è una sfida etica che riguarda il mondo del lavoro e la centralità del lavoro in particolare. La vera risposta è l’applicazione accompagnata da una regolamentazione sulla garanzia dei vari modi di utilizzo.
Dobbiamo anche pensare alle persone escluse, per mancanza delle capacità all’uso dell’IA. Quindi sono importanti una giusta informazione e una formazione nei tempi dovuti.
Anche la trasformazione climatica mette in difficoltà i territori in varie zone del pianeta. Qui l’errore è che si pensa di essere sé stessi senza gli altri, in una forma d’individualismo che ha portato a un’economia del consumismo, che confonde e provoca conseguenze anche sull’ambiente. Si verificano accelerazioni dell’impatto sugli ecosistemi. Quando i territori sono colpiti da alluvioni, maremoti, bisognerebbe guardare al futuro, facendo degli interventi di difesa, non sprecando terreni, salvaguardando l’ambiente.
La sostenibilità non è solo l’ambiente, ma anche la comunità. Lo scarto è tremendo quando la persona sostiene che la vita non ha valore, ma non è così perché la vita ha un valore immenso, con tutte le sue caratteristiche e le sue difficoltà. La fragilità è nostra e non è una sciagura, fa parte dell’esistenza. Bisogna trovare il senso anche in mezzo alla fragilità di ognuno. Bisogna continuare, con volontà.
Quo Vadis dove si va? Trovare il senso è anche scoprire l’essenziale, il lavoro, l’impegno, la serenità.
Sul futuro della chiesa è apertura o chiusura? Zuppi ha sostenuto che in essa c’è spazio per tutti; per gli indietristi (vecchio) e per gli innamorati della chiesa, delle persone, del mondo (nuovo). La chiesa non ha un pensiero unico, ma una comunione delle idee, una diversità. Nella chiesa tutti siamo una casa e per essere una casa ci devono stare tutti, non siamo un albergo.
L’ultima battuta sul trovare la bussola nel mondo a pezzi? Per il Cardinale la vera risposta è la speranza che ha un suo prezzo. La speranza che deve diventare realtà.
Con questa narrazione sull’edizione del Festival dell’economia 2024 ho ritenuto riassumere il pensiero di due studiosi del mondo culturale e sociale, rappresentanti della chiesa italiana, proprio perché sono convinto che ogni persona che ha avuto la possibilità di ascoltare i loro interventi, abbia portato a casa qualcosa che rimane nella propria mente e nei ricordi della conoscenza ed esperienza del proprio essere.
Il Festival ha dato la possibilità di capire l’evoluzione della società dell’oggi e del domani, quindi anche dei prossimi anni. Ora Il Trentino, come istituzione, e i trentini come abitanti di questa importante territorio italiano, insieme devono porre le basi per costruire programmi realizzabili, per far sì che il tema dell’autonomia innesti una nuova marcia della crescita culturale, economica e sociale della comunità, tenendo ben conto degli spunti emersi durante quest’occasione.
Uno dei temi che mi è sempre stato a cuore è quello del lavoro,dove molti relatori si sono prodigati a spiegare le novità. Il tempo attuale in un contesto europeo deve essere quello di trovare strumenti nuovi per allineare offerta e domanda di lavoro nelle riorganizzazioni aziendali e nelle amministrazioni pubbliche.
Questi strumenti si possono tradurre: nell’inclusione del personale nella gestione aziendale,nella elaborazione di percorsi di formazione permanente,nel coinvolgimento delle aziende nella costruzione delle competenze dei lavoratori.
Pertanto anche un maggior ascolto dei giovani in ogni luogo,nelle aziende e nuovi tragitti di crescita, formazione e carriera. Altrimenti i giovani continueranno ad abbandonare i territori e le proprie regioni e provincie.
Al di là di tutto quello che, di fatto, è emerso, o meglio la radice del pensiero è che bisogna lavorare insieme, senza barriere, per far sì che il Festival dell’economia possa diventare ancora di più una vera bandiera del Trentino e che possa aiutare la crescita delle nuove e future generazioni.
A cura di Maurizio Bornancin - [email protected]
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