Il salvagente alle polemiche sulle nomine scelte da chi governa
Discriminare chi appartiene a un partito ottiene solo di far allontanare i cervelli migliori dalla politica
Il tempo reale è quello che
intercorre tra una nomina e le polemiche che scatena.
Noi abbiamo scritto più volte la nostra posizione sulle decisioni
legate alle nomine e una volta perfino la Talpa se ne era
occupata personalmente.
L'ultima polemica in ordine di tempo, che avevamo ampiamente
previsto (vedi
articolo), è quella legata alla nomina di Luisa
Zappini alla direzione della «Centrale unica per l'emergenza e
coordinamento tra la protezione civile e il sistema sanitario».
La dottoressa Zappini, almeno sulla carta, pare più che titolata
per assumere un incarico come quello di riferimento. Ma dato che
ricopriva anche la carica di presidente dell'UPT (Unione per il
Trentino), il partito fondato da Dellai pochi mesi prima delle
ultime elezioni provinciali, la scelta ha scatenato le immaginabili
polemiche a tutti i livelli.
Noi avevamo espresso subito la nostra posizione, come si può
leggere in detto articolo, e la ribadiamo dopo aver letto le
polemiche montate sui giornali, la ripetiamo dopo che la signora si
è dimessa dalla presidenza del partito e la confermiamo dopo che la
Lega Nord ha emesso un comunicato stampa contro tale nomina.
Le nomine hanno una loro logica precisa, legata a due condizioni:
alla dimostrata capacità della persona e alla fiducia che questa
nutre presso le autorità preposte alle nomine.
Che alle opposizioni questo dia fastidio, è comprensibile, ma sono
decisioni che spettano alla maggioranza scelta dagli elettori. Non
ci si scappa.
Ultimamente anche i sindacati hanno lamentato il fatto che le
nomine non dovrebbero premiare ancora coloro che hanno già
avuto tanto dall'ente pubblico, come ad esempio i dirigenti
pensionati. Insomma, spazio ai giovani, o quanto meno ai nuovi.
Beh, proviamo a ricordare anzitutto che un incarico a questi
livelli non è un posto di lavoro come gli altri. Ma il punto
principale è che sarebbe un delitto disperdere esperienze così
verticalizzate e sedimentate nel tempo.
Vediamo piuttosto di far sì che le esperienze possano essere
travasate da un vecchio a un giovane. Ma questo altro non
è che spingere un giovane fare una propria carriera. Che ci pare
sia già in atto.
Ma la cosa che ci preoccupa di più è il rovescio della
medaglia.
Il fatto che la Zappini si sia dimessa dalla carica di presidente
di un partito non è che una logica conseguenza della scelta fatta
dall'interessata.
Ma se dovesse risultare una discriminante negativa l'appartenere a
un partito, allora si otterrebbe solo di allontanare i cervelli
migliori dalla politica.
E dato che questo è un problema che purtroppo sta accompagnando fin
dall'inizio la Seconda Repubblica, cerchiamo di non aggravare la
situazione e cerchiamo piuttosto di incoraggiare la gente più
valida ad entrare in politica.
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