Il salvagente alla tempistica data alla notizia dall’Afganistan
Abbiamo fatto passi avanti: ai tempi del Vietnam, l'avviso di morte di un ragazzo avveniva tramite telegramma
I principali Tg nazionali hanno
aperto il giornale della sera con la notizia della morte del povero
caporalmaggiore Luca Sanna, ucciso in un avamposto in Afghanistan,
zona di Bala Murghab, e del suo collega ferito gravemente e
ricoverato all'ospedale americano di Kandahar.
Per il TG2, invece, la notizia è andata in onda all'ottavo
posto.
Prima ci sono state innumerevoli servizi sull'inchiesta che vede
Berlusconi indagato per reati che, per quanto odiosi o scandalosi,
sono solo ipotetici fino alla sentenza. E, non nascondiamolo, sono
sostanzialmente pruriginosi.
Perfino l'intervento del Presidente della Repubblica, preoccupato
della nuova inchiesta su Berlusconi, è sembrato intempestivo. Ma è
solo stato montato così.
Poi ci sono stati altri servizi finché, alla fine, finalmente si è
sentito parlare del povero ragazzo ucciso (non si conosce ancora la
dinamica) in un posto sperduto dell'Afghanistan nordorientale.
Non sono state spese parole adeguate per l'altro alpino, ferito
molto gravemente nelle stesse circostanze.
Non contestiamo la scaletta decisa da un collega direttore, sia ben
chiaro.
Ed è probabile che chi scrive sia ancora sotto la pressione
dell'esperienza passata in Afghanistan come corrispondente di
guerra per un periodo peraltro molto breve.
Ma forse ha fatto l'errore di mettersi nei panni dei familiari
dell'alpino che ha perso la vita e di quello che sta rischiando la
qualità della vita, dato che potrebbe avere conseguenze
nel tempo.
O, magari, il sottoscritto ricorda ancora Bob Dylan che si
domandava, chitarra in mano e armonica alla bocca, che senso avesse
morire a 15.000 miglia da casa…
In effetti, si dirà, le miglia sono solo 4.000. E un soldato sa
sempre che sta rischiando la vita. E, comunque sia, di ragazzi ne
abbiamo persi solo 36.
Sì, sono vecchio e quindi attaccato alla vita dei giovani in
maniera insana. Ma ho fatto l'errore di mettermi nei panni dei
familiari delle vittime, che hanno dovuto sopportare otto notizie
prima di avere novità dal TG2 (che conoscevano già).
Insomma, perdonate la debolezza, ma mi è venuto un nodo alla gola,
ricordando che ai tempi del Vietnam l'avviso di morte di un ragazzo
arrivava in famiglia tramite telegramma.
Allora io mi mettevo nei panni dei ragazzi che morivano, oggi in
quelli dei loro genitori.
G. de Mozzi
[email protected]
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